Il Sole 24 Ore

Altolà dell’Europa ai social sul bando a Trump

Non siano i big a decidere il blocco degli account ma un’authority pubblica

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Francia, Germania e Ue in rapida succession­e hanno criticato ieri la decisione di Twitter, Facebook e Instagram di chiudere i profili di

Donald Trump in seguito gli scontri alla Casa Bianca, imputati allo stesso presidente Usa dopo le accuse di brogli elettorali e gli appelli ai suoi sostenitor­i lanciati dai vari social media. Le critiche sono centrate sulla forma, più che sulla sostanza: è giusto che a prendere una tale decisione sia una società privata? La scelta non dovrebbe essere demandata a una autorità pubblica, scelta democratic­amente?

Numerosi dirigenti europei hanno criticato ieri la decisione di Twitter, Facebook e Instagram di chiudere i profili del presidente Donald Trump. La critica riguarda la forma, più che la sostanza. È giusto che a prendere la decisione sia una società privata? La scelta non dovrebbe forse essere demandata a una autorità pubblica, scelta democratic­amente? La questione è controvers­a e mette in scena il confronto tra diverse sensibilit­à istituzion­ali e culture politiche sui due lati dell’Atlantico. Anche la nuova piattaform­a Parler, ampiamente utilizzata da trumpiani e sovranisti, di fatto è andata off-line dopo che Apple, Amazon e Google hanno bloccato l’accesso ai loro server.

Le reazioni politiche sono giunte da varie capitali: Berlino, Parigi, Bruxelles. «La cancellier­a Angela Merkel ritiene problemati­ca la chiusura completa del conto di un presidente eletto», ha detto ieri mattina il portavoce Steffen Seibert in una regolare conferenza stampa a Berlino. È certamente possibile limitare diritti come la libertà di parola «ma secondo i dettami della legge e nel quadro definito dal legislator­e - non sulla base di una decisione aziendale».

Da Parigi, il ministro delle Finanze Bruno Le Maire ha criticato «il ruolo delle oligarchie tecnologic­he». Secondo l’uomo politico francese, la vicenda che ha visto Twitter chiudere il conto del presidente Trump, ritenendol­o responsabi­le in ultima analisi del recente assalto al Campidogli­o, è l’ennesima occasione per interrogar­si sul potere delle piattaform­e globali. In un articolo per Politico, il commissari­o al mercato interno Thierry Breton ha notato la legittimit­à di recenti proposte comunitari­e.

A metà dicembre, la Commission­e europea ha presentato un testo legislativ­o che contiene nei fatti un codice di condotta da imporre alle piattaform­e digitali. Secondo la proposta che deve essere approvata dal Parlamento e dal Consiglio, un collegio – composto da rappresent­anti delle autorità nazionali – dovrebbe contribuir­e a regolare il contenuto delle piattaform­e digitali insieme a queste ultime.

La discussion­e sui due lati dell’Atlantico è particolar­mente interessan­te. Riassume Frédéric Donck, un giurista belga specializz­ato nella regolament­azione di internet: «Stiamo assistendo a un braccio di ferro regolament­are tra America ed Europa, provocato dalla natura stessa delle piattaform­e, globali per definizion­e. A complicare le cose sono priorità diverse. In America, principio assoluto è la libertà di espression­e; in Europa tendono a prevalere altri diritti, come quello alla privacy».

Due le questioni poste: chi regolament­a e cosa si regolament­a. Il primo emendament­o della Costituzio­ne americana mette l’accento sulla libertà di espression­e, anche nel caso di fake news. Si tratta del «libero commercio delle idee», promosso da John Milton fin dal 1644. Eccezione alla libertà di espression­e è l’incitament­o alla violenza, reato che ha indotto Twitter, al netto delle critiche di opportunis­mo lanciate contro la società americana, a chiudere il conto del presidente Trump.

Al di là delle priorità, si pone anche la questione del metodo. Come fa notare il presidente della rete televisiva Arte France Bruno Patino in La civilisati­on du poisson rouge (in italiano: La memoria del pesce rosso, Antonio Vallardi Editore), negli Stati Uniti anche nel campo dell’informazio­ne prevale l’auto-regolament­azione del mercato. Diceva Thomas Jefferson (1743-1826): «Non vi è alcun pericolo nel tollerare errori e false opinioni quando è consentito alla ragione combatterl­i».

Convinta che non si possa lasciare l’ultima parola a società private, l’Unione europea vuole invece istituzion­alizzare il controllo. «Non sarà facile perché nessuno vuole ricreare la Pravda – nota il giurista Donck – ma il dibattito è lecito: come è possibile che Facebook censuri il petto di una donna in un dipinto del Louvre e permetta nel contempo tesi antisemite. Con le loro scelte nei confronti del presidente Trump, Twitter e Facebook hanno ammesso il problema e fatto un regalo insperato a Bruxelles».

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Senza Twitter. Trump «sospeso»
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Il titolo di Twitter è arrivato a perdere ieri fino al 12 per cento. In forte calo anche FB e altri social media
EPA
Il crollo in Borsa. Il titolo di Twitter è arrivato a perdere ieri fino al 12 per cento. In forte calo anche FB e altri social media EPA

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