I department store degli Usa resistono con le vendite a rate
Dopo il crollo causato dalla crisi 2008 e l’attacco dell’e-commerce, ora arriva il nemico Covid: da Macy’s a Bergdorf la reazione si chiama omnichannel
Al momento sta lavorando a un libro che studia l’impatto della tecnologia sulle zone rurali degli Stati Uniti. Manel 1993 William Leach, professore d istoria alla Columbia University, scalò le classifiche con Land of desire, la terra del desiderio, che ricostruiva la nascita del consumismo nel Paese. «Forse più di ogni altro mezzo - scriveva – il vetro democratizzò il desiderio nel momento stesso in cui democratizzò l’ accesso ai prodotti in vendita ». Il vetro in questione è quello delle vetrine dei department store, invenzione e simbolo della società dei consumi di stampo anglosassone. Una formula che ha attraversato due secoli di cambiamenti epocali, adattandosi e resistendo, ma che da almeno dieci anni mostra con più evidenza i segni dell’età. In italiano a volte il nome viene tradotto con grandi magazzini, ma di fatto da noi, patria dei multimarca di alto livello, i department store non esistono, con l’unica eccezione della Rinascente.
Di retail apocalypse, apocalisse dei negozi, si parlò per la prima volta nel 2010, citando proprio la cris idei store, finanziaria e d’ identità, causata dalla recessione del 2008 ed all’e-commerce. Oggi il nemico è il Cov id: secondo un re port Credit Suis sedi aprile, nelreta il sarebbero stati proprioi torei più danneggiati dall’ epidemia, a causa di indebitamenti ingenti, troppi negozi, servizi datati. L’epidemia e il lockdown non hanno impedito ai big di New York–città natale di tutte le catene di department store – da Saks a Macy’s, da Bloomindgale’s a Bergdorf Goodman, di allestire le loro spettacolari vetrine natalizie, vera attrazione del Natale a Manhattan. Sui marciapiedi, bollini invitano al distanziamento e i temi sono stati un po’ rivisti, dal momento che vengono decisi sempre con un anno di anticipo. Ma la vetrina resta irrinunciabile, segno di luminosa resistenza a tempi cupi.
Secondo la National Retail Federation, gli acquisti di Natale cresceranno solo del 3,6-5,2% , trainati in gran parte dall’online. I department store hanno pagato il calo dello shopping fisico e un probabile, nuovo lockdown, insieme a tempeste di neve sulla East Coast come non se ne vedevano da tempo, minacciano i ricavi dei giorni finali dell’anno, che già si prevede chiuderà con un calo fra il 30 e il 50% per l’intero comparto. Secondo Ibisworldogg in egli Stati Uniti ci sono circa 6mila negozi, che scenderanno a 4mila entro cinque anni.
I department provano a resistere, con novità e sperimentazioni: innanzitutto puntano sull’omnichannel inversioneevoluta, concepito come unico canale, non come incontro di due. Offrono la consulenza di stylist virtuali, cataloghi digitali e shoppable, webinar con esperti ai quali accedere dopo un quiz per scegliere il dono perfetto, videochiamate con assistenti alle vendite che conducono il cliente in negozio tramite smartphone; ancora, la possibilità di pagamenti dilazionati, come offre Macy’s con Klarna e Neiman Marcus con Affirm; il curbside pick up, il ritiro degli acquisti fatti online sul marciapiede, in una sorta di drive in dello shopping. Soprattutto, l’ offerta è più curata, nell’anno della self indulgence, del concedersi un dono magari più costoso del solito: «Prima ci si chiedeva: faccio un viaggio o compro una borsa? Quest’anno la scelta è stata eliminata», ha detto Marc Metrick, ceo di Saks, al Wall Street Journal. Doni che si vogliono acquistare in un certo contesto, con un servizio altrettanto soddisfacente. A soffri redi più è chi aveva continuato a puntare solo sul fattore prezzo egli sconti, dimenticando il valore del prodotto e dell’ esperienza d’ acquisto: Macy’ sha fatto questo errore, e nonostante il suo vulcanico ceo, Jeff Gennette, e segna lidi tenuta dei conti, sta ancora scontando le sue carenze e ha dovuto mettere da parte il piano di rilancio. Un altro errore fatale peri department store americani è stato riprodursi serialmente, senzadifferenze culturali fra New York e una città del sud, come è accaduto a Neiman Marcus. Dopo aver dichiarato bancarotta in maggio, il gruppo texano ha però risanato il debito da 5 miliardi e a fine settembre è uscito dalla procedura di fallimento, con nuovi proprietari, un nuovo board dove siedono anche ex dirigenti di Lvmh ed eBay e un programma molto ambizioso per diventare nuovo punto di riferimento per lo shopping di lusso. È stato però costretto a chiudere il faraonico negozio di Hudson Yard sa Man hattan, appena 16 mesi dopo l’inaugurazione (si dice che Facebook sia interessata a trasferirvi la sua sede locale ). E Barneys, fallito anch’ esso nel 2019 e chiuso a febbraio, è pronto a tornare con uno spazio dedicato da Saks (con cui condivide la proprietà, Authentic Brands) all’inizio del 2021.
Gli sfarzi racchiusi in un intero palazzo su Madison Avenues isonori dotti a un corner. Ma sarà sempre più quello che si trova oltre la vetrina a contare.