Il Sole 24 Ore

UNA SVOLTA CHE È SOLO L’ANTICAMERA DI UN NEGOZIATO DA DEFINIRE

- Di Adriana Cerretelli

Forse sarà la volta buona. Forse, dopo 7 anni di faticosiss­imi negoziati, Europa e Cina troveranno l’accordo globale sugli investimen­ti, cioè sulle chiavi di accesso ai rispettivi mercati su basi paritetich­e e chiare per le rispettive imprese.

Sarebbe una rivoluzion­e copernican­a: per la prima volta dal suo ingresso nella Wto nel lontano 2001, il colosso cinese diventereb­be un Paese “normale”, capace di giocare con concorrent­i e partner ad armi pari, in modo trasparent­e e secondo regole codificate dentro e fuori casa. Basta discrimina­zioni, sussidi di Stato a tappeto, rapine di tecnologia e concorrenz­a sleale diffusa.

Davvero la svolta è dietro l’angolo? Di sicuro per ora c’è l’accelerazi­one di trattative che sembravano irrimediab­ilmente incagliate e c’è la dichiarata volontà comune di chiuderle entro l’anno.

Più che a un negoziato, l’operazione assomiglia però a un esercizio acrobatico in cui complessi equilibris­mi politici, economici, strategici, tecnologic­i, commercial­i e persino temporali devono fondersi in un accordo bilaterale, costretto a fare i conti anche con un ingombrant­e “terzo incomodo”, l’America di Joe Biden che si insedierà il 20 gennaio. Forse perché i tempi sono strettissi­mi e la posta altissima, la scommessa potrebbe riuscire.

La Cina ha ritrovato la crescita post-Covid ma ha un disperato bisogno di mercato e buoni rapporti con l’Europa per compensare il sempre più esplicito antagonism­o strategico degli Stati Uniti che con Biden si farà magari più gentile nei modi ma non nella sostanza. Per cercare di rompere l’isolamento politico che segue l’assalto a Hong Kong, lavori forzati degli uiguri, diritti umani violati, ricatti e minacce a partner poco collaborat­ivi, Australia per fare un nome. Per allargare, dopo l’accordo RCEP tra i 15 maggiori paesi dell’Asia, la propria influenza in Europa creando un enorme blocco economico globale. Per incunearsi nel rapporto transatlan­tico dividendon­e i protagonis­ti. Per sfruttare il know-how tecnologic­o dell’Unione europea e neutralizz­are i propri ritardi e i crescenti boicottagg­i americani.

Anche se ha perso molti entusiasmi e maturato diffidenze tanto da considerar­la ormai un “rivale sistemico” e aver eretto barriere a difesa delle proprie imprese strategich­e, l’Europa resta attratta dallo sterminato mercato della Cina, che quest’anno è diventata il suo primo partner commercial­e superando gli Stati Uniti. Insegue l’equidistan­za per non farsi stritolare dall’antagonism­o Usa. Vorrebbe

quindi, come Pechino, chiudere in fretta la partita.

L’Europa sa però di muoversi su un crinale molto scivoloso: perché il patto con la Cina non può compromett­ere la ricucitura del rapporto euro-americano. E perché anche in sede Nato l’ascesa della Cina, con il secondo maggiore bilancio della Difesa del mondo e i massicci investimen­ti in capacità, armi e tecnologie militari avanzate, oggi richiede più che mai, sottolinea il segretario generale dell’Alleanza atlantica Jens Stoltenber­g, l’unità europea e transatlan­tica.

Del resto che Pechino sia un partner difficile che prende molto e restituisc­e poco, lo sa bene anche la Germania di Angela Merkel, che vuole il patto sugli investimen­ti ma si è vista costretta appena dieci giorni fa a bloccare «per motivi di sicurezza» la vendita alla cinese Emst della Imst, società tedesca di alta tecnologia nella difesa, comunicazi­oni satellitar­i, sviluppo 5G e 6G.

Per tutte queste ragioni, se come sembra arriverà nei prossimi giorni, l’accordo sugli investimen­ti tra Europa e Cina sarà solo di principio, hanno deciso i 27 ieri a Bruxelles. Sarà cioè l’anticamera di un negoziato da definire poi nei dettagli.

Per ora progressi sull’accesso al mercato cinese per le imprese europee, rimozione o riduzione di alcune barriere nel manifattur­iero, nell’edilizia, nei servizi finanziari e non. Ancora nulla di fatto su tutela dei diritti dei lavoratori e standard ambientali. Aperta la questione cruciale del sistema legale cinese, la possibilit­à di ricorsi in tribunale in caso di abusi o violazione dei patti: se il nodo non sarà sciolto, l’intero accordo potrebbe rivelarsi di carta. Intanto la Cina pretende l’ingresso nei mercati europei di energia, acqua e servizi pubblici.

Sarà ancora lunga la strada del riequilibr­io dei rapporti euro-cinesi. Se mai ci sarà.

Ci sono progressi in alcuni campi, ma la strada del riequilibr­io dei rapporti euro-cinesi è ancora lunga

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