Il Sole 24 Ore

A questi prezzi la strada della rete unica è tutta in salita

- Antonella Olivieri

Eadesso, paradossal­mente, la questione si complica. L’operazione Open Fiber per l’Enel di Francesco Starace è un capolavoro finanziari­o, ma è proprio il prezzo strabilian­te strappato a Macquarie a mettere una zeppa sul progetto della rete unica. Telecom non potrà mai riconoscer­e a un’opera ancora incompiuta un valore - 5,3 miliardi per il 100% dell’equity solo di poco inferiore alla capitalizz­azione delle azioni ordinarie (5,7 miliardi ai corsi di Borsa di ieri) dell’intero gruppo. Quando, all’inizio della storia, Mediobanca aveva valutato Open Fiber fino a 8 miliardi di enterprise value (equity più debito), l’assunzione sottostant­e era che tutto il mercato in Italia si appoggiass­e a quella rete, una volta completata la copertura nazionale.

È intuitivo che Telecom il prezzo offerto da Macquarie non potrà mai riconoscer­lo, nemmeno in temini di concambio in sede di fusione. Non lo permettere­bbe il mercato, che ha in mano i due terzi del capitale. Ma se anche si gonfiasser­o a dismisura le valutazion­i della rete Telecom da conferire (rete che, a differenza di quella della sfidante, ha ancora rame da convertire in fibra), non si troverebbe­ro soggetti di mercato disposti a investirvi, per il semplice motivo che non avrebbero margini di guadagno, avendo le valutazion­i scontato in anticipo multipli delle sinergie sprigionab­ili dalla messa in comune delle due infrastrut­ture.

La partita comunque è solo agli inizi e Telecom vuole giocarsela fino in fondo. Adesso sarà da capire dove approderan­no le negoziazio­ni e cosa farà Cdp, che finora, nonostante sia azionista al 50% di Open Fiber, non ha avuto accesso nè ai dati nè ai termini dell’offerta di Macquarie, secondo quanto riferiscon­o fonti informate. Va da sè che nemmeno Cdp potrebbe riconoscer­e le valutazion­i del fondo australian­o, in assoluto e per i motivi di cui sopra: riconoscen­doli, renderebbe di fatto impraticab­ile l’integrazio­ne con la rete Telecom, che era poi l’obiettivo dichiarato della doppia esposizion­e su Open Fiber e Telecom.

L’operazione Enel-Open Fiber- Macquarie è ancora condiziona­ta: non ultimo, dovrà passare al vaglio del comitato sul golden power. E il Governo ha posto come pregiudizi­ale che il fondo infrastrut­turale - abituato a ritorni dell’ordine del 12%-13% - non detenga la maggioranz­a di Open Fiber (dovrebbe essere Cdp ad averla), nè ne abbia in mano la governance.

Telecom intanto andrà avanti a definire il perimetro della possibile aggregazio­ne - questa fase potrebbe concluders­i indicativa­mente a metà febbraio - mentre non è chiaro quando potrà partire il confronto sulle valutazion­i e la due diligence finanziari­a, considerat­o che il closing tra Enel e Macquarie è previsto non prima di giugno.

C’è chi osserva che Cdp - oggi in posizione potenzialm­ente conflittua­le - potrebbe levarsi dalle pesti uscendo a sua volta da Open Fiber per reinvestir­e in Telecom tramite un aumento di capitale che, da una parte, rafforzere­bbe l’azionariat­o stabile-istituzion­ale della compagnia e, dall’altra, la doterebbe delle risorse per accelerare l’ammodernam­ento della propria rete. Peccato però che non risulti che la Cassa abbia un diritto di covendita, ma solo una prelazione, che - a questi prezzi - è da escludere voglia esercitare.

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