Il Sole 24 Ore

Opa Creval, il socio Kairos sfida l’Agricole «È inadeguata»

Per l’azionista che controlla il 3% del Valtelline­se la proposta va migliorata Il capo dell’Equity della Sgr Trabattoni: «La banca ha una dote che va considerat­a»

- Luca Davi

Nella battaglia dell’Opa lanciata dal Crédit Agricole sul Creval, un nuovo investitor­e esce allo scoperto: è Kairos, che si schiera contro i francesi e rimanda al mittente l’offerta giudicando­la non adeguata. Per l’Sgr italiana «non c’è alcuna fretta a consegnare le azioni all’Agricole, e in caso di ritiro dell’offerta non temiamo che il Creval possa rimanere da solo».

A dirlo al Sole 24Ore è Massimo Trabattoni che, nel suo ruolo di capo dell’Italian Equity di Kairos, oltre ad essere azionista della banca lombarda in via diretta, ha un mandato di gestione per conto di un fondo pensione internazio­nale: in totale, dunque, Kairos ha in mano «circa un 3% del capitale» della banca valtelline­se. La posizione della Sgr si va ad aggiungere a quella di altri due fondi che nei giorni scorsi si sono schierati apertament­e contro la proposta transalpin­a: si tratta dell fondo inglese Hosking Partners (4,72%) e di Petrus Advisers, accreditat­o sul mercato di una quota inferiore al 3%.

Per Trabattoni i 10,5 euro per azione messi sul tavolo dall’Agricole costituisc­ono una proposta «non adeguata». Poco conta che l’offerta sia pagata in contanti e offra un premio del 21,4% sulle ultime valutazion­i pre-Opa del Creval. «Il prezzo di mercato (ieri pari a 11,55 euro, ndr) è stabilment­e sopra la proposta Opa e inoltre va considerat­o che la banca sta portando avanti un piano industrial­e credibile che prospetta anche una maggiore valorizzaz­ione», dice Trabattoni.

Il settore bancario italiano, va detto, ha davanti a sé non pochi ostacoli. La situazione economica non è ancora pienamente riflessa nei numeri dei bilanci delle banche, visto che la moratoria sui crediti ha di fatto congelato i potenziali contraccol­pi negativi sulla qualità del credito. Ma per il gestore la banca valtelline­se è in una posizione di «maggiore forza relativa rispetto al resto del mercato». «Il Creval ha un excess capital rilevante che noi stimiamo in 800 milioni, un cuscinetto che può proteggere ampiamente dagli effetti del Covid. Inoltre grazie al lavoro del ceo Lovaglio la banca ha realizzato un importante turn around in termini di asset quality e di costi».

C’è poi il tema delle imposte differite (Dta) riconosciu­te in capo alla banca lombarda, che si trasformer­anno in crediti fiscali per l’acquirente, una volta che il provvedime­nto studiato dal governo sul tema diventerà legge. «La nostra stima è di una dote di circa 360 milioni di euro, pari a circa 5 euro ad azione – dice il gestore – È un valore importante che riteniamo debba essere riconosciu­to almeno in parte». Nessun timore che qualora le adesioni non fossero sufficient­i e l’Agricole ritirasse l’offerta, per il titolo ci possa essere un violento downside? «Non siamo spaventati da questa ipotesi: ben venga l’offerta dell’Agricole, ma a condizioni diverse. Non abbiamo fretta di consegnare le azioni a tutti i costi: abbiamo chiare aspettativ­e sul piano industrial­e in corso e crediamo al lavoro del management. Non temo che non si presenti nessuno il prossimo anno a bussare alla porta del Creval: la banca ha una dote patrimonia­le ricca, è facilmente inseribile in altre realtà bancarie dato il suo modello e può offrire importanti sinergie».

Si vedrà quali saranno gli sviluppi sul mercato. Di certo l’Agricole, che oggi già controlla circa il 10% del Valtelline­se, da parte sua può contare già sull’impegno all’adesione di un socio di peso come l’Algebris di Davide Serra (5,4%). E i segnali che arrivano per ora dall’Agricole sono chiari: nei giorni scorsi il ceo di Agricole Italia, Giampiero Maioli, ha detto che l’offerta è adeguata per la condizione in cui si trova la banca e per il contesto attuale, dunque non ci sarà alcun rilancio. E ha aggiunto che se non ci saranno adesioni sufficient­i la banca è pronta a ritirare l’offerta, pur rimanendo nell’azionariat­o. D’altra parte il prezzo dell’azione, come detto, rimane sopra quello offerto dalla Banque Verte: segnale che il mercato crede, a torto o a ragione, in un ritocco. La battaglia è destinata a continuare.

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