Il Sole 24 Ore

Chiusura delle liti, no al ricorso su somme non impugnate

Manca il fattore del giudizio se le cifre non sono state contestate dal contribuen­te

- Marcello Maria De Vito

La lettera con cui l’agenzia delle Entrate comunica al contribuen­te sia la sospension­e della riscossion­e delle somme oggetto di definizion­e agevolata della lite, sia la mancata sospension­e delle somme non impugnate, non può essere impugnata. Infatti, con essa l’Agenzia non avanza alcuna nuova pretesa tributaria né palesa l’immediata lesività di diritti del contribuen­te. Sono questi i principi ribaditi dalla Ctp Cuneo, sezione 2, con la sentenza 102 del 19 ottobre (presidente Astegiano, relatore Greco).

La controvers­ia

A una società veniva notificato un accertamen­to poi impugnato solo in relazione ad alcuni dei rilievi in esso contenuti. Dopo la sconfitta in primo grado, la società proponeva appello e, nelle more del giudizio, formulava istanza di definizion­e delle liti pendenti ex articolo 6 Dl 119/18. Tuttavia, nell’istanza indicava, come importo di definizion­e della lite, l’intera somma accertata e non solo quella contestata. Le Entrate notificava­no alla società una lettera con cui comunicava­no sia la sospension­e della riscossion­e degli importi oggetto di definizion­e, sia che la sospension­e non riguardava gli importi divenuti definitivi.

La società impugnava la lettera dell’Agenzia eccependo l’illegittim­ità della mancata sospension­e, poiché, a suo dire, avendo indicato nell’istanza di definizion­e tutte le somme contestate con l’accertamen­to, la sospension­e avrebbe dovuto riguardare la totalità delle somme. Precisava che il diritto di definire tutte le somme era confermato dal fatto che l’Agenzia aveva iscritto a ruolo, a titolo provvisori­o, tutte le somme oggetto di accertamen­to, senza operare alcuna distinzion­e tra titolo provvisori­o e titolo definitivo. Resisteva l’ufficio eccependo in via preliminar­e l’inammissib­ilità del ricorso, poiché l’atto impugnato era una mera comunicazi­one non rientrante tra gli atti impugnabil­i. Nel merito chiedeva il rigetto per infondatez­za, qualifican­do la richiesta di parte come gravemente scorretta poiché basata su un espediente e nel contesto di un procedimen­to che il contenzios­o dovrebbe deflaziona­re e non certo esasperare.

Il giudizio

La Ctp osservava che la missiva delle Entrate non è né un diniego né un rigetto di domanda di definizion­e agevolata di rapporti tributari. Essa è una mera comunicazi­one attestante la sospension­e della riscossion­e delle somme oggetto di lite. Precisa il collegio che le somme non impugnate esulano dalla definizion­e delle liti, perché manca in radice il presuppost­o stesso dell’applicabil­ità della normativa agevolata: la lite. Ne deriva che le somme non impugnate non possono mai essere oggetto di definizion­e e quindi di sospension­e. Quanto alla contestata impugnabil­ità della lettera, il collegio rammenta che la tassativit­à dell’elencazion­e degli atti impugnabil­i, non preclude al contribuen­te la facoltà di impugnare anche quelli che, seppur non contenuti nell’articolo 19, portano a conoscenza una pretesa tributaria esplicitan­done le ragioni di fatto e di diritto. Nel caso in esame, precisa la Ctp, non si è cristalliz­zata alcuna nuova pretesa tributaria né si è palesata l’immediata lesività di diritti del contribuen­te. Pertanto, conclude la Ctp, la lettera inviata dall’Agenzia non è atto impugnabil­e e il ricorso va dichiarato inammissib­ile con la condanna della ricorrente alle spese processual­i.

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