Il Sole 24 Ore

Scuola, scontro nel governo e studenti in piazza

Azzolina attacca le regioni Zingaretti: dalla ministra nessuna soluzione

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Ieri su 15 regioni gialle che avrebbero potuto riaprire le scuole superiori al 50%, solo tre hanno riammesso in classe gli studenti: Abruzzo, Toscana e Val d’Aosta. Le altre 12 hanno rinviato. Una decisione che ha scatenato gli studenti, scesi in piazza da Nord a Sud per manifestar­e il loro dissenso contro il prolungame­nto della didattica a distanza.

Una manifestaz­ione che ha ricevuto la “solidariet­à” della ministra dell’Istruzione Lucia Azzolina. «Capisco i ragazzi: il diritto all’istruzione è essenziale, sarei anch’io arrabbiata. Io ho il dovere di dire loro che il governo ha fatto tutto quello che doveva per il rientro a scuola. A maggio 2020 i medici mi scrivevano per chiedere di lasciare chiusa la scuola e così è stato, oggi ricevo lettere di tanti medici che mi chiedono di aprire le scuole: vedono le difficoltà dei loro figli. Ieri sera ho ricevuto la lettera di un anestesist­a».

Sostegno agli studenti attacco alle Regioni che hanno deciso il rinvio. «Da parte mia non vuole esserci polemica con le Regioni - argomenta Azzolina -. Ma bisogna dire quelli che sono i fatti: volevamo riaprire le scuole il 9 dicembre, qualcuno ci disse no, ma le attività produttive sono partite. Il 23 dicembre si è stipulata un’intesa all’unanimità con le Regioni che hanno garantito che al 50% le scuole superiori sarebbero rientrate. È partito un lavoro immane nei tavoli con i prefetti e sono stati previsti molti bus in più. A inizio gennaio molti presidenti di Regione hanno detto che erano addirittur­a pronti a far rientrare il 75% dei ragazzi in aula. Ci sono regioni che hanno lavorato bene come la Toscana, noi al ministero abbiamo monitorato tutto, abbiamo fatto informativ­e; il lavoro fatto dai dirigenti scolastici è stato encomiabil­e. È difficile per gli studenti comprender­e perché oggi non si riapre: hanno ragione, capisco le loro frustrazio­ni, la scuola è un diritto costituzio­nale se a me avessero tolto la scuola non sarei probabilme­nte qui».

Parole che non sono piaciute a Nicola Zingaretti, governator­e del Lazio (che ha rinviato il rientro in presenza dei licei al 18 gennaio) ma anche segretario del Pd e quindi alleato di governo della ministra Azzolina. «Tutti vogliamo che la scuola riapra. Non ci si divida su questo. L’Italia non merita un tale spettacolo - scrive in una nota Zingaretti -. Oggi, la curva non si è arrestata. Anzi

è in aumento. Deve essere chiaro che l’apertura in presenza delle scuole porterà ad un ulteriore aumento della curva ed è molto probabile che presto molte aree torneranno in zona rossa. Questo deve essere ben chiaro a tutti e a tutte, senza ipocrisie o silenzi». Poi l’affondo contro Azzolina: «Anche i membri del governo che intervengo­no senza offrire soluzioni non si rendono conto che in primo luogo danneggian­o il governo di cui fanno parte».

L’incertezza che domina sul rientro in classe in presenza viene poi deprecata da un altro alleato di governo: Italia viva. «Si è discusso in Cdm dalle 21 all'1 di notte se aprire il 7 o l’11 le scuole mentre ancora oggi c’è incertezza: possiamo dire che è indecente?» tuona Teresa Bellanova. Intanto nelle piazze di tutta Italia risuonano slogan e cartelloni anti-Dad.

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Ieri di scena la protesta contro la didattica a distanza
IPP Studenti in piazza. Ieri di scena la protesta contro la didattica a distanza

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