A questi prezzi la strada della rete unica è tutta in salita
Eadesso, paradossalmente, la questione si complica. L’operazione Open Fiber per l’Enel di Francesco Starace è un capolavoro finanziario, ma è proprio il prezzo strabiliante strappato a Macquarie a mettere una zeppa sul progetto della rete unica. Telecom non potrà mai riconoscere a un’opera ancora incompiuta un valore - 5,3 miliardi per il 100% dell’equity solo di poco inferiore alla capitalizzazione delle azioni ordinarie (5,7 miliardi ai corsi di Borsa di ieri) dell’intero gruppo. Quando, all’inizio della storia, Mediobanca aveva valutato Open Fiber fino a 8 miliardi di enterprise value (equity più debito), l’assunzione sottostante era che tutto il mercato in Italia si appoggiasse a quella rete, una volta completata la copertura nazionale.
È intuitivo che Telecom il prezzo offerto da Macquarie non potrà mai riconoscerlo, nemmeno in temini di concambio in sede di fusione. Non lo permetterebbe il mercato, che ha in mano i due terzi del capitale. Ma se anche si gonfiassero a dismisura le valutazioni della rete Telecom da conferire (rete che, a differenza di quella della sfidante, ha ancora rame da convertire in fibra), non si troverebbero soggetti di mercato disposti a investirvi, per il semplice motivo che non avrebbero margini di guadagno, avendo le valutazioni scontato in anticipo multipli delle sinergie sprigionabili dalla messa in comune delle due infrastrutture.
La partita comunque è solo agli inizi e Telecom vuole giocarsela fino in fondo. Adesso sarà da capire dove approderanno le negoziazioni e cosa farà Cdp, che finora, nonostante sia azionista al 50% di Open Fiber, non ha avuto accesso nè ai dati nè ai termini dell’offerta di Macquarie, secondo quanto riferiscono fonti informate. Va da sè che nemmeno Cdp potrebbe riconoscere le valutazioni del fondo australiano, in assoluto e per i motivi di cui sopra: riconoscendoli, renderebbe di fatto impraticabile l’integrazione con la rete Telecom, che era poi l’obiettivo dichiarato della doppia esposizione su Open Fiber e Telecom.
L’operazione Enel-Open Fiber- Macquarie è ancora condizionata: non ultimo, dovrà passare al vaglio del comitato sul golden power. E il Governo ha posto come pregiudiziale che il fondo infrastrutturale - abituato a ritorni dell’ordine del 12%-13% - non detenga la maggioranza di Open Fiber (dovrebbe essere Cdp ad averla), nè ne abbia in mano la governance.
Telecom intanto andrà avanti a definire il perimetro della possibile aggregazione - questa fase potrebbe concludersi indicativamente a metà febbraio - mentre non è chiaro quando potrà partire il confronto sulle valutazioni e la due diligence finanziaria, considerato che il closing tra Enel e Macquarie è previsto non prima di giugno.
C’è chi osserva che Cdp - oggi in posizione potenzialmente conflittuale - potrebbe levarsi dalle pesti uscendo a sua volta da Open Fiber per reinvestire in Telecom tramite un aumento di capitale che, da una parte, rafforzerebbe l’azionariato stabile-istituzionale della compagnia e, dall’altra, la doterebbe delle risorse per accelerare l’ammodernamento della propria rete. Peccato però che non risulti che la Cassa abbia un diritto di covendita, ma solo una prelazione, che - a questi prezzi - è da escludere voglia esercitare.