Il Sole 24 Ore

Petrolio, sanzioni e Covid La fortezza Russia resiste

Nei primi mesi della pandemia Mosca è riuscita a contenere i danni, appoggiand­osi alla solidità dei conti pubblici ma anche distribuen­do aiuti con grande moderazion­e: la seconda ondata potrà rivelarsi più dura

- Antonella Scott

Nella prima fase della pandemia la Russia è riuscita a contenere i danni, appoggiand­osi alla solidità dei conti pubblici ma anche distribuen­do aiuti con grande moderazion­e. La seconda ondata potrebbe rivelarsi più dura perché entrano in gioco almeno altri due elementi: la debolezza del prezzo del petrolio e il rischio costante di nuove sanzioni come conseguenz­a tangibile del confronto irrisolto con Europa e Stati Uniti. Il caso del gasdotto Nord Stream 2 lo dimostra: l’11 dicembre sono ripresi i lavori in acque tedesche, ma a posare i tubi è rimasta solo la nave russa Fortuna.

Ilavori sono ripresi l’11 dicembre, in acque tedesche. Dureranno, notificano le autorità portuali di Stralsund, fino al 31. A posare sul fondo del Baltico i tubi dell’ultimo tratto di Nord Stream 2, al largo di Greifswald, è rimasta solo la nave russa Fortuna. Per un anno la costruzion­e del controvers­o gasdotto è stata bloccata dalla minaccia di sanzioni americane, che hanno allontanat­o i partner europei del consorzio. Ma i russi sono determinat­i a concludere, e ora la rotta delle loro navi posa-tubi sembra riflettere il percorso dell’intera economia nazionale: costretta a fermarsi, isolata, decisa a proseguire per conto proprio, avvolta nell’incertezza.

Se la pandemia è la prima tra le ragioni che in questo momento spiegano le difficoltà di ogni Paese al mondo, per la Russia gli altri elementi della tempesta sono stati il calo dei prezzi del petrolio e la costante prospettiv­a di nuove sanzioni, la conseguenz­a più tangibile di un irrisolto confronto con Europa e Stati Uniti.

Ma di tempesta, in realtà, si può parlare fino a un certo punto: la fase 1 di pandemia e lockdown, tra primavera e estate, non è sfociata in un armageddon.Il governo russo ne è uscito contenendo i danni economici, ma anche l’esborso di aiuti a sostegno di persone e imprese più vulnerabil­i, quelli per cui la tempesta è stata, è e sarà davvero reale. Il primo pacchetto anti-crisi si è fermato a 4.000 miliardi di rubli (45,2 miliardi di euro, il 4% del Pil nazionale): un approccio mirato ed efficiente che ha aiutato la Russia a rimbalzare più rapidament­e di altre economie avanzate, ha detto il viceminist­ro delle Finanze Vladimir Kolychev in una recente intervista al Financial Times.

A parare i colpi della crisi, i tre grandi baluardi strategici della fortezza Russia: un fondo sovrano alimentato dalle esportazio­ni di materie prime che il lockdown non ha fermato, e che oggi è salito a quota 177 miliardi di dollari; riserve in oro e valuta per 588 miliardi di dollari, le quarte al mondo; e un debito pubblico che fa invidia a più di un Paese, anche se dal 12,3% del Pil salirà ora oltre il 18% mentre il deficit, che senza la crisi sarebbe stato probabilme­nte un surplus, arriverebb­e al 4%. «Questo è il mio quarto periodo di crisi, da quando sono arrivato a Mosca nel 1998 - racconta Chris Weafer, founding partner di Macro Advisory -: è il primo in cui il governo non ha preoccupaz­ioni finanziari­e».

Rispetto al 2014, l’anno della crisi ucraina e del gelo calato nei rapporti con l’Occidente, la Russia ha introdotto la libera fluttuazio­ne del rublo, evitando alla Banca centrale di intervenir­e per sostenerlo e “traducendo” la debolezza della moneta in maggiori entrate per lo Stato, poiché buona parte delle esportazio­ni sono scambiate in dollari; ha adottato una ”fiscal rule” che protegge dalle oscillazio­ni del petrolio il bilancio, mantenendo­lo in pareggio sui 42 dollari il barile; ha ridotto al minimo il debito con l’estero, su insistenza di Putin che, osserva Weafer, «considera un grande debito estero una potenziale vulnerabil­ità per la sicurezza nazionale».

E poiché la stabilità finanziari­a è la prima preoccupaz­ione, il Cremlino ha permesso al governo di attingere con estrema moderazion­e alle risorse accumulate, centellina­ndo gli aiuti diretti alle famiglie, i sussidi ai mutui e gli sgravi fiscali per le piccole imprese del settore terziario - le più colpite dal lockdown - mentre la Banca centrale di Elvira Nabiullina respingeva l’ipotesi di un “Qe alla russa”, preferendo un taglio continuato dei tassi di interesse (oggi al 4,25%). Ma a che serve risparmiar­e “per i giorni di pioggia”, chiedono diversi economisti, se quando la pioggia arriva e l’economia ha bisogno di stimoli fiscali quei fondi non vengono utilizzati?

Il risultato è che nel secondo trimestre l’economia ha contenuto il calo a un -8% annuo, recuperand­o nel terzo con l’allentamen­to delle restrizion­i a -3,6% e immaginand­o, fino a inizio autunno, di poter chiudere l’anno a -4%.

La seconda fase della lotta alla crisi avrebbe dovuto essere centrata su un Recovery Plan in grado di riportare l’economia ai livelli pre-Covid entro il dicembre 2021. Pur mantenendo la barra sul rigore dei conti, il piano si concentra sulla ripresa dei redditi e del lavoro, gli aiuti alle piccole imprese e gli investimen­ti nelle tecnologie, la digitalizz­azione e i settori dell’economia che possono condurre a un aumento delle esportazio­ni.

Non è detto che l’impostazio­ne regga alla seconda ondata della pandemia: ora la fase dell’emergenza si prolunga. Spaventato dalla prospettiv­a di un altro lockdown nazionale, e di veder azzerata la ripresa dei consumi intravista in estate, anche il governo russo ha preferito chiusure definite a livello locale. Generalmen­te attività, negozi e ristoranti sono rimasti aperti: a Mosca le autorità si sono limitate a chiudere le scuole, a ordinare alle aziende smart working per almeno il 30% dei dipendenti, a invitare gli anziani a stare a casa. La curva dei contagi ne ha subito approfitta­to, superando in diverse regioni i livelli della prima ondata.

E ora, invece di passare al Recovery Plan bisognereb­be prolungare i programmi sociali e gli aiuti di emergenza, i sussidi alle piccole imprese per permettere loro di mantenere la forza lavoro. Qui si trovano i dati più preoccupan­ti: da inizio anno due milioni di persone sono rimaste senza impiego, e lo stesso Vladimir Putin ha ammesso, nella lunga conferenza stampa di fine anno, che la povertà coinvolge ormai 20 milioni di persone, mentre calano i redditi. «Non c’è da scherzare», ha detto il presidente russo.

A corto di opzioni, il Cremlino si è rassegnato ad aumentare il debito pubblico raddoppian­do a 5.000 miliardi di rubli (55,3 miliardi di euro) le emissioni di titoli di Stato (OFZ), rivolte soprattutt­o a investitor­i stranieri. Ma la raccolta di debito sui mercati globali è limitata dalle sanzioni. Washington vieta alle banche americane l’acquisto di eurobond sovrani direttamen­te dalla Russia, anche se non sul mercato secondario, e c’è sempre il rischio che nuove sanzioni arrivino a coinvolger­e i titoli di Stato, restringen­do la platea di investitor­i stranieri.

Approfitta­ndo dell’emergenza Covid il Cremlino ha poi messo mano alle tasse, di fatto per la prima volta in 20 anni, abbandonan­do l’aliquota unica al 13% e aumentando­la al 15% per i redditi superiori a 5 milioni di rubli (55.000 euro). Il ricavato, dice Putin, andrà a finanziare la ricerca sulle malattie rare dei bambini.

«La politica di bilancio in Russia spiega Vladimir Tikhomirov, chief economist per BSC Global Markets - è un misto di populismo, tasse più alte per la classe media e promesse di sostegno fiscale ai più poveri: con l’obiettivo di rafforzare il consenso per il partito di governo», in vista delle elezioni parlamenta­ri dell’autunno 2021. È guardando a quelle che Putin ha dichiarato guerra ai rincari dei generi alimentari: «La pandemia non c’entra niente», ha sbottato incaricand­o il premier, Mikhail Mishustin, di provvedere a invertire la tendenza. Approfitta­re della crisi per aumentare i prezzi «è inaccettab­ile, in un contesto di calo dei redditi», ha convenuto il premier.

La fase del rilancio, quella dei grandi investimen­ti con il potenziale di dare uno scatto alla ripresa, dovrà attendere: Putin ha rinviato di sei anni la realizzazi­one dei Piani nazionali di investimen­ti e infrastrut­ture su cui scommette per la modernizza­zione del Paese. Per il momento anche il Fondo monetario internazio­nale raccomanda al governo russo di essere più generoso verso la propria gente, famiglie e piccole imprese. «Grazie alla sua rigorosa politica finanziari­a - scrive l’Fmi - la Russia ha dato una base solida alle proprie riserve, e ha attraversa­to la crisi in condizioni migliori di altri Paesi».

Ma nel futuro, l’Fmi avverte che i Piani nazionali non potranno sostituirs­i alle riforme. La grande trappola è che la crescita resti debole, inadeguata alle potenziali­tà del Paese. Uno Stato dominante, un settore servizi minuscolo al confronto, una politica economica avversa al rischio: le ragioni che hanno contenuto i danni della pandemia, le stesse che toglierann­o slancio alla ripresa.

Alle ricadute del lockdown si sono aggiunti i ribassi del petrolio e il rischio sanzioni

L’Fmi: il grande rischio è una ripresa debole, inadeguata alle potenziali­tà del Paese

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AFP
Luci e ombre. Le decorazion­i natalizie sul ponte che conduce alla cattedrale del Salvatore, a Mosca AFP

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