L’IDENTITÀ EUROPEA NELLA CULTURA TECNO-UMANA
Agiudicare dal modo in cui l’Europa progetta il proprio futuro, l’alternativa tra l’approccio tecnico e quello umanistico sembra scivolare nel passato. E non per arrivare a giustapporre le due culture, ma per recuperare una relazione simbiotica che la tradizione della cultura europea ha coltivato dal Rinascimento in poi. In questa cultura, alla quale manca soltanto un nome, gli obiettivi e gli strumenti sembrano venire entrambi dalla stessa sorgente che vede la scienza, la tecnologia, l’immaginazione, l’etica come i frutti sintetici di un pensiero totalmente umano che assume la sostanza di una visione da concretizzare. In questo spirito, i Politecnici di Milano e Torino stanno aumentando lo spazio per le materie umanistiche nelle loro proposte formative. In questo spirito, la progettazione dell’intelligenza artificiale non può prescindere dall’attenzione alle sue ricadute sociali, come sostengono alla Global Partnership on Artificial Intelligence. In questo senso, la proposta del Digital Services Act resa nota qualche giorno fa dalla Commissione Europea richiama le aziende tecnologiche alle loro responsabilità sociali. E del resto, la convergenza della scienza del clima con la politica del Green New Deal e la concezione della tecnologia digitale come abilitatore della trasformazione necessaria a realizzarlo sono il frutto di un pensiero che non potrebbe esistere senza competenza tecnico-umanistica. C’è qualcosa di identitario in tutto questo.
Un gran numero di esempi sul senso di questo approccio si troverà al convegno dell’Associazione per l’Informatica Umanistica e la Cultura Digitale, in programma online tra il 19 e il 22 gennaio del prossimo anno a Pisa, grazie all’impegno dell’università che pionieristicamente ha lanciato il corso di laurea in Informatica Umanistica. Enrica Salvatori, medievista che insegna Storia in quel corso e che ha contribuito all’organizzazione del convegno dice: «Le Digital Humanities si sono rivelate la porta di accesso per comprendere e navigare il presente. Il convegno, Aiucd2021, intende esplorare le ricadute della ricerca nella società. Proprio quanto è successo in quest’anno durissimo ci ha dimostrato che la tecnica è molto ma non è tutto: la didattica a distanza fatta su Teams/Meet non è e-learning, la partecipazione a un progetto condiviso non è Immuni». E Ginevra Peruginelli, ricercatrice di informatica giuridica: «L’informatica umanistica connette il digitale, la rete come spazio civico, i nuovi mezzi tecnologici, con le discipline umanistiche tradizionali, contribuendo a un’economia digitale più giusta ed equa». È un’evoluzione culturale che riunisce le competenze specialistiche a capacità trasversali: strategia, orientamento all’innovazione, abilità comunicative, competenze cross-culturali, pensiero computazionale, etica. E senso critico, solidarietà, responsabilità. Una cultura sincronizzata con una società che ha subito la rivoluzione digitale e vuole cominciare a guidarla in relazione a un sistema di valori attento non solo al funzionamento delle macchine ma anche ai diritti degli umani.
Il carattere ibrido dell’economia tecno-umanistica distingue gli europei da cinesi e americani. Questi fanno valere il loro potere. Gli europei devono far valere le loro idee.