Operazioni sospette al test del «vantaggio»
Ci sono ancora molti dubbi sugli obblighi comunicativi previsti dalla direttiva Dac6 Occorre che il beneficio fiscale sia «principale» e quindi quantificabile
Gli obblighi di comunicazione alle autorità fiscali imposti dal Dlgs 100/2020 (di recepimento della direttiva Dac6) sono ancora costellati di dubbi interpretativi. A partire dall’ identificazione del concetto di“vantaggio principale” di natura fiscale.
La Dac 6 prevede che l’ obbligo di comunicazione riguardiqualsiasi« schema, accordo o progetto» che presenti un collegamento tra l’ Italia e una giurisdizione estera. Ma oltre alla natura transfrontalieradel meccanismo, è richiesta la presenza di almeno una trale circostanze giuridiche o fattuali elencate nell’ allegato alla direttiva. Si tratta degli elementi distintivi( hall marks)r aggruppati in quattro categorie e concepiti come «indici del rischio» di elusione o evasionefiscale. Qui entra in gioco il concetto di vantaggio principale.
Il test del vantaggio fiscale
Qualora il meccanismo transfrontaliero sia connotato dalla presenza di determinati hall marks, è necessario verificare che, nel caso concreto, si realizzitest del vantaggio principale. Questo per tutti gli elementi incl usi nelle categoria A e Be per tre degli elementi della categoria C( come chiarito dal Dm del 17 novembre 2020).
Il testè superato–e il meccanismova comunicato – se «uno tra i vantaggi principali (...) che ragionevolmente ci si attende dal meccanismo, tenuto conto dei fatti e delle circostanze», ha natura fiscale. Un’ affermazione da cui è possibile trarre cinque conclusioni.
1. Si delinea una struttura oligarchica in cui, tra molti vantaggi, un gruppo ristretto riveste natura “principale”. Il vantaggio fiscale non deve necessariamente essere preponderante, ma può essere un primus inter pares.
2. Il vantaggio non deve essere direttamente conseguibile dall’attuazione del meccanismo, potendo essere anche oggetto di aspettativa, previsione, auspicio.
3. L’aspettativa deve essere “ragionevole”, ovvero orientata a criteri di razionalità economica.
4. I criteri devono essere valutati non in astratto, ma alla luce delle circostanze del caso di specie.
5. Il ricorso al “si” impersonale sembra suggerire che il vantaggio possa essere “ragionevolmente atteso” da una qualsiasi delle parti del meccanismo transfrontaliero.
Le complicazioni del decreto
Il Dm chiamato a dettare i criteri per l’ identificazione del“vantaggio fiscale” sembra avere accentuato il livello di complessità. Impone, infatti, che a tutti i vantaggi conseguibili dall’attuazione del meccanismo debba essere attribuito un valore monetario. Se il vantaggio fiscale vale più del 50% della somma di tutti i vantaggi( anche extra fiscali ), scatta l’ obbligo di comunicare.
Quanto al vantaggio fiscale, esso sarà dato dalla differenza tra l’onere fiscale derivante dal meccanismo e le imposte che sarebbero dovute se il meccanismo non fosse stato concluso. Trattandosi di un vantaggio oggetto di “ragionevole aspettativa ”, è dubbiose il calcolo debba essere svolto in termini“figurativi” oppure se la stima debba tenere conto delle circostanze concrete( co mela possibilità di utilizzare perdite fiscali pregresse ).
Inoltre, nonostante i passi avanti sull’ individuazione della“liceità” del vantaggio fiscale, rinvenibili nelle disposizioni an ti abuso, tale qualificazione alla Dac6n on sembra importare ai fini della comunicazione. Come adire chela liceità o meno sarà valutata dalle autorità.
La valutazione extrafiscale
Quanto ai vantaggi extrafiscali, desta perplessità la limitazione a quelli“quantificabili”. Alcuni vantaggi, infatti, non si esprimono in termini economici immediatamente tangibili( si pensi a semplificazionidi natura organizzativa o gestionale ): non vanno quindi considerati? Se così fosse, il Dm introdurrebbe un limite assente nella norma primaria. E come fare, poi, una quantificazione che possa risultare attendibile e non arbitraria? Come prevenire il rischio che il Fisco possa contestare che il valore del vantaggio extrafiscale è stato“gonfiato” per escludere l’ obbligo di comunicazione?
La scelta di ridurre in termini quantitativi un giudizio che il testo della direttiva sembra declinare su un piano giuridico e qualitativo non convince, perché introduce difficoltà operative e inasprisce gli oneri di compliance. L’ assetto potrebbe indurre gli operatoria decide redi comunicare“a prescindere”, sia per evitare d’ incorrere in onerosi calcoli prospettici, sia per prevenire il rischi odi errori e sanzioni.