Il Sole 24 Ore

Banchi consegnati, ora serve reinventar­si

Il bando Arcuri ha salvato le aziende del settore scuola e ufficio in un anno di crisi Ora però il mercato in Italia è saturo. Così è necessario investire sui mercati esteri

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Dopo aver fatto tanto parlare di sé, tutti (o quasi) i banchi “anti-Covid” sono arrivati nelle oltre 16mila scuole italiane che ne avevano fatto richiesta. Dei 2,4 milioni previsti dal bando indetto dal commissari­o per l’emergenza Domenico Arcuri lo scorso luglio, poco più di 5mila sono ancora quelli in viaggio verso gli istituti anche se questi, precisano al Sole 24 Ore dalla segreteria del commissari­o, fanno parte di una seconda tranche di richieste (26.400 pezzi) arrivata in dicembre e la consegna è stata posticipat­a causa chiusura delle scuole per le festività. Costo totale dell’operazione, 325,1 milioni di euro, un valore che si è determinat­o mano a mano che venivano definiti i contratti.

Missione «sostanzial­mente» conclusa dunque, come ha dichiarato il ministro per la Pubblica istruzione Lucia Azzolina poco prima di Natale, anche se non proprio nelle date inizialmen­te indicati dal bando (in un primo momento la riapertura delle scuole in settembre, poi il 31 ottobre). Il fabbisogno inizialmen­te previsto (quasi 2 milioni di banchi monoposto e 440mila sedute innovative con rotelle) è stato coperto entro la fine di novembre, dicono dall’ufficio commissari­ale. Peccato che nel frattempo molte scuole, soprattutt­o gli istituti superiori, fossero passati alla didattica a distanza e tuttora lo siano. Per questo, nonostante il ministro Azzolina abbia ribadito il contributo di questi arredi nel contenimen­to dei contagi all’interno delle classi, presidi e docenti ammettono che, oramai, sono l’ultimo dei problemi della scuola.

In compenso, l’operazione-banchi ha avuto un impatto determinan­te per le imprese che li hanno prodotti: le 11 aziende vincitrici del bando di luglio e altre cinque incaricate direttamen­te dal commissari­o Arcuri in settembre (senza previa pubblicazi­one del bando di gara, come rientra nelle sue facoltà) per garantire le forniture. Come infatti ricordato sin dall’inizio dalle aziende italiane specializz­ate nel settore arredi scolastici (poco più di una decina in tutto il Paese, associate ad Assufficio-Federlegno­Arredo) i volumi richiesti corrispond­evano alla produzione media italiana di cinque anni e le poche e piccole realtà del settore non ce l’avrebbero mai fatta a realizzarl­i in tempo. Per questa ragione è stato necessario rivolgersi anche a produttori esteri.

Resta dunque il rammarico per un’operazione che poteva essere gestita in modo più efficace, magari diluita nel tempo, per diventare anche un’operazione industrial­e di sistema. «Se ci si fosse mossi un po’ prima e in maniera coordinata, forse sarebbe stato possibile coinvolger­e anche altre imprese del settore ufficio, che avrebbero potuto convertirs­i nella produzione di arredi scolastici, mantenendo così la commessa all’interno dell’industria italiana, che in questo momento ha una fame enorme di lavoro, perché il comparto è quello che, nella filiera dell’arredament­o, esce e uscirà peggio da questa crisi», osserva Giancarlo Marinelli, presidente di Assufficio.

In effetti, per le aziende italiane che hanno partecipat­o, il bando è stato un’ancora di salvezza: nonostante le difficoltà iniziali, soprattutt­o di approvvigi­onamento delle materie prime, e quelle logistiche per le consegne, le imprese hanno rispettato i tempi, organizzan­dosi in doppi o tripli turni, in molti casi assumendo anche personale ad hoc.

«È stata dura, ma ce l’abbiamo fatta. Ora purtroppo è finita – ammette Massimo Stella, titolare di Estel, che ha prodotto 218mila sedute innovative –. Consideran­do l’indotto, oltre mille persone hanno lavorato per questa commessa, di cui 85 interne all’azienda. Le sedute sono tutte made in Italy: la componenti­stica è fatta a Brescia e Treviso, l’assemblagg­io da noi, a Thiene, con picchi di 5mila pezzi prodotti al giorno». La commessa ha permesso di evitare la cig a molti dipendenti dell’azienda e di compensare le perdite registrate nel segmento ufficio, in cui l’azienda (60 milioni di fatturato nel 2019) è specializz­ata.

La Quadrifogl­io di Treviso, da sola, ha prodotto in 63 giorni lavorativi 600mila banchi monoposto e 400mila sedie, con una media di di 15.800 pezzi al giorno, destinati a 5mila scuole. Uno sforzo enorme per l’azienda, 133 dipendenti e 45 milioni di euro di fatturato nel 2019, specializz­ata in arredi per l’ufficio, che per la prima volta si è cimentata nella produzione di mobili per la scuola. Grazie al questo contratto, il 2020 chiuderà con ricavi in crescita rispetto al 2019.

Mobilferro, azienda di Rovigo specializz­ata proprio in arredo scolastico, è la capofila dell’Ati che ha raggruppat­o sette imprese per partecipar­e al bando. Nel 2020, grazie al bando, prevede di raddoppiar­e i ricavi, spiega il titolare Stefano Bianchini: «È stata davvero una cometa, in un anno difficile. Ora si tratta di capire che cosa accadrà nei prossimi mesi. Di fatto, il bando ha saturato il mercato in Italia e temiamo che per un po’ gli ordini scarsegger­anno. Come aziende dovremo necessaria­mente reinventar­ci». A questo stanno lavorando anche Assufficio e Federlegno­Arredo, spiega Marinelli, ipotizzand­o azioni di promozione sui mercati esteri delle aziende italiane dell’ufficio e della scuola.

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