Dodici mesi per integrare la successione incompleta
A seguito di una successione testamentaria, gli eredi, trovandosi in contrasto fra loro, vorrebbero presentare una successione parziale ciascuno per la propria quota.
Essendo la divisione già realizzata da testamento, è possibile una tale fattispecie? In caso contrario, quali sono le sanzioni comminate dall’agenzia delle Entrate per una successione parziale incompleta? Vengono comminate al singolo erede o a tutti gli eredi? Può essere contestata una dichiarazione infedele con la sanzione dal 100 al 200% della maggiore imposta non versata?
F.L. - FOGGIA
La fattispecie in esame, dalla descrizione fatta, sembra integrare una ipotesi di cosiddetta institutio ex re certa: pur se normalmente il lascito di uno specifico bene configura un legato, quando il testatore – anziché indicare una frazione aritmetica del proprio patrimonio – fa riferimento a determinati beni o a un complesso di beni, con l’intenzione di assegnarli come quota dell’intero asse ereditario, realizza una istituzione di erede (articolo 588 del Codice civile).
Le conseguenze, anche sul piano fiscale, sono rilevanti. Mentre per gli eredi c’è responsabilità solidale quanto al pagamento dell’imposta di successione complessivamente dovuta, i legatari rispondono nei limiti dei rispettivi legati (articolo 36 del Dlgs 346/1990).
Fatte queste premesse, nulla esclude che si presenti una successione oggettivamente parziale, nella consapevolezza che la medesima – se non integrata entro 12 mesi dalla data di apertura della successione (articolo 31, comma I, del Dlgs 346/1990) – si configura come “dichiarazione incompleta” (articolo 32, comma II, del Dlgs 346/1990), per la quale, pur mancando una sanzione espressa, si ritiene – secondo una certa interpretazione – applicabile l’articolo 51 del Dlgs 346/1990 (sanzione amministrativa dal 100 al 200% della differenza di imposta).