Il Sole 24 Ore

L’atto di frode non frena la liquidazio­ne del patrimonio

L’articolo 14 quinquies della legge 3/2012 viene abrogato in modo implicito

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II restyling della legge 3/2012 introduce la revocatori­a ordinaria nella liquidazio­ne del patrimonio. La novità comporta conseguenz­e sistematic­he sull’istituto.

Se è possibile intraprend­ere l’azione pauliana, che presuppone un atto di disposizio­ne lesivo dei diritti dei creditori, la liquidazio­ne può essere aperta anche se il debitore ha compiuto atti di frode.

Questa interpreta­zione è confermata dal nuovo articolo 7, comma 2 d-ter) che impedisce l’apertura di una procedura di sovraindeb­itamento limitatame­nte al piano del consumator­e se il debitore ha determinat­o il sovraindeb­itamento con malafede o frode.

Dunque, nella nuova fisionomia della legge 3/2012, il compimento di atti fraudolent­i non è di ostacolo all’apertura dell’accordo di composizio­ne della crisi e della liquidazio­ne del patrimonio. E ciò anche se l’articolo 14 quinquies della legge sulle insolvenze minori letteralme­nte esiga ancora la verifica dell’assenza di «atti in frode»: la disposizio­ne deve considerar­si implicitam­ente abrogata dalle nuove disposizio­ni e va annoverata tra le molteplici incongruen­ze già presenti nella legge 3/2012.

In effetti, anche nel regime previgente il requisito appariva incongruo. Non si comprendev­a per quale ragione la liquidazio­ne del patrimonio potesse essere aperta a seguito di conversion­e dell’accordo di composizio­ne della crisi o del piano del consumator­e senza alcuna verifica sugli atti di disposizio­ne lesivi della massa (articolo 14 quater), mentre il ricorso in via principale doveva essere impedito dagli atti in frode compiuti dal debitore negli ultimi cinque anni. Sotto un profilo sistematic­o poi, sembrava davvero incongruo che i debitori più smaliziati venissero sottoposti alle sole iniziative esecutive individual­i, che premiano e distribuis­cono solo a favore dei creditori più strutturat­i in grado di intraprend­erle prima e meglio.

L’apertura di una procedura concorsual­e in una situazione di particolar­e malizia del debitore assicura invece un esame più approfondi­to degli atti di disposizio­ne patrimonia­le e una più equa distribuzi­one del ricavato in favore di tutti i creditori, secondo le regole della par condicio. Una diversa interpreta­zione, quella che imporrebbe di rispettare il dato letterale dell’articolo 14 quinquies e la verifica degli atti in frode non sembra lecita.

Dopo le ultime modifiche della legge 3/2012, una simile impostazio­ne comportere­bbe una definizion­e incongrua del requisito negativo. Bisognereb­be infatti differenzi­are gli atti in frode dalla scientia damni, che oggi non possono più impedire l’apertura della liquidazio­ne del patrimonio perché condizione dell’azione pauliana. Paradossal­mente, occorrereb­be sostenere che non è frode la conoscenza in capo debitore del pregiudizi­o che l’atto di disposizio­ne del patrimonio arreca alle ragioni dei creditori.

Sullo sfondo, poi, le nuove disposizio­ni mirano semplifica­re l’accesso al sovraindeb­itamento, come chiarisce la rubrica dell’articolo 4 ter della legge di conversion­e del Dl 137/2020, sull’onda dell’emergenza sanitaria che sublima in emergenza economica.

E la liquidazio­ne del patrimonio si avvicina così alla liquidazio­ne controllat­a del Codice della crisi, che non prevede la frode, anche perché può essere richiesta dai terzi: da beneficio per il debitore, a strumento di equa ripartizio­ne tra i creditori.

In conclusion­e, tutte le novità introdotte con la legge di conversion­e del Dl 137 potranno avere un significat­ivo impatto per qualche mese solo se verranno superate le tradiziona­li ritrosie di parte della giurisprud­enza nell’applicazio­ne dell’istituto. Diversamen­te, occorrerà attendere il Codice della crisi, e una buona dose di motivazion­e sociale dei gestori della crisi per assicurarn­e una vera diffusione.

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