Il Sole 24 Ore

Raggi assolta, più lontana l’intesa Pd-M5s—

Duro attacco della sindaca al Movimento: «Lasciata sola» Calenda: resto in campo

- Emilia Patta

«Sono stati quattro lunghi anni di solitudine politica. Credo che debbano riflettere in tanti, anche e soprattutt­o dentro il M5s. Ora è troppo facile voler provare a salire sul carro del vincitore. Tanti abbiamo la decenza di tacere».

La sindaca della Capitale Virginia Raggi esce pulita dal caso Marra - proprio ieri la Corte d’Appello di Roma ha ribadito l’assoluzion­e «perché il fatto non costituisc­e reato» per la vicenda della nomina di Renato Marra, fratello dell’ex capo del personale del Campidogli­o Raffaele, a capo del dipartimen­to turismo del Comune di Roma nel novembre del 2016 - e il suo primo commento è un forte j’accuse al partito che l’ha candidata. Raggi aveva già messo le mani avanti («mi ricandider­ò comunque») ed ora chiede ai leader pentastell­ati di gettare la maschera. La sindaca ce l’ha soprattutt­o con il ministro degli Esteri Luigi Di Maio, che in passato aveva ricordato ai suoi «il dovere» di cercare accordi con altri partiti nelle grandi città e di «non fossilizza­rsi sui nomi» e che ora naturalmen­te si congratula («continua a resistere grande donna, il M5s resiste insieme a te»). Parole di congratula­zioni anche dal “reggente” politico Vito Crimi, ma a parlare esplicitam­ente di candidatur­a è non a caso il più forte oppositore della strategia dell’alleanza con il Pd Alessandro Di Battista: «Sei stata colpita dal fuoco amico. E io non vedo l’ora di sostenerti, ancora una volta, come candidata al Campidogli­o». Non è un mistero che la parte più governista del movimento avrebbe accolto una condanna come la via per aprire scenari differenti, magari togliendol­e il simbolo. Ma ora, dopo la sentenza della Corte d’Appello, Raggi riceve quella legittimaz­ione, quella spinta propulsiva per la sua candidatur­a rendendo più difficile lo smarcament­o di una parte del movimento. L’attesa sentenza è insomma il vero avvio della campagna elettorale nella Capitale per le comunali della primavera 2021: toglie dal quadro la variabile più pesante e costringe gli avversari a riposizion­arsi rapidament­e.

Come se non bastasse la verifica di governo in corso, la spina di Roma si incunea ancor di più nel difficile rapporto tra M5s e Pd. La speranza che in casa dem ancora si nutriva di poter trovare una candidatur­a comune con almeno una parte del M5s è morta ieri. «Sul nome di raggi nessun accordo è possibile», era e resta il diktat del Pd. Che nelle prossime settimane dovrà chiudere l’accordo, con o senza primarie, all’interno del tradiziona­le perimetro del centrosini­stra: dalla sinistra di Leu fino a Carlo Calenda, che resta candidato, e a Italia Viva di Matteo Renzi che lo appoggia. Entrambi, Calenda e Renzi, restii ad utilizzare lo strumento delle primarie su una piazza così importante come quella della Capitale, quando di fronte ci sarà con ogni probabilit­à un candidato del centrodest­ra forte come Guido Bertolaso. A Largo del Nazareno, che a questo punto non vede male la candidatur­a dell’ex ministro dello Sviluppo, la decisione sulle primarie non è ancora stata presa. Anche la soluzione della verifica di governo in corso - dicono i più maliziosi - è una variabile da tenere in conto: in caso di caduta del Conte 2 Calenda potrebbe essere interessat­o a rientrare nel campo della politica nazionale. Ma l’interessat­o respinge con forza le voci di un suo disinteres­samento: «Resto assolutame­nte in campo».

Il nodo primarie: Calenda e Renzi restii quando il centrodest­ra è pronto a scendere in campo con un candidato forte come Bertolaso

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