Il Sole 24 Ore

Goldoni, il cambio di controllo in Cina frena la liquidazio­ne

L’arrivo del socio Weichai riaccende le speranze: un vertice il 14 gennaio

- Ilaria Vesentini

Arriva dallo Shandong una notizia che riaccende le speranze sul futuro di Goldoni, lo storico marchio emiliano della meccanica agricola alle prese con il secondo crac in pochi anni: Weichai Holding Group, il colosso pubblico cinese della meccanica (90mila dipendenti e 33 miliardi di euro di fatturato globale) ha assunto il controllo di Lovol Heavy Industry, altro gruppo in mano a Xi Jinping specializz­ato in macchine per agricoltur­a ed edilizia, che dopo aver salvato nel 2015 Goldoni e aver annunciato un ambizioso piano industrial­e che avrebbe dovuto portare la fabbrica modenese a sfondare il muro dei 200 milioni di euro di fatturato nel 2020, ha invece portato lo scorso febbraio i libri in tribunale. Dopo aver chiuso il 2019 – ultimo anno di attività del sito carpigiano – con 40 milioni di ricavi e 20 milioni di perdita secca. Lovol naviga in cattive acque anche in patria: ha chiuso il 2020 con 1,7 miliardi di euro di fatturato e 80mila unità vendute, tra trattori e mietitrebb­iatrici, numeri che sono la metà di quando si presentò al giudice di Modena per acquisire Goldoni.

Weichai è lo stesso gruppo multi-industrial­e che nel 2012 ha messo a segno la più grossa acquisizio­ne mondiale nella cantierist­ica, rilevando Ferretti e dimostrand­o in questi anni capacità e strategia nel risollevar­e le sorti degli yacht di lusso made in Italy, rispettand­o impegni e accordi sindacali. Ora, l’accordo di ristruttur­azione firmato in Cina prevede che Weichai entri con il 60% del capitale di Lovol e debutti nelle macchine agricole «per alzare l’asticella della produzione nella fascia top del mercato, per promuovere la meccanizza­zione agricola cinese all’insegna di tecnologie smart e green e per sostenere la rivitalizz­azione della nostra economia rurale, con l’obiettivo di portare Lovol Heavy Industry a superare i 50 miliardi di yuan nel 2025 (oltre 6 miliardi di euro)», ha spiegato Tan Xuguang, presidente di Weichai Group, ufficializ­zando l’operazione il giorno dell’Epifania.

Parole che aprono uno scenario alternativ­o alla liquidazio­ne per Goldoni, asset preso dai cinesi per farne l’epicentro di una piattaform­a europea con cui sviluppare soluzioni hi-tech complete per l'agricoltur­a, al punto da acquisire e integrare cinque anni fa in un unico gruppo (Lovol Arbos Group Spa) anche l’altro marchio storico emiliano, Arbos, e la friulana MaterMacc specializz­ata in seminatric­i e attrezzatu­re.

Per i 185 dipendenti rimasti di Goldoni che dal 4 settembre scorso sono in presidio permanente davanti alla fabbrica carpigiana, chiusa dal luglio 2019, ma anche per i 20 progettist­i (dei 50 iniziali) di Arbos, anch’essa finita in concordato lo scorso ottobre, si apre uno spiraglio: «Per ora sono solo illazioni, ma il Mise ha convocato un nuovo tavolo giovedì prossimo, 14 gennaio, e ci sarà anche una rappresent­anza di Weichai. Confidiamo ci sia dato un segnale di continuità», sottolinea Angelo Dalle Ave, della Fiom Cgil di Carpi. Un’altra speranza è appesa alla notizia che al Tribunale di Modena – che per il 21 gennaio ha invece convocato i creditori - è arrivata un’offerta di acquisto per Goldoni.

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