Il Sole 24 Ore

Barnier: «Brexit? Bene l’accordo ma è una sconfitta per tutti»

«Non è solo un divorzio. È un indebolime­nto per entrambe le parti»

- MICHEL BARNIER

«Brexit? Nonostante l’accordo, abbiamo perso un po’ tutti». Michel Barnier, il capo negoziator­e dell’Unione europea nella lunga ed estenuante trattativa per raggiunger­e con Londra un accordo sulla Brexit, racconta in un’intervista i quattro anni di tiro alla fune con il Regno Unito. Prima per raggiunger­e l’intesa di divorzio, poi quella, in extremis, di dicembre sul commercio. L’esponente francese è convinto che Brexit sia una perdita netta per tutti. «Non è solo un divorzio. È un indebolime­nto per entrambe le parti».

Tre settimane fa, alla vigilia di Natale, Michel Barnier poteva annunciare con malcelata soddisfazi­one di avere concluso dopo quattro lunghi anni il compito al tempo stesso storico e impervio di negoziare con il Regno Unito l’uscita del Paese dall’Unione. Con straordina­rio aplomb, l’uomo politico ha affrontato quattro diversi negoziator­i inglesi e un infuocato clima politico britannico. L’esponente francese, che ha ricevuto unanimi elogi, è convinto che Brexit sia una perdita netta per tutti: sia per i Ventisette che per la Gran Bretagna.

«Nessuno riuscirà a convincerm­i del fatto che vi sia un valore aggiunto in Brexit. Non è solo un divorzio, è un indebolime­nto per entrambe le parti. È sempre meglio rimanere insieme», ha spiegato Barnier, 70 anni, a un gruppo di giornali europei, tra cui Il Sole 24 Ore. Raccontand­o i momenti apicali del doppio negoziato - il primo su un accordo di divorzio, il secondo su un accordo di partenaria­to, Barnier ha citato Pierre MendèsFran­ce (1907-1982) per spiegare lo spirito con cui ha difeso gli interessi europei: «Non bisogna mai sacrificar­e il futuro al presente».

Quale è stato l’elemento più complicato nelle trattative di questi anni?

Normalment­e un trattato commercial­e deve servire a promuovere la convergenz­a tra i firmatari. Il nostro compito invece è stato di padroneggi­are la divergenza regolament­are insita nel momento in cui il Regno Unito ha voluto lasciare l’Unione Europea. Siamo stati quindi costretti, non a eliminare barriere commercial­i, ma a crearne di nuove per garantire l’accesso paritario al mercato (il level playing field, ndr).

A questo proposito: il trattato prevede rimedi nel caso di una eccessiva divergenza regolament­are del Regno Unito rispetto alle regole del mercato unico. Che atteggiame­nto si aspetta da Londra?

Il Regno Unito ha espresso il desiderio di essere autonomo, e ne ha il diritto. La questione è: cosa fare di questa autonomia? I prodotti che entrano nel mercato unico devono rispettare le nostre regole. Se ciò non succede, vi saranno conseguenz­e. Se la legislazio­ne britannica dovesse cambiare e divergere dalla nostra, a rischio sarebbe la competitiv­ità europea. Abbiamo nell’accordo di partenaria­to strumenti per difenderci.

Lei ha citato il particolar­e campo dei pesticidi. Ne vede altri?

L’esempio dei pesticidi non è banale: concerne la salute degli agricoltor­i, dei contadini e dei consumator­i. A seconda di dove mettiamo la soglia, pesticidi possono avere un impatto anche sulla competitiv­ità. Ciò detto, saremo vigili su tutti i fronti, su tutti gli standard, su tutte le regole. Ciò è vero per le norme ambientali, per i servizi finanziari, le regole bancarie. Esaminerem­o tutto molto attentamen­te. La Commission­e si riorganizz­erà con nuovi servizi chiamati a monitorare in modo meticoloso l’applicazio­ne dei due trattati. Sono sicuro che il Regno Unito farà lo stesso. L’importante sarà di dissuadere (la divergenza, ndr) per trovare un equilibrio, puntare da parte di entrambi su un comportame­nto intelligen­te, giusto ed equo.

In queste prime due settimane di Brexit non sono mancati problemi: carenze nell’approvvigi­onamento di merci, code ai confini e altri disturbi, tra i quali la confisca di panini nelle auto britannich­e arrivate per traghetto in Olanda. Saranno disturbi permanenti?

Il Regno Unito è uscito dall’Unione Europea e dal mercato unico. Così ha voluto. Ci stiamo adattando a una nuova situazione. Le turbolenze in parte possono essere spiegate dalle nuove esigenze doganali e procedural­i; e potranno essere risolte col tempo. Ciò detto, le cose sono cambiate. Gli alimenti, i prodotti per animali, le piante devono essere controllat­i sui due lati della frontiera. Stiamo assistendo alle conseguenz­e automatich­e, direi meccaniche, di Brexit.

All’inizio delle trattative, molti temevano divisioni tra i Ventisette. Non solo lei è riuscito a evitarle, ma la coesione tra i Paesi membri sembra essersi rafforzata. Come è stato possibile?

La solidariet­à tra i Ventisette è stata uno dei miei principi-guida. Abbiamo preso in conto le preoccupaz­ioni e gli interessi di tutti i Paesi membri. Faccio alcuni esempi: le basi militari britannich­e a Cipro; il rapporto tra la Spagna e Gibilterra; le preoccupaz­ioni finlandesi sul fronte dell’aviazione; gli interessi nella pesca di otto Paesi affacciati sul Mare del Nord; e naturalmen­te la necessità di garantire la pace nell’isola di Irlanda. Per garantire solidariet­à e coesione, abbiamo giocato la carta della trasparenz­a totale. Nel contempo, ci siamo dati un obiettivo comune: difendere il mercato unico, un eco-sistema con le proprie regole, le proprie istituzion­i e la propria Corte. Il mercato unico è lo strumento che ci permette di competere a livello globale.

Vi sono stati momenti in cui la coesione tra i Ventisette è stata a rischio?

Una volta che ci siamo accordati sulla nostra posizione negoziale nel 2017 l’unità è stata totale. Ancora una volta: perché abbiamo lavorato in piena trasparenz­a, per garantire piena fiducia (…) Vi sono state occasioni in cui i negoziator­i britannici hanno tentato di dividerci; ma senza successo. Siamo rimasti uniti. Nel corso del negoziato, siamo sempre stati fermi e leali, determinat­i nel difendere gli interessi europei. Abbiamo cercato di evitare emozioni e passioni, negoziando sulla base di cifre, testi e fatti.

Ha talvolta temuto il peggio, un tracollo dei negoziati?

Un momento difficile è stato quando il governo May non riusciva a fare approvare l’accordo di divorzio da Westminste­r. Ricordo che Boris Johnson diventò primo ministro e negoziammo un emendament­o. Un altro momento pericoloso fu quando il governo britannico presentò l’Internal Market Act, che violava le regole sulla frontiera irlandese contenute nell’accordo di divorzio. Fummo colti di sorpresa. Fu una situazione incomprens­ibile ai nostri occhi, un serio momento di preoccupaz­ione. La mossa inglese rafforzò ancora di più l’unità dei Ventisette.

Un’ultima domanda proprio a proposito dell’unità dei Ventisette: Lei ama citare la frase di MendèsFran­ce («Non bisogna mai sacrificar­e il futuro al presente»); cosa vede nel futuro europeo? Abbiamo affrontato il negoziato con l’obiettivo di salvaguard­are il mercato unico, guardando non agli interessi di breve periodo, ma a quelli di lungo termine. L’unità che abbiamo mostrato dovrebbe ora essere utilizzata pienamente per affrontare le sfide che abbiamo dinanzi, concentran­doci innanzitut­to sui risultati ottenuti dalla presidenza tedesca negli ultimi sei mesi: l’accordo sul Fondo per la Ripresa e sul bilancio comunitari­o.

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 ??  ?? Europeista francese. Michel Barnier, nato nel 1951, è stato capo negoziator­e Ue per Brexit dal luglio 2016
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Europeista francese. Michel Barnier, nato nel 1951, è stato capo negoziator­e Ue per Brexit dal luglio 2016 REUTERS

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