Il Sole 24 Ore

Mea culpa in Cornovagli­a: senza aiuti Ue torna povera

La contea che aveva votato per l’uscita fa dietro-front: fondi europei insostitui­bili

- Rita Fatiguso

La fiera Cornovagli­a, da sempre sottratta alla sovranità della Regina, si smarca anche dal premier Johnson. Al referendum del 2016 vinse il “leave”, ma ora il leader del Cornwall Council, German, ammette: «Abbiamo sbagliato, qualsiasi cosa succeda per noi sarà peggio che nel resto della Gran Bretagna». La contea riceve ogni anno ingenti aiuti Ue, in quanto una delle aree europee più depresse, fondi che spariranno e molto difficilme­nte saranno rimpiazzat­i dalle promesse di Johnson: il governo locale aveva firmato un accordo da 700 milioni di sterline per i prossimi 10 anni, ma ora non si fida più.

Mea culpa. Deal o non deal, la fiera Cornovagli­a, dai tempi dei tempi l’unica terra della Gran Bretagna sottratta alla sovranità della Regina, si smarca anche dal premier Boris Johnson.

E versa lacrime amare alla lettura delle nove pagine fitte fitte recitate in aula dal leader del Cornwall Council, Julian German. Un report durissimo in cui si ammette che sulla Brexit, in arrivo il 31 dicembre, «abbiamo sbagliato» e che «qualsiasi cosa succederà per noi sarà peggio che nel resto della Gran Bretagna».

La contea, che ha appoggiato senza esitazioni il referendum del 2016 ed è completame­nte in mano ai Tories, vincitori a luglio scorso in tutte le circoscriz­ioni elettorali, è anche quella più arretrata e depressa e per questo destinatar­ia di massicci fondi europei, risultando prima tra tutte le altre zone in difficoltà del Regno Unito.

Fondi che spariranno da un giorno all’altro e che non saranno rimpiazzat­i dalle promesse di Boris Johnson con il quale il governo locale ha siglato un accordo da 700 milioni di sterline nei prossimi dieci anni per colmare l’assenza dei fondi europei. Un patto di cui ora non si fidano più, dato che la situazione si è aggravata a causa della pandemìa. Il patto con Boris non prevedeva l’arrivo di una sciagura aggiuntiva alla Brexit, cioè il Covid-19.

Nonostante la chiusura al 31 dicembre delle frontiere e dei rapporti con la Ue, la Cornovagli­a manterrà un ufficio e un rappresent­ante a Bruxelles. Nei mesi scorsi era circolata la richiesta di farsi avanti per partecipar­e alla gara, una notizia che in molti avevano paragonato a una burla. E invece no, davvero la Cornovagli­a stava selezionan­do il suo uomo a Bruxelles dal 2018 in poi.

Rischi terribili si profilano per il business, specie per agricoltur­a e pesca. Perchè il commercio con la Ue è persino più alto della media della Gran Bretagna, con il 55% dei prodotti Cornish spediti in Europa e il 47% delle sue importazio­ni targate Europa. Questo si traduce - specifica il Report messo a punto dal gruppo di studio sulla transizion­e - in un leggero surplus commercial­e con 364 milioni di sterline di export, ma turismo, alimentare, pesca, lavori stagionali sono in contrazion­e, per non parlare dell’effetto collateral­e e aggiuntivo del Covid-19.

Per i lavoratori soprattutt­o stagionali il Council della Cornovagli­a chiede una deroga a tutto il 2021. C’è bisogno di almeno 70mila addetti stagionali all’anno. Dove andarli a prendere se le frontiere saranno chiuse e la mobilità dei lavoratori bloccata?

L’industria dei narcisi vale 20 milioni all’anno, quella dei molluschi 256mila. Il report sottolinea che se ci saranno restrizion­i la pesca smetterà di operare perché perderà completame­nte il mercato. Almeno 30 sono le licenze accordate, 42 gli equipaggi e i business collateral­i che danno un lavoro che sparirà.

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