Il Sole 24 Ore

Unione europea e Cina accelerano: accordo possibile sugli investimen­ti entro l’anno

Germania e Francia avrebbero dato luce verde per chiudere entro fine anno L’ultima concession­e di Pechino: ridotti i settori vietati alle imprese straniere

- Rita Fatiguso

Germania e Francia, stavolta, sarebbero d’accordo, in linea di principio, alla chiusura entro l’anno del negoziato per il Bilateral investment agreement (BIT) tra Europa e Cina giunto al 35esimo round in sette anni. Voci che si rincorrono, ma le trattative, non a caso, sono state prolungate ad libitum oltre il limite finale del 10 dicembre.

Per il presidente cinese Xi Jinping la sigla del BIT è una promessa lanciata a novembre durante il CIIE, la Fiera dell’Import di Shanghai, destinata a essere mantenuta a ogni costo, “bruciando” sul tempo la riapertura del multilater­alismo da parte dei rivali americani, condiziona­ti dal fatto che il nuovo presidente Joe Biden si insedierà alla Casa Bianca soltanto il prossimo 20 gennaio.

Nicolas Chapuis, ambasciato­re dell’Unione Europea a Pechino, si è sbilanciat­o, a sua volta, confermand­o indirettam­ente l’interesse europeo per una chiusura entro l’anno del negoziato. Per Chapuis ci sono ampi margini. Certo, continuano a pesare le questioni dei diritti umani, da Hong Kong allo Xinjiang, che l’Unione Europea non ha mancato di censurare, ma è innegabile che le trattative commercial­i procedono, tanto è vero che si continua a limare il testo, comma dopo comma.

Uno degli ostacoli da rimuovere è quello dell’accesso reciproco ai mercati. Tuttavia la Cina sta cercando di mettere sul tavolo nuove offerte, prima la “benedizion­e” da parte di Xi Jinping degli aggiorname­nti della legge sulla proprietà intellettu­ale, oggi il taglio ulteriore della lista degli investimen­ti vietati agli stranieri in Cina.

La negative list appena aggiornata implica che, ad esempio, le società straniere d’ora in poi potranno esplorare e produrre petrolio e gas in Cina. Cadono anche le restrizion­i alle imprese straniere che cercano di effettuare la valutazion­e delle emissioni di carbonio in Cina.

Pechino ha infatti appena ridotto il numero di settori e industrie vietati agli investitor­i stranieri a 123 da 131 nel 2019 (erano 151 nel 2018).

La negative list ha sostituito il catalogo degli investimen­ti che veniva periodicam­ente aggiornato, un elenco compilator­io di attività autorizzat­e in Cina per gli stranieri. Con la negative list la prospettiv­a cambia completame­nte. Tra l’altro una interpreta­zione condivisa ne parla come di una normativa che si applica alle aziende cinesi e, anche, a quelle straniere.

Il fatto che l’elenco 2020 delle industrie che sono limitate o vietate si sia ridotto a 123, stando a quanto pubblicato dalla Commission­e nazionale per lo sviluppo e la riforma (NDRC), è un bel regalo per il negoziato in corso.

Gli ultimi sviluppi sembrano offrire quindi il destro a chi pensa che l’Europa debba ricavarsi uno spazio a sè. «Vedo bene un’Europa in grado di giocare un ruolo nuovo rispetto alla Cina che sia indipenden­te da quello con gli Usa», dice Mario Boselli, presidente della Fondazione Italia Cina. «Speriamo che il negoziato segua il suo corso e che si concluda entro l’anno», gli fa eco Marco Marazzi, avvocato di Baker&MacKenzie. Marazzi non nasconde lo scetticism­o, ma comunque sottolinea l’importanza dell’intesa, quando ci sarà. «Man mano che si assottigli­ano le attività vietate - osserva Carlo D’Andrea, presidente della Camera di commercio europea in Cina - i paletti all’ingresso del mercato cadono».

Intanto c’è da dire che l’interscamb­io tra Europa e Cina sembra consolidar­si, anche a ottobre Pechino - stando ai dati Eurostat - è il principale partner commercial­e dell’Unione Europea, concretizz­ando una svolta che si è realizzata in luglio, con il sorpasso della Cina sugli Usa.

Gli scambi UE-Cina nei primi dieci mesi del 2020 si sono attestati a circa 477,7 miliardi di euro (582,8 miliardi di dollari USA), con un aumento del 2,2% rispetto allo stesso periodo del 2019, sempre secondo Eurostat.

Al contrario, il commercio di merci con gli Stati Uniti nel periodo gennaio-ottobre è sceso a 460,7 miliardi di euro, in calo dell’11,2% su base annua. Il commercio internazio­nale della Ue è bruscament­e diminuito da febbraio in poi, e ha raggiunto il suo minimo ad aprile, dopo che l’Europa è stata identifica­ta dall’Organizzaz­ione mondiale della sanità come l’epicentro del COVID-19 a metà marzo. Gli scambi di merci sono aumentati in maggio e si sono stabilizza­ti a giugno, sebbene ancora al di sotto dei livelli pre-Covid-19. A ottobre, l’Unione Europea ha esportato beni per 178,9 miliardi di euro, in calo del 10,3% su base annua, e ha importato 150,8 miliardi di euro, con una diminuzion­e del 14,3% rispetto al mese di ottobre del 2019.

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La bandiera della Ue e quella cinese nel complesso statale di Diaoyutai, a Pechino
REUTERS
Punti di incontro. La bandiera della Ue e quella cinese nel complesso statale di Diaoyutai, a Pechino REUTERS

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