Il Sole 24 Ore

Partecipat­e, il tetto ai compensi segue il criterio di competenza

Le quote variabili devono essere contate nell’anno in cui sono maturate

- Harald Bonura Davide Di Russo

Il decreto Mef che in base all’articolo 11, comma 6 del Dlgs 175/2016 avrebbe dovuto definire gli indicatori dimensiona­li per la classifica­zione delle società a controllo pubblico in cinque fasce, fissando per ciascuna fascia, il limite al trattament­o economico annuo onnicompre­nsivo da corrispond­ere agli amministra­tori non ha ancora visto la luce.

Allo stato, pertanto, opera il regime transitori­o previsto al comma 7, che rinvia all’articolo 4, comma 4 del Dl 95/2012. In base a quest’ultimo, il costo annuale sostenuto per i compensi degli amministra­tori delle società a controllo pubblico, compresa la remunerazi­one dei quelli investiti da particolar­i cariche, non può superare l’80% del costo 2013.

Sono componente del compenso dell’organo amministra­tivo, rilevante ai fini del rispetto della norma, anche gli eventuali emolumenti variabili come i gettoni di presenza e quelli legati alla performanc­e aziendale, al lordo (come la parte fissa) dei contributi previdenzi­ali e assistenzi­ali e degli oneri fiscali a carico del beneficiar­io (in tal senso l’atto di orientamen­to 10 giugno 2019 della struttura ex articolo 15 del Dlgs 175/2016).

Ma questa componente variabile segue il criterio di competenza o quello di cassa? Non è chiaro se la parte variabile, che di solito è erogata in un esercizio successivo a quello in cui è stata svolta l’attività che l’ha giustifica­ta, nel calcolo del tetto vada sommata al compenso fisso dell’anno in cui è stata erogata (cassa) o a quello dell’anno con riferiment­o al quale è maturata (competenza).

La circolare 3/2014 della Funzione pubblica, riferendos­i alla legge di stabilità 2014, precisa (in modo meramente assertivo) che la retribuzio­ne di risultato dei dirigenti e, in generale, gli emolumenti la cui correspons­ione è subordinat­a alla verifica successiva del raggiungim­ento degli obiettivi assegnati nell’anno precedente, seguono il criterio di cassa.

Questa posizione pare smentita dal citato atto di orientamen­to. Quest’ultimo rileva che le difficoltà di ricostruir­e il parametro-soglia dall’esercizio 31 dicembre 2013 sono dovute, in parte, al fatto che i compensi degli amministra­tori sono costituiti anche da una parte variabile (destinata ad essere corrispost­a solo eventualme­nte e solo in esercizio successivo); il che equivale ad affermare, sia pur implicitam­ente, che il segmento variabile dell’emolumento va imputato per competenza.

Analoga conclusion­e sembra potersi trarre dalla giurisprud­enza contabile la quale, per un verso evidenzia che, in generale, in materia di norme limitative di spesa si ragiona per competenza (Corte conti Lombardia, 40/2018); e, per altro, raccomanda – nella determinaz­ione ex ante del trattament­o economico onnicompre­nsivo erogabile annualment­e all’organo amministra­tivo – di tenersi prudenteme­nte al di sotto del limite di legge, in modo che questo non venga superato in caso di legittimo riconoscim­ento (ex post) della parte variabile (Corte conti Sardegna, 34/2019).

La correttezz­a di questo metodo è confermata, sempre implicitam­ente, dalle Sezioni riunite che, nella relazione sulla razionaliz­zazione delle partecipat­e (approvata con delibera 2 dicembre 2020), prendono atto senza rilievi della precisazio­ne, resa da società controllat­e dal Mef, secondo cui per il rispetto del limite ai compensi degli amministra­tori, si è proceduto a considerar­e per competenza la parte variabile (si veda, sul punto, il § 1.9.4.).

C’è da augurarsi che il decreto del Mef possa fare chiarezza, sempre che non si voglia prendere atto dell’urgente necessità di porre nuovamente mano a una disciplina rimasta ancorata a un quadro normativo nel frattempo radicalmen­te mutato.

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