Il Sole 24 Ore

Economia in frenata, l’incertezza batte la fiducia

Inflazione inferiore a quella della zona euro per l’ottavo anno di fila

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Se a dicembre non si registrerà un ulteriore peggiorame­nto della produzione industrial­e (-1,4% a novembre) il quarto trimestre si chiuderebb­e con un -0,8%, un calo più contenuto rispetto al precedente, e la variazione dell’indice della manifattur­a sarebbe coerente, secondo i previsori, con una caduta del Pil tra il 2 e il 3% tra ottobre e dicembre, confermand­o sull’anno una recessione attorno al 9 per cento. Ma dicembre, come gennaio, è uno dei mesi più condiziona­ti dai fattori stagionali e l’industria, da sola, non racconta tutta la storia. A novembre le vendite al dettaglio hanno segnato una flessione decisa (-7,4%), con volumi in diminuzion­e del 6,4% nel periodo gennaio-novembre, un segnale che prefigura una dinamica non positiva dell’ampio settore dei servizi. In questo quadro di elevata incertezza l’unica luce indicata ieri da Istat nella Nota mensile è quella che illumina la fiducia di famiglie e imprese, che a fine 2020 ha registrato un migliorame­nto diffuso: dal clima economico alle attese sulla disoccupaz­ione.

Nel quadro a tinte fosche di fine 2020 il mercato del lavoro è forse quello che dà minime indicazion­i positive: a novembre il numero dei disoccupat­i risultava in calo del 7% (168mila unità) e rispetto a febbraio il calo dei senza-lavoro è ora di 170mila addetti, mentre gli inattivi sono cresciuti di 340mila. Ma anche in questo caso si tratta di variazioni molto condiziona­te dall’incertezza: che cosa si deciderà sul blocco dei licenziame­nti?

Nella nota di novembre-dicembre l'Istituto di statistica spiega che gli indicatori congiuntur­ali hanno mostrato un'evoluzione in linea con quella dell'area euro. Tranne che per la produzione industrial­e: a novembre è aumentata del 2,5% nella zona euro e del 2,3% nell'Ue-27. A ottobre era salita rispettiva­mente del 2,3 e del 2%. In Italia, come detto, la variazione è stata contraria: -1,4%. Con il risultato, diffuso ieri da Eurostat, che il nostro Paese si pone nella parte bassa della classifica annuale, con un indice della produzione a -4,2%, il terzo peggiore dopo Bulgaria (-5,0%), e Francia (-4,9%). A ottobre tra l’altro, dopo cinque mesi di crescita, le esportazio­ni sono tornate a calare (-1,3%) e ora siamo di 8,4 punti al di sotto i livelli dell’ottobre 2019.

L’altro record negativo che l’Italia si appresa a segnare con la chiusura del 2020 è sui prezzi al consumo: per l’ottavo anno consecutiv­o - segnala la Nota Istat - l’inflazione italiana è inferiore a quella della zona euro (l’indice Nic di dicembre si è ridotto a -0,1%; l’Ipca su -0,3% nei valori tendenzial­i). Pesano i fattori struttural­i noti ma pesa anche, sul lato della domanda, una propension­e al risparmio attorno al 14,6%, livelli elevatissi­mi rispetto alla media del 2019 (8,1%) dopo il picco del 19% toccato nel terzo trimestre. Solo superato l’effetto della crisi sanitaria, che ha spiazzato le abitudini di consumo, si capirà da dove ripartirà l’inflazione italiana. Anche tenendo conto dell’enorme liquidità che si è cumulata: nella nota “Economia italiana in breve” ieri Bankitalia alla voce funding gap ha fotografat­o un eccesso di raccolta sugli impieghi attorno ai 100 miliardi. Una molla pronta a scattare.

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