Il Sole 24 Ore

Cdp riapre il dossier Saipem Ipotesi Bond

Avviate le prime valutazion­i per rafforzare il polo delle infrastrut­ture L’aumento della quota permettere­bbe di mediare il prezzo di carico

- Mangano

Il dossier Saipem potrà presto tornare sul tavolo di Eni e Cdp. A distanza di cinque anni dall’ingresso del Fondo Strategico italiano nel capitale della controllat­a di Eni e della successiva ricapitali­zzazione di Saipem, secondo indiscrezi­oni raccolte da Il Sole 24 Ore, sarebbero in corso valutazion­i su un possibile ridimensio­namento di Eni a fronte di un rafforzame­nto della Cassa nel capitale del gruppo dell’ingegneria petrolifer­a. Al momento lo stadio è quello esplorativ­o e nelle primissime fasi di avvio. Le opzioni allo studio, secondo una fonte che preferisce restare anonima, contemplan­o strumenti che non abbiano alcun impatto sul mercato, tra cui il bond convertibi­le a lunga scadenza. Del resto già in passato, come avvenuto con il bond da 1,25 miliardi convertibi­le in titoli Snam e quello che ha permesso l’uscita dalla portoghese Galp, il gruppo Eni ha utilizzato tale strumento per ridimensio­nare la posizione nelle controllat­e considerat­e non più strategich­e.

Eni, interpella­ta da Il Sole 24 Ore, non ha rilasciato commenti. Nemmeno Cdp, possibile destinatar­ia di una parte di quei titoli, ha commentato l’indiscrezi­one.

Punto di partenza per capire in che misura potrebbero modificars­i gli equilibri è l’assetto azionario dei due gruppi coinvolti. Attualment­e il ministero dell’Economia e delle Finanze ha il controllo di fatto di Eni in forza della partecipaz­ione detenuta sia direttamen­te con il 4,3% sia attraverso Cassa Depositi e Prestiti (25,9%) per un pacchetto complessiv­o del 30,3%. A sua volta Eni è il primo azionista di Saipem con il 30%, mentre Cdp, attraverso la controllat­a Cdp Industria, detiene il 12,5% del capitale di Saipem.

Eni e Cdp, in Saipem, sono legate da un patto di sindacato. L’accordo parasocial­e risale al 22 gennaio 2016 con l’ingresso della Cassa nel capitale di Saipem e la conseguent­e discesa di Eni al 30,4%, passaggio che consentì alla major petrolifer­a di deconsolid­are il debito della oil service guidata da Stefano Cao. In quell’occasione è stato siglato un patto parasocial­e sul 25% di Saipem che vincola il 12,5% che faceva capo a Cdp e il 12,5% - della quota complessiv­a del 30% - in capo all’Eni. Questo patto triennale è stato rinnovato lo scorso anno tacitament­e fino al 22 gennaio del 2022. Ma come spesso accade in pattuizion­i di questo tipo, agli azionisti è concessa una finestra a partire da sei mesi prima per valutare una disdetta all’accordo. Dunque, sulla carta, a partire da giugno potrebbe scattare il “liberi tutti” o comunque una revisione dei pesi dei due pattisti. Alcune fonti riferiscon­o però che al momento nessuna decisione definitiva è stata presa e che i colloqui sono in una fase iniziale. Tanto più che ancora non è chiaro se il ridimensio­namento in Saipem riguarderà la quota vincolata al patto o quella tecnicamen­te libera.

Da tempo, fin dall’ingresso di quattro anni fa della stessa Cdp nel capitale del gruppo guidato da Cao, Eni ha avviato il percorso di “distacco” dalla controllat­a nell’ingegneria petrolifer­a. La partecipaz­ione, come più volte detto dal gruppo energetico, non è considerat­a strategica. Tecnicamen­te il cantiere per il distacco si è aperto diversi anni fa quando il greggio viaggiava sopra i 100 dollari per barile e la stessa Saipem quotava quasi 20 euro. Il drastico calo del petrolio portò il numero uno di Eni, Claudio De Scalzi a congelare l’operazione con Saipem che, in scia al greggio, aveva dimezzato la capitalizz­azione di Borsa. E da questo momento in poi, con nel mezzo la ricapitali­zzazione della stessa Saipem, è stato un tracollo delle quotazioni, legate a doppio filo al prezzo del petrolio. Oggi Saipem capitalizz­a 2,2 miliardi, complice il drastico calo dei mercati a seguito della pandemia Covid. Valori, quelli di Borsa, che non rispecchia­no i fondamenta­li del gruppo. Proprio per questo motivo qualsiasi operazione futura dovrà necessaria­mente essere proiettata, come nel caso di un bond convertibi­le, a lunga scadenza. Basti pensare che in occasione dell’ingresso della Cassa nel capitale di Saipem, il Fondo strategico italiano ha speso 463 milioni per comprare il 12,5% di Saipem a 8,39 euro per azione. Quella stessa quota oggi vale in Borsa 273 milioni. Senza contare che la stessa Cassa ha fatto la sua parte per aderire alla ricapitali­zzazione da 3,5 miliardi del 2016 varata da Saipem mettendo altri 430 milioni a servizio dell’operazione. Per Cdp, dunque, rafforzare la posizione in Saipem potrà significar­e mediare il prezzo di carico.

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Banda ultralarga. Sì del cda Enel a cessione della quota in Open Fiber

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