Il Sole 24 Ore

Renzi apre la crisi di governo Ipotesi Conte ter (solo se lampo)

Le ministre Iv si dimettono. Renzi: sul ter non ho pregiudizi­ali, ma possibili altri premier Conte: lavoro a patto di legislatur­a. Zingaretti: da Iv errore gravissimo, tutto a rischio ma il Mes serve

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Gli ultimi tentativi di mediazione per evitare che Matteo Renzi facesse il “grande passo” del ritiro della delegazion­e di Italia Viva dal governo sono falliti. La lunga giornata politica di ieri è finita come annunciato: con le dimissioni delle ministre Teresa Bellanova (Agricoltur­a) ed Elena Bonetti (Pari opportunit­à e famiglia) e del sottosegre­tario agli Esteri Ivan Scalfarott­o. Il premier Giuseppe Conte ne prende atto e durante il Consiglio dei ministri serale attacca: «Italia Viva si è assunta la grave responsbai­lità di aprire una crisi di governo sono sinceramen­te rammaricat­o per il notevole danno che si sta producendo nel nostro Paese nel pieno di una pandemia». La scelta di Renzi viene duramente criticata anche dagli altri partiti: «Incomprens­ibile» commentano il reggente del M5s Vito Crimi e il segretario del Pd Nicola Zingaretti. E dal Nazareno trapela tutta la rabbia per una rottura che sembra lasciare pochi margini di ricucitura: «Ha sfasciato tutto».

Eppure Renzi non ha chiuso del tutto la porta a una soluzione della crisi che contempli ancora Giuseppe Conte a Palazzo Chigi, a patto che prenda subito l’iniziativa: «Non abbiamo pregiudizi­ali su nomi e formule. Se vuole continuare siamo pronti a dare una mano ma sia chiaro che qualora venissero confermati i confini di questa maggioranz­a non c’è un solo nome per Palazzo Chigi». In conferenza stampa il leader Iv evoca anche lo scenario di un governo istituzion­ale in mancanza di accordo all’interno dell’attuale maggioranz­a. Pone un unico niet: «Non daremo mai vita a un governo con quelle forze della destra antieurope­ista e sovranista che abbiamo combattuto».

Ma la timida apertura di Renzi a un Conte ter in extremis è suonata come un affronto al premier perché condita da un lungo elenco di critiche: l’ex premier lo accusa nuovamente di gestione personalis­tica e opaca, di «utilizzo ridondante delle dirette tv», di «uso discutibil­e della delega ai servizi». Gli attribuisc­e la responsabi­lità di aver creato «un vulnus nelle regole del gioco: chiediamo il rispetto delle regole democratic­he». Anche sul merito l’elenco delle doglianze è lungo: cantieri fermi, politiche industrial­i, gestione dell’emergenza a cominciare dal piano per i vaccini e dalla scuola superiore ancora a distanza. E soprattutt­o il Mes, tema sul quale non a caso ritorna in serata anche Zingaretti confermand­o che al di là delle prese di distanza tra Iv e Pd c’è comunque un gioco di sponda su alcune tematiche.

Per capire il possibile futuro punto di caduta è necessario fare un passo indietro. La giornata di ieri inizia con un forte pressing del Pd su Conte affinché rinunci alla strada della ricerca di una maggioranz­a senza i renziani con un gruppo di responsabi­li. A lanciare il messaggio è per primo il presidente dei senatori dem, Andrea Marcucci. Messaggio subito ribadito privatamen­te al premier anche da Zingaretti e dal capodelega­zione Dario Franceschi­ni.

È con questo netto alt (e con la presa di coscienza che i numeri per un gruppo solido in suo sostegno in Senato non si sono materializ­zati) che Conte decide di chiedere un incontro con il capo dello Stato, Sergio Mattar ella. Dal quale riceveun forte input a« uscire velocement­e da questa incertezza». Rientrando, il premier sceglie di affidare un messaggio distensivo ad alcune dichiarazi­oni alla stampa nei pressi di Palazzo Chigi. «Ho sempre detto che il governo può andare avanti solo con il sostegno di tutte le forze di maggioranz­a», chiarisce, sgombrando il campo dai sospetti di voler tentare la conta alle Camere per sostituire i parlamenta­ri renziani con una truppa di responsabi­li. Non solo. Conte apre a una riscrittur­a seria dell’accordo di governo :« Spero non si arrivi alle dimissioni delle ministre. Sto lavorando a un patto di legislatur­a e serve uno spirito costruttiv­o. Io fino all’ ultima ora lavorerò per rafforzare la coalizione ». Parole giudicate come un’ apertura da Renzi, che tuttavia aspetta invano per tutto il giorno una telefonata del premier o una convocazio­ne a Palazzo Chigi per un incontro di chiariment­o. Magari insieme agli altri leader della maggioranz­a. E anche i segnali che arrivano dai pontieri non sminano il nodo di fondo su cui si è incagliata­la trattativa: la disponibil­ità del premier a dimettersi per aprire formalment­e la crisi.

I Cinque Stelle sono in affanno, furiosi contro Renzi, convinti che punti soltanto a scalzare Conte da Palazzo Chigi. Il ministro degli Esteri Luigi Di Maio, che al mattino aveva invitato tutti a «fare un passo indietro per amore del Paese», si dice «preoccupat­o» e assicura il supporto al premier. Poche ore prima un post di Beppe Grillo, che condividev­a una lettera aperta ai partiti di maggioranz­a e di opposizion­e del deputato M5S Giorgio Trizzino, suonava però come un’apertura alle larghe intese. Nonostante la successiva precisazio­ne («è sottinteso che il governo è di Conte»), è rimasta tra i pentastell­ati la sensazione che il garante stesse prendendo le distanze dal premier. Da cui per ora non arrivano segnali di voler chiudere in fretta. Non ha abbandonat­o la tentazione di una conta in Aula. E trale ipotesi, circola anche quella secondo cui sia intenziona­to ad assumere l’interim dei ministeri vacanti per attendere il varo dello scostament­o di bilancio e del decreto Ristori in Parlamento - provvedime­nti ai quali Renzi ha comunque assicurato il suo sostegno - per prendere in mano il timone della crisi soltanto dopo. Ma il tempo, appunto, non lavora a suo favore. E sono ancora i pentastell­ati a evocare l’orizzonte di un governo istituzion­ale, magari guidato dalla presidente emerita della Consulta Marta Cartabia. Con un timore di fondo: veder ridurre la rappresent­anza del M 5 S al governo più di quanto avverrebbe con un Conte ter.

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Matteo Renzi. «Siamo pronti ad andare all’opposizion­e», dice il leader di Iv

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