La ricerca (da sola) non crea sviluppo
È ovvio che maggiori investimenti nella scienza siano necessari. Ma sono da considerare le relazioni con la realtà concreta: diventa cruciale un trasferimento tecnologico efficace
La valutazione dei progetti per il Recovery Fund è intrinsecamente difficile e quindi cercheremo di orientarci definendo dei criteri il più possibile scientifici ed oggettivi che misurino se un progetto è realmente utile e quali nuove prospettive apre. La prima considerazione è che un programma così vasto non può essere definito come una somma di centinaia di progetti singoli senza considerare le interrelazioni tra loro. Siamo di fronte ad un problema oggettivamente complesso che necessita una analisi adeguata a queste caratteristiche. Il rischio di una visione settoriale è che il risultato complessivo sia poi difficile da controllare e, nonostante le migliori intenzioni, possa essere del tutto diverso da quello auspicato.
Un esempio di una visione troppo semplificata di queste interrelazioni è dato dal documento di Ugo Amaldi: “Investire nella Ricerca per Rilanciare l'Economia” che è stato firmato da molti ricercatori e presentato a Palazzo Chigi. Siamo ovviamente d'accordo che un maggiore investimento in ricerca sia necessario ma qui vogliamo considerare le relazioni tra ricerca e sviluppo economico che nel documento vengono date per scontate mentre sono tutt'altro che ovvie. Negli anni 60 il Cile era simile o superiore alla Corea del Sud per ricerca e innovazione, ma nei decenni successivi la Corea del Sud è diventata uno dei principali paesi sviluppati tecnologicamente mentre il Cile rimane ai margini di uno sviluppo industriale.
Questo insegna che una eccessiap propriate va semplificazione nei rapporti causa effetto può produrre grandi delusioni anche se motivate dalle migliori intenzioni.
Una analisi più completa e realistica porta alla seguente conclusione: la ricerca scientifica è il motore essenziale dell’economia della conoscenza basata sul capitale umano che va opportunamente valorizzato e non esportato ma attratto. Per produrre anche una crescita economica sono però necessari almeno altri due elementi. Il primo è un trasferimento tecnologico efficace e la diffusione del know how. Il secondo è una generale efficienza del governo e del mercato che concorrano all'innovazione tecnologica e allo sviluppo delle aziende nella fase iniziale. Per questo occorrerà approntare politiche pubbliche, specificamente disegnate in base alla composizione strutturale dei diversi settori e delle diverse filiere, per rafforzare la capacità di assorbimento di innovazione da parte delle imprese. Questa visione più strutturata e realistica è stata recentemente adottata dalla Consulta degli Enti di Ricerca che comprende circa 15 mila ricercatori.
Considerando concretamente la valutazione dei progetti nella prospettiva della Economic Fitness and Complexity si possono fare le seguenti considerazioni. La Fitness economica rappresenta un indicatore che misura il tasso di competitività intrinseca dell'economia della conoscenza. Quindi l'obiettivo di lungo termine per il programma complessivo deve essere orientato a un aumento della Fitness che sarà misurabile globalmente solo a posteriori. Andando ad una analisi più granulare però, questa stessa metodologia ci permette di valutare anche a priori il potenziale contributo alla Fitness di ogni progetto. Infatti la capacità di produrre un nuovo prodotto comporta un contributo alla Fitnes connesso alla Complessità del prodotto che è anche valutabile. Inoltre lo sviluppo di un nuovo prodotto, oltre al suo valore intrinseco, permette di accedere ad una nuova zona di prodotti e tecnologie che diventano accessibili. Anche questo elemento prospettico può essere misurato in modo quantitativo e fornisce una valutazione delle prospettive che questo apre.
Come in medicina non esiste un singolo farmaco per tutte le malattie, così la valutazione dei progetti non può essere assoluta ma va adattata alla situazione reale di ogni paese e regione. Questo implica come primo passo una dettagliata analisi della situazione. Il secondo passo è poi l'analisi delle varie possibili traiettorie di sviluppo, con le loro difficoltà e relative opportunità. Il metodo della Economic Fitness and Complexity permette di fare questa analisi in modo dettagliato e scientifico e i vari progetti si possono proiettare e valutare in questo contesto complessivo. Allo stesso modo si può valutare l'implementazione dei 17 obiettivi SDG (Sustainable Development Goals) che anche non possono essere considerati indipendentemente perché sono parte di un network con forti interrelazioni.
Questo approccio scientifico non pretende di sostituirsi alla politica ma piuttosto di fornire una informazione consapevole al decisore politico. Infatti non c'è una sola traiettoria possibile per lo sviluppo, ce ne sono varie. Per ognuna di esse possiamo definire le relative difficoltà ed opportunità. Spetta poi alla politica comporre una sintesi completa di tutti gli elementi del problema di cui questa analisi è un utile elemento.
Infine, data la complessità del sistema socio-economico e ora anche medico è necessario un monitoraggio sistematico con capacità di reazione rapida, come abbiamo drammaticamente imparato dal COVID 19. Rendere la burocrazia più efficace con meno controlli formali e maggiore pragmatismo verso il risultato più che il processo è chiaramente anche un elemento necessario che richiede un cambio di cultura ma in fondo pochi investimenti.
Presidente del Centro studi Enrico Fermi
Governo e mercato devono creare le condizioni per l’innovazione e la crescita iniziale delle aziende