Ecobonus nelle seconde case, il risparmio è spesso teorico
Il 110% viene concesso indipendentemente dal contesto e dall’uso che viene fatto dell’edificio: si può fruire dell’incentivo sia per condomìni e ville normalmente occupati, sia per le cosiddette “seconde case”.
Se si considera il super sismabonus, non vi è da stupirsi: la sicurezza dell’edificio deve essere garantita sempre, indipendentemente da quanto sia utilizzato (anche perché, si tratta di un aspetto che incide anche su chi si trova nei dintorni del fabbricato, e non solo sugli occupanti diretti).
Edificio poco occupato
La premialità che viene richiesta in ambito super cobonus, ovvero il duplice salto di classe energetica, è invece un elemento “debole”: si garantisce la possibilità di accesso al 110% per interventi di riqualificazione energetica che migliorano sensibilmente l’efficienza energetica di edifici anche qualora siano però scarsamente utilizzati.
Consumo involontario
La prima conseguenza è che il risparmio energetico supposto non sarà sempre riscontrato nella pratica: se un edificio è saltuariamente occupato, i suoi consumi reali si ridurranno percentualmente meno rispetto ad un edificio a occupazione costante. Peraltro, per un edificio saltuariamente occupato, una quota rilevante di spesa energetica è legato al consumo involontario generato dalle dispersioni delle poco coibentate tubazioni di adduzione del fluido termovettore.
Su questo problema difficilmente si riesce a intervenire, in quanto non è cogente (è infatti trainante la sola riqualificazione della centrale termica, e non delle tubazioni che portano i fluidi ai vari piani), ed è spesso tecnicamente complicato da risolvere se le tubazioni corrono nelle murature.
La seconda conseguenza è che il 110% diventa estremamente vantaggioso per le “prime case”, dove si genera un importante risparmio energetico senza alcun investimento monetario, e, viceversa, è fortemente necessario per intervenire su edifici scarsamente abitati in cui il reale risparmio energetico generato non sarebbe sufficiente a giustificare investimenti di riqualificazione se non tramite aliquote di detrazione delle spese superiori alle ordinarie 70-75%.
In entrambe le casistiche, si genera un incremento del valore dell’immobile, con evidente vantaggio per i proprietari. Ma in questo modo, un analogo incentivo genera, a parità di condizioni, effetti positivi differenti e squilibrati da un punto di vista economico ed energetico. Probabilmente, in ottica di proroga al 2023 e oltre, sarebbe opportuno effettuare una attenta analisi economica di costi e benefici, in modo da estendere l’applicazione del 110% a quei casi in cui vi è un concreto e reale risparmio energetico, o, viceversa, a quelli in cui senza l’incentivo non vi sarebbe un effettivo vantaggio economico ad intervenire.