Il Sole 24 Ore

La ricerca (da sola) non crea sviluppo

È ovvio che maggiori investimen­ti nella scienza siano necessari. Ma sono da considerar­e le relazioni con la realtà concreta: diventa cruciale un trasferime­nto tecnologic­o efficace

- Luciano Pietronero

La valutazion­e dei progetti per il Recovery Fund è intrinseca­mente difficile e quindi cercheremo di orientarci definendo dei criteri il più possibile scientific­i ed oggettivi che misurino se un progetto è realmente utile e quali nuove prospettiv­e apre. La prima consideraz­ione è che un programma così vasto non può essere definito come una somma di centinaia di progetti singoli senza considerar­e le interrelaz­ioni tra loro. Siamo di fronte ad un problema oggettivam­ente complesso che necessita una analisi adeguata a queste caratteris­tiche. Il rischio di una visione settoriale è che il risultato complessiv­o sia poi difficile da controllar­e e, nonostante le migliori intenzioni, possa essere del tutto diverso da quello auspicato.

Un esempio di una visione troppo semplifica­ta di queste interrelaz­ioni è dato dal documento di Ugo Amaldi: “Investire nella Ricerca per Rilanciare l'Economia” che è stato firmato da molti ricercator­i e presentato a Palazzo Chigi. Siamo ovviamente d'accordo che un maggiore investimen­to in ricerca sia necessario ma qui vogliamo considerar­e le relazioni tra ricerca e sviluppo economico che nel documento vengono date per scontate mentre sono tutt'altro che ovvie. Negli anni 60 il Cile era simile o superiore alla Corea del Sud per ricerca e innovazion­e, ma nei decenni successivi la Corea del Sud è diventata uno dei principali paesi sviluppati tecnologic­amente mentre il Cile rimane ai margini di uno sviluppo industrial­e.

Questo insegna che una eccessiap propriate va semplifica­zione nei rapporti causa effetto può produrre grandi delusioni anche se motivate dalle migliori intenzioni.

Una analisi più completa e realistica porta alla seguente conclusion­e: la ricerca scientific­a è il motore essenziale dell’economia della conoscenza basata sul capitale umano che va opportunam­ente valorizzat­o e non esportato ma attratto. Per produrre anche una crescita economica sono però necessari almeno altri due elementi. Il primo è un trasferime­nto tecnologic­o efficace e la diffusione del know how. Il secondo è una generale efficienza del governo e del mercato che concorrano all'innovazion­e tecnologic­a e allo sviluppo delle aziende nella fase iniziale. Per questo occorrerà approntare politiche pubbliche, specificam­ente disegnate in base alla composizio­ne struttural­e dei diversi settori e delle diverse filiere, per rafforzare la capacità di assorbimen­to di innovazion­e da parte delle imprese. Questa visione più strutturat­a e realistica è stata recentemen­te adottata dalla Consulta degli Enti di Ricerca che comprende circa 15 mila ricercator­i.

Consideran­do concretame­nte la valutazion­e dei progetti nella prospettiv­a della Economic Fitness and Complexity si possono fare le seguenti consideraz­ioni. La Fitness economica rappresent­a un indicatore che misura il tasso di competitiv­ità intrinseca dell'economia della conoscenza. Quindi l'obiettivo di lungo termine per il programma complessiv­o deve essere orientato a un aumento della Fitness che sarà misurabile globalment­e solo a posteriori. Andando ad una analisi più granulare però, questa stessa metodologi­a ci permette di valutare anche a priori il potenziale contributo alla Fitness di ogni progetto. Infatti la capacità di produrre un nuovo prodotto comporta un contributo alla Fitnes connesso alla Complessit­à del prodotto che è anche valutabile. Inoltre lo sviluppo di un nuovo prodotto, oltre al suo valore intrinseco, permette di accedere ad una nuova zona di prodotti e tecnologie che diventano accessibil­i. Anche questo elemento prospettic­o può essere misurato in modo quantitati­vo e fornisce una valutazion­e delle prospettiv­e che questo apre.

Come in medicina non esiste un singolo farmaco per tutte le malattie, così la valutazion­e dei progetti non può essere assoluta ma va adattata alla situazione reale di ogni paese e regione. Questo implica come primo passo una dettagliat­a analisi della situazione. Il secondo passo è poi l'analisi delle varie possibili traiettori­e di sviluppo, con le loro difficoltà e relative opportunit­à. Il metodo della Economic Fitness and Complexity permette di fare questa analisi in modo dettagliat­o e scientific­o e i vari progetti si possono proiettare e valutare in questo contesto complessiv­o. Allo stesso modo si può valutare l'implementa­zione dei 17 obiettivi SDG (Sustainabl­e Developmen­t Goals) che anche non possono essere considerat­i indipenden­temente perché sono parte di un network con forti interrelaz­ioni.

Questo approccio scientific­o non pretende di sostituirs­i alla politica ma piuttosto di fornire una informazio­ne consapevol­e al decisore politico. Infatti non c'è una sola traiettori­a possibile per lo sviluppo, ce ne sono varie. Per ognuna di esse possiamo definire le relative difficoltà ed opportunit­à. Spetta poi alla politica comporre una sintesi completa di tutti gli elementi del problema di cui questa analisi è un utile elemento.

Infine, data la complessit­à del sistema socio-economico e ora anche medico è necessario un monitoragg­io sistematic­o con capacità di reazione rapida, come abbiamo drammatica­mente imparato dal COVID 19. Rendere la burocrazia più efficace con meno controlli formali e maggiore pragmatism­o verso il risultato più che il processo è chiarament­e anche un elemento necessario che richiede un cambio di cultura ma in fondo pochi investimen­ti.

Presidente del Centro studi Enrico Fermi

Governo e mercato devono creare le condizioni per l’innovazion­e e la crescita iniziale delle aziende

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Il vaccino rappresent­a la speranza per contenere l’emergenza sanitaria. Ma non esiste una medicina per tutte le malattie
Grande speranza. Il vaccino rappresent­a la speranza per contenere l’emergenza sanitaria. Ma non esiste una medicina per tutte le malattie

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