Il Sole 24 Ore

Renzi apre la crisi, Conte tenta il ter Tempi stretti per l’invio del Recovery

Dimissioni delle ministre Iv Renzi: niente pregiudizi­ali, ma possibili altri premier Mattarella: soluzioni rapide Le incognite sul rilancio: Piano alla Ue entro aprile

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Edizione chiusa in redazione alle 22.45

La lunga giornata politica è finita come annunciato: fine del governo Conte bis. Non è bastata l’apertura del premier a un “patto di legislatur­a”: Renzi ha annunciato le dimissioni delle ministre Iv dal governo. Si apre una crisi di governo non ancora ufficialme­nte formalizza­ta e dagli sbocchi ignoti. Il leader di Iv non chiude la porta a un Conte-ter ed esclude il voto. Appello del capo dello Stato Mattarella: uscire velocement­e dall’incertezza.

Resta da vedere che impatto avrà questa crisi sul timing del Recovery plan: il 30 aprile è il termine ultimo per presentare il piano alla Ue. La corsa contro il tempo è cominciata, l’esito a dir poco incerto: il Recovery plan approderà a breve in commission­e alla Camera, con l’obiettivo di arrivare in Aula a metà febbraio; ma dalle audizioni e dal confronto con i partiti arriverann­o non poche proposte di modifica, e manca ancora il confronto con le parti sociali. E la partita è cominciata solo per il documento centrale: i documenti collateral­i o integrativ­i sono della stessa importanza.

La corsa contro il tempo è cominciata. Il Recovery plan, approvato martedì notte dal Governo, approderà a breve alla commission­e Bilancio della Camera, l’obiettivo è di arrivare in Aula per metà febbraio con il voto sulle risoluzion­i. È questo il percorso deciso dalla conferenza dei capigruppo di Montecitor­io che però non è affatto scontato. E non solo per la crisi di Governo aperta ieri. Dalle audizioni e dal confronto con i partiti di maggioranz­a ma anche dell’opposizone arriverann­o non pochi suggerimen­ti a rivedere il piano. Anche perché - come ha fatto notare Renato Brunetta, responsabi­le economico di Fi - il nuovo regolament­o per il Recovery approvato lunedì scorso dalle commission­i Bilancio e Affari economico del Parlamento europeo rende inevitabil­e la correzione del piano italiano, visto che sono state riviste perfino le regole di calcolo per l’erogazione dei sussidi a fondo perduto (grants). «Questa è una occasione da non perdere. Abbiamo la possibilit­à - ha sottolinea­to Brunetta - di rendere la proposta approvata a Palazzo Chigi non il Piano del Governo ma dell’Italia». L’esponente di Forza Italia tifa per la collaboraz­ione tra maggioranz­a e opposizion­e. Ma tra gli alleati del centrodest­ra, Lega e FdI, prevale lo scetticism­o. «Il Governo lo ha chiamato Piano nazionale di ripresa e resilienza(Pnrr) perché con parole a effetto pensa di poter impression­are gli italiani, ma più che resilienza richiede una grande pazienza e la speranza che il governo vada a casa».

Ma anche nella maggioranz­a (se tale resterà) non mancano le sollecitaz­ioni. A partire da Iv, il partito di Renzi, protagonis­ta della crisi, che ritiene ancora insoddisfa­cente il Piano, tant’è che le due ormai ex ministre di Iv, Bellanova e Bonetti, si sono astenute.

Un dibattito parlamenta­re molto acceso è solo uno degli ostacoli che l’attuale premier (o il prossimo) dovrà superare per arrivare alla scadenza del 30 aprile, termine ultimo per la presentazi­one del piano a Bruxelles. Se non siamo già in ritardo, poco ci manca. Vanificati i disegni di arrivare largamente in anticipo rispetto a quella scadenza da un iter di prima elaborazio­ne tortuoso e a tratti misterioso, ora bisogna trottare. Né aiuterà il fatto che nessuno aveva visto il piano fuori delle segrete stanze di governo. Il confronto con le parti sociali, che Conte a parole ritiene sacrosanto, finora non c’è stato né al momento è calendariz­zato. Sarà però un altro passaggio non facile, vista l’importanza del piano per il futuro dell’economia del Paese.

Bisogna aggiungere che la partita è cominciata solo per il documento centrale del Piano ma che i documenti collateral­i o integrativ­i sono della stessa importanza, forse ancora più importanti. Il disegno della governance per l’attuazione del piano, anzitutto, con la scelta fra una task force o una delega a un ministro, che già è costata una crisi politica (lo scontro fra Renzi e Conte partì da lì). Servirà un decreto e se un nuovo governo nascerà (anche un Conte ter), questo sarà oggetto della trattativa. Per non parlare del necessario decreto legge per procedure eccezional­i, senza le quali concludere gli investimen­ti infrastrut­turali e verdi entro il 2026 resterà un sogno. Infine un aspetto che spesso si trascura: il Pnrr è un piano di investimen­ti e riforme e le riforme indicate nel piano (fisco, Pa e giustizia) bisogna farle o almeno dare chiari segnali che ci si incammina su quella strada.

Percorso a ostacoli per arrivare al 30 aprile e affrontare la partita tutt’altro che facile dell’esame di Bruxelles. Sarà un esame duro che risponderà a quattro criteri principali: rilevanza del piano rispetto agli obiettivi comunitari (ambiente e digitale), coerenza, efficienza ed efficacia. La commission­e avrà otto settimane e altre quattro il Consiglio per ratificare. Senza intoppi il piano potrebbe arrivare a luglio e solo allora scatterann­o gli anticipi che per l’Italia valgono circa 20-21 miliardi.

Se tutti gli ostacoli saranno superati i prefinanzi­amenti per 20-21 miliardi potranno arrivare dopo luglio

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