Luci spente nei piccoli borghi per contemplar le stelle
L’Italia con la Corea ha il record negativo da inquinamento per eccesso di luce artificiale: dalla Basilicata al Trentino fanno rete piccoli comuni dove ammirare la volta celeste al buio. E domani un Solstizio d’inverno di rara intensità
La notte nera ci guarda, ma quando ogni cosa è illuminata, non riusciamo a contemplarla a nostra volta. Avendo messo in sicurezza le tenebre e socializzato le ore che seguono il tramonto, oltre l’80% della popolazione mondiale vive sotto un cielo notturno disturbato. Negli Stati Uniti e nel Vecchio Continente, il 99% degli abitanti non è più in grado di osservare le stelle meno luminose, a magnitudine minore. Ed è proprio l’Italia con la Corea del Sud a registrare, secondo l’ultimo World Atlas of Artificial Night Sky Brightness (Science Advances, 2016), il peggior record di inquinamento prodotto da un eccesso di luce artificiale.
La notte è finita
Nascosta alla vista di un terzo dell’umanità, la Via Lattea è un’immagine sbiadita ripiegata in un vecchio libro di scuola. La strettissima congiunzione Giove – Saturno che si produrrà domani 21 dicembre, i pianeti mai così vicini e prospetticamente sovrapponibili dal 1226, sarà visibile in assenza di nuvole lì dove tacciono i neon, i fari, i led bianchi e tutto quello che luccica. Nei luoghi più oscuri della penisola: «sull’isola di Monte Cristo, la più buia d’Italia - nota Fabio Falchi, coautore del World Atlas e presidente dell’associazione di advocacy Cielo Buio - ad Alicudi e Filicudi, nel Gennargentu e nell’entroterra del Golfo di Orosei. E ancora, in Valle Aurina, nella porzione più occidentale della provincia di Cuneo e nella lingua di terra tra Capalbio, Scansano e Manciano, in Maremma».
Il progetto astroturistico
Non più famoso di quello di Berlino, il cielo sopra l’Italia è anche il tesoro che l’”eventologo” Rodolfo Calanca, esperto di divulgazione astronomica, ha intenzione di salvaguardare. Sua è l’idea, «maturata in questo 2020 malefico, di un’associazione nazionale dei Borghi Stellari, un progetto che non ha analoghi al mondo, che riunisca i piccoli comuni italiani con almeno un planetario o un osservatorio astronomico», dove l’aria è tersa e il cielo notturno ancora parte del paesaggio naturale. Scopo dell’associazione sarà tenerli in vita e sviluppare una fruizione astroturistica che passi attraverso laboratori, passeggiate e contemplazione delle stelle. «In Italia ci sono 17 osservatori che fanno parte dell’Istituto Nazionale di Astrofisica - informa Calanca - 150 più piccoli osservatori che fanno capo a comuni e province e un centinaio di planetari dove la simulazione della volta celeste tramite proiettori consente di illustrarne il passato, il presente e il futuro».
La rete dei piccoli comuni
Al richiamo della nascente rete hanno risposto 15 “borghi”, comuni al di sotto dei 5.000 abitanti, un parametro stabilito dal MiBACT che ha individuato nei borghi italiani non solo l’aggregato di case fuori le mura, ma un cluster turistico prioritario. Tra i paesi intenzionati a non perdere il cielo ci sono Aielli con i suoi coloratissimi murales, a sud del Parco Regionale Sirente Velino; Amelia il cui planetario è ospitato all’interno di un convento francescano; Anzi, accomodato su un cucuzzolo nel potentino; Cervarezza con le sue terme, nel reggiano; il medievale Montepulciano assediato da torri e vigneti; Radicofani, nel senese, il cui osservatorio sarà terminato nella primavera del 2021. Hanno risposto all’appello anche l’antica frazione di Libbiano in provincia di Pisa, il borgo di Ponte in Valtellina e Tesero, in Val di Fiemme, a pochi chilometri dal Bosco di Risonanza dove Stradivari sceglieva gli abeti per la sua bottega liutaia di Cremona.
Scacciati dalla sempre più massiccia illuminazione elettrica, gli osservatori lasciarono le grandi città a favore di contesti naturali meno addomesticati intorno agli anni 1930. Un processo culminato nell’affidamento della ricerca astronomica ai satelliti e ai grandi telescopi del Cile, della Namibia, nelle Canarie e nelle Hawaii dove si trovano alcuni dei più bei “parchi delle stelle” istituiti secondo i parametri dell’International Dark Sky Association. Nata nel 1988 a Tucson, tra i cactus centenari del Sonora Desert in Arizona, referente tecnico del Committee on the Peaceful Uses of Outer Space delle Nazioni Unite, l’IDA ha lanciato nel 2001 il programma di tutela Dark Sky Places che conta attualmente 158 siti. Nel 2007, l’associazione ha individuato nel Natural Bridges National Monument dello Utah il suo primo parco delle stelle. Allo “Yellowstone” del cielo notturno seguì, l’anno dopo, la prima Dark Sky Reserve, il Mont-Mégantic National Park nel Québec, e il primo santuario, la designazione di massima tutela data all’AURA Observatory del Cile nel 2015.
Domani la Grande Congiunzione
In Europa, dal 2013, brilla la stella dell'International Dark Sky Reserve del Pic di Midi, già nel sito Unesco Pyrénées-Mont Perdu e nel Parco Nazionale dei Pirenei. Fondato nel 1873 e fino al 1952 accessibile a piedi o a dorso d'asino, il più antico osservatorio di montagna al mondo è formato da un planetarium, un museo, una base scientifica, un ristorante e camere per la notte. In Italia, è dello scorso settembre la certificazione a valenza annuale Starlight Stellar Park rilasciata dall’Instituto de Astrofisica de Canarias alla frazione di Lignan, nella valle di SaintBarthélemy, dove, dal 2003, opera l’Osservatorio Astronomico della Valle d’Aosta. Una designazione che ha un unico anello debole: né riserva, né parco, il territorio non è soggetto ad alcuna forma di tutela ed è difficile pensare che si possa salvaguardare il cielo senza regolamentare la terra sottostante. Le norme ci sarebbero, in tutte le regioni italiane ad eccezione di Sicilia e Calabria, ma sono per lo più inefficaci e sottoposte a scarsi controlli.
Ce la faranno i borghi delle stelle a spegnere i lampioni inutili, ridurre a 3.000° K la temperatura del colore delle lampadine e a riequilibrare i ritmi circadiani degli abitanti? Per ora si sono dati appuntamento a Ponte in Valtellina, per il primo Festival, il prossimo Solstizio d’estate. Domani invece, nel Solstizio d’inverno, saranno tutti collegati in diretta con i telescopi dell’Hakos Astro Guest Farm, in Namibia, in pieno deserto (bit.ly/congiunzione_giove_saturno, dalle 18.30), per osservare la Grande Congiunzione. Verificatasi, nei calcoli di Keplero, anche nel 7 a.C., fu dal cosmologo interpretata come l’origine del mito della Stella Cometa.
Domani la Grande Congiunzione tra Giove e Saturno, origine del mito della Stella Cometa