REGOLE GENUINAMENTE EUROPEE PER FAR CRESCERE LE BANCHE
Nel 2012 nasceva l’unione bancaria.Conduescopi.Il primo era rendere le banche più solide, per prevenire nuovecrisi. Il secondo scopo, complementare al primo, era gettare le basi per un settore bancario genuinamente europeo, con banche competitive in grado di sostenere le imprese europee nelle loro attività internazionali.
Se guardiamo indietro, emerge un paradosso. L’unione bancaria ha raggiunto il primo scopo; le banche sono, salvo qualche eccezione, più solide. Ma questo compito - consistente essenzialmente nel ricostituire il capitale, rimuovere le partite dubbie, migliorare la trasparenza e la correttezza aziendale – avrebbe potuto, anzi dovuto, essere svolto dalle vigilanze nazionali. Controllare le banche è la missione di tutte le autorità di vigilanza, non solo di quelle europee.
Dove l’ unione ha fallito è nel secondo obiettivo, quello di creare banche genuinamente eur op e; un compito che solo lei poteva realizzare. Otto anni dopo, le banche dell’ area euro sono“provinciali” (ossia nazionali) quanto o più diprima. Non vi son ostate fusioni transfrontaliererilevanti. Le banche in difficoltà hanno ridotto le attività estere. Quelle che avevano un avocazione internazionale si rivolgono all’interno, dando magari un amano a risolverei problemi del loro paese. Le banche continentali hanno perso quote di mercato in settori chiave com el’ investment banking el a consulenza.Il loro valore di mercato si è ridotto, perché il settore è frammentario e non redditizio.
Eppure, opportunità di combinazioni transfrontaliere esistono. Le divergenze fra i valo ridi borsa rendono interessanti alcune acquisizioni. Le sinergie, ad esempio tra banche con reti distributive e quelle capaci di offrire strumenti finanziari innovativi, non mancano, e la diversificazione geografica rimane un valore. La trasformazione digitale richiede grandi investimenti che solo le grandi banche possono permettersi. Infine, di recente anche le autorità di vigilanza hanno dato segnali favorevoli.
Gli ostacoli che rimangono sono regolamentari. Le bancheche acquisiscono all’ estero devono soddisfare pesanti requisiti macro prudenziali, perché tali partecipazioni sono ancora trattate come estere anche se sono sotto lo stesso ombrello di vigilanza e legislativo. La legge vietai movimenti di capitali transfrontalieri in tra gruppo. Alcuni Paesi hanno introdotto vin coliche ostacolano la gestione efficiente della liquidità. Le agenzie dir ating contribuiscono al problema,penalizzandole controlla tese la società madre si trova in un paese con un rating sovrano inferiore.
La Commissione europea vuole rivisitareil dossier dell’ unione bancaria, ma è facile prevedere che quelle barriere in parte rimarranno. In assenza di un’ assicurazionedei depositi europea, il cui accordo è bloccato dalla controversia sul trattamento delle esposizioni sovrane, i Paesi vorranno mantenere un grado di controllo sui loro settori bancari. Ma a ben vedere, radicali cambiamenti in tuttal' unione bancaria non sono necessari per il problema in questione. Non tutte le banche aspirano a diventare attori globali. Per le poche che lo desiderano, un regime su misura può essere la soluzione più semplice.
Una strada potrebbe essere quella di creare una nicchia legislativa europea perle banche che raggiungono, a seguito di una fusione, soglie minime in termini
di dimensione e diversificazione transfrontaliera. Le banche che ottengono lo status pan-europeo avrebbero privilegi e obblighi. Dovrebbero soddisfare tutti i requisiti patrimoniali( micro e macro prudenziali) stabiliti dalla B CE a livello di gruppo. Dovrebbero adottare, nell’ unionebancaria, una strategia di risoluzione verticale( single-po in t-o f-entry ), con perdite trasferite sulla capogruppo; questa dovrebbe essere capitalizzata e
attrezzata ad affrontare eventuali crisi rispettando tutti i requisiti del Meccanismo di risoluzione unico. Diritti e obblighi di copertura delle perdite oltre frontiera sarebbero stabiliti con legge europea direttamente applicabile, senza trasposizione nazionale.
La garanzia dei depositi per queste banche andrebbe separata e sostenuta da un backst op europeo, verosimilmente del M ES, paragonabile a quello concesso allaFe de r al Deposi t In su rance Corpo rati on dal Tesoro USA. In questo modo, irating diverrebbero indipendentidal rischio sovrano di ogni Paese. I coefficienti macroprudenziali sarebbero calcolati considerando l’unione bancaria come un’ unica giurisdizione. Movimenti di capitali e liquidità nel gruppo sarebbero permessi salvo verifica prudenziale della B CE. Preferibilmente, le esposizioni di queste banche sarebbero soggette a un regi medi insolvenza armonizzato.
Uno schema di questo genere completerebbe l’unione bancaria, senza ostacolare o vanificar egli altri elementi chela compongono. Le direttive eire go lamenti europei continuerebberoa favorire l’ ulteriore armonizzazione di tutto il sistema. La vigilanza B CE continuerebbe, come ora, a promuovere la stabilità con criteri comuni e trasparenti. In questocontesto, le banche di medie dimensioni intenzionate a crescere ulteriormente potrebbero fare il passo successivo, aderendo al“club” pan-europeo.