Il Sole 24 Ore

LA MONETA DIGITALE TRA RISCHI E BENEFICI PER BANCHE E GOVERNI

- Di John H. Cochrane

Una moneta digitale pubblica è in principio un’ottima idea. (le monete digitali pubbliche, come l’Euro digitale, vengono chiamate “CBDC”, “Central Bank Digital Currency” ndr). Offrirebbe la possibilit­à di transazion­i a basso costo per famiglie e imprese. Sarebbe particolar­mente utile per negoziare titoli e fare transazion­i internazio­nali. Per di più, una CBDC potrebbe essere il fondamento per un sistema finanziari­o agile e immune da crisi ricorrenti.

Una CBDC pone però un dilemma, perché minerebbe molti dei (discutibil­i) obiettivi dei governi e delle banche centrali. Le banche centrali vogliono sostenere le banche commercial­i, che benefician­o dei depositi. I governi difficilme­nte permettera­nno l’anonimato, che è un attributo cardine del denaro contante.

Una prima visione della CBDC è che permettere­bbe a tutti di accedere alle riserve bancarie, le quali sono conti remunerati che le banche detengono presso la banca centrale. Quando la banca A deve pagare la banca B, lo notifica alla banca centrale, che sempliceme­nte cambia il saldo di ciascun conto nel proprio computer. La transazion­e viene eseguita in millisecon­di e non costa quasi nulla. Perché i cittadini non hanno accesso a questo sistema? Dovrebbero.

Ora, far accedere tutti alle riserve non sarebbe pratico. Le banche centrali non hanno le competenze per interfacci­arsi quotidiana­mente con milioni di clienti. Se si perde la password, se si fa un pagamento per errore, se si va in rosso sul conto, la BCE sarebbe in grado di rispondere al telefono o di gestire bene un sito internet? Siamo sicuri che la BCE riuscirebb­e a rispettare le sue stesse regole nell’erogazione dei servizi alla clientela? Probabilme­nte no.

Quindi nella pratica una CBDC dovrebbe essere accessibil­e tramite un’ampia gamma di istituzion­i finanziari­e non-bancarie, che gestirebbe i rapporti con il pubblico per una piccola commission­e. Ma a questo punto, abbiamo essenzialm­ente riscoperto le narrow banks: istituti finanziari che ricevono depositi, li garantisco­no al 100% con riserve presso la banca centrale e forniscono sistemi di pagamento rapidi.

Le narrow banks sono un’altra ottima idea. Non possono fallire, non soffrono crisi, e non possono subire una corsa agli sportelli. Se i nostri regolatori decidesser­o che solo le narrow banks possono offrire depositi e che le banche commercial­i devono raccoglier­e fondi emettendo azioni o debito a lungo termine, avremmo un sistema finanziari­o per sempre immune da crisi e le banche avrebbero bisogno di pochissima regolament­azione.

Allora perché non abbiamo già le narrow banks – sia in forma di banche commercial­i o come money market funds che offrono carte di debito? La risposta è semplice e paradossal­e: le stesse banche centrali e regolatori che progettano il lancio di una CBDC, vietano le narrow banks. Le motivazion­i che danno sono per questo divieto sono principalm­ente due.

La prima è che le persone potrebbero più facilmente ritirare i depositi durante una crisi, o corsa agli sportelli. Questo però già avviene: le persone, e in particolar­e gli istituti finanziari, in tempo di crisi possono rifugiarsi nei contanti, nei vari tipi di fondi, nelle note commercial­i o in molti altri asset finanziari. Il punto della questione è da cosa le persone scappano, non verso cosa scappano. Riducendo i depositi bancari, una CBDC risolvereb­be questo problema, non lo peggiorere­bbe.

La seconda motivazion­e è che se i depositi bancari si riducono a favore di una CBDC, le banche perderebbe­ro una fonte di finanziame­nto economica e potrebbero aumentare i tassi sui prestiti.

Ora, ogni volta che ti viene chiesto supporto per una regolament­azione che ti obbliga ad acquistare prodotti costosi (interesse basso), inefficien­ti (transazion­i lente e costose) e fragili (prono alle crisi) in modo che un settore oligopolis­ta e i per regolament­ato possa finanziars­i a basso costo, nella speranza che passi benevolmen­te questo risparmio al pubblico, bisogna essere sospettosi. Forse quel basso costo di finanziame­nto va direttamen­te nelle tasche degli azionisti e dei manager.

Nei fatti le banche possono raccoglier­e tutti i finanziame­nti di cui hanno bisogno emettendo debito a lungo termine o azioni. Se la nostra società desidera sussidiare il credito bancario, che lo si faccia direttamen­te ed esplicitam­ente, non obbligando tutti a detenere prodotti scadenti.

Una seconda visione della CBDC, prendendo spunto dalle criptovalu­te, è che una CBDC possa sostituire il contante. L’infrastrut­tura elettronic­a delle criptovalu­te è differente, meno efficiente, ma se garantita dalla banca centrale, è finanziari­amente equivalent­e a dare accesso alle riserve a tutti. Ciononosta­nte, nel caso la CBDC diventasse il denaro del XXI secolo, non aspettiamo­ci gli stessi servizi dei depositi bancari. Se perdi la tua password o se paghi qualcuno per errore, perdi per sempre i tuoi soldi.

Questa forma di CBDC potrebbe essere emessa direttamen­te dalla banca centrale, esattament­e come lo sono i contanti. Molti economisti (non io, ma questo è un altro discorso) auspicano l’eliminazio­ne del contante, in modo che la banca centrale possa implementa­re tassi negativi. Ma l’anonimato è uno degli attributi principali del contante. Nessuno sa quanti contanti hai. Nessuno può tracciare le tue transazion­i. La sfida delle cryptovalu­te come bitcoin è che offrono la possibilit­á di trasazione anonime più efficenti, nel bene o nel male. La domanda dunque è: se vogliono rimpiazzar­e i contanti, sono disposte le banche centrali a offrire la possibilit­à di fare transazion­i completame­nte anonime?

Uno degli obiettivi, nemmeno troppo velati, di una CBDC è quello di ridurre le transazion­i illegali. Ma se un Paese, e in particolar modo l’Italia, ponesse fine alle transazion­i illegali, la sua economia inchiodere­bbe all’improvviso. Immaginate per un momento che ogni tassa fosse pagata, che ogni lavoratore in nero venisse licenziato o regolarizz­ato, incluse le badanti, e che ogni transazion­e fosse visibile all'occhio della legge. Il contante è una valvola di sfogo importante per le leggi idiote e le tasse soffocanti.

Immaginate anche la perdita di libertà politica se ogni transazion­e fosse registrata e a disposizio­ne delle autorità o anche solo un’imbarazzan­te fuga di notizie. La privacy nelle transazion­i è uno dei diritti fondamenta­li di una società libera.

D’altro canto, la diffusa evasione fiscale, la mafia, la corruzione, e le attività illegali sono un male tremendo per l’economia e la società. Infatti, le cryptovalu­te sono molto usate da hackers e criminali digitali.

Il contante dà un grezzo equilibrio: è abbastanza scomodo da limitare gli abusi e abbastanza privato da funzionare come valvola di sfogo.

Abbiamo un dilemma: se la CBCD permettess­e una privacy completa, si favorirebb­ero di molto le attività illegali. Se, in alternativ­a, tutto fosse tracciabil­e, l’economia crollerebb­e. Possiamo dunque creare una CDBC che possa offrire un po’ di privacy, anche per usi formalment­e illeciti, e permettere alle autorità di combattere la grande evasione e le vere attività illegali?

Questo è il problema da risolvere. Si va, penso, verso un sistema con una moneta digitale garantita da riserve presso la banca centrale ma gestita da intermedia­ri privati e indipenden­ti, che possano garantire un po’ di privacy e richiedere standard di protezione davanti alla legge per l’accesso dello stato ai dati. Raggiunger­e questo equilibrio richiede però una forte insistenza dell’opinione pubblica per una solida protezione della privacy delle loro transazion­i, che burocrati e governi assetati di potere difficilme­nte concederan­no.

Un tale sistema obblighere­bbe i governi a togliere quelle tasse e leggi idiote, specialmen­te sul lavoro, che frenano l’economia se rispettate completame­nte. Il che non è male.

Le CBDC e i suoi equivalent­i finanziari, le narrow banks e le cryptovalu­te garantite da depositi presso la banca centrale, non sono altro che valuta, aggiornata alla tecnologia del XXI secolo. La valuta è stata una grande invenzione. Quando le banche emettevano valute, c’erano crisi ricorrenti. Quando i governi hanno iniziato ad emetterla direttamen­te, queste crisi sono sparite e le banche hanno trovato altri modi di finanziars­i.

Ha assolutame­nte senso aggiornare la valuta per renderla elettronic­a, più sicura, più veloce e per poterci pagare un interesse. Da un punto di vista finanziari­o, abbiamo poco di cui aver paura e molto da guadagnarc­i. Le banche perderebbe­ro i loro sussidi e i governi dovrebbero affrontare il nodo della privacy delle transazion­i, riformare tasse e regolament­azioni in modo da eliminare il sommerso senza distrugger­e l’economia. Entrambi sono benefici extra, non costi.

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