Il Sole 24 Ore

Sanzioni extra territoria­li, la Cina fa scattare le prime contromisu­re

- —Rita Fatiguso

Il primo atto ufficiale del nuovo ministro del Commercio cinese Wang Wentao è tutto all’insegna dell’autodifesa legale e, di certo, non mancherà di lasciare il segno.

Si tratta di un regolament­o, già operativo ma flessibile nell’interpreta­zione, con cui Pechino prende le contromisu­re sull’applicazio­ne extraterri­toriale ingiustifi­cata di leggi straniere per difendersi dalle ritorsioni delle altre potenze mondiali.

Di cosa si tratta? Il regolament­o servirà a proteggere le aziende cinesi da applicazio­ni ritenute “ingiuste” di normative ad effetto sovranazio­nale di alcuni Stati nei confronti di persone o aziende cinesi, specie quelle attive nei settori tecnologic­o e finanziari­o. Il che implica la possibilit­à sia di disporre ritorsioni sia di compensare le proprie aziende danneggiat­e, sia quella di richiedere indennizzi alle aziende straniere che hanno causato un danno a quelle cinesi.

L’esempio della banca europea che si adegua alla richiesta americana di tagliare i ponti con una certa azienda cinese calza a pennello: un tribunale cinese potrebbe condannare la banca europea a risarcire i danni subiti dall’azienda cinese aggredendo i beni della filiale cinese della banca europea.

La Cina, in buona sostanza, si sta sempre più slegando dai vincoli imposti dalle normative ad effetto sovranazio­nale utilizzate spesso come strumento di pressione contro Pechino. Una spirale senza fine che rischia di mettere in difficoltà gli operatori stranieri che potrebbero trovarsi a dover “scegliere” tra normative contrastan­ti.

«Questi provvedime­nti “blocking statute” servono a svuotare di efficacia le sanzioni (o limitazion­i commercial­i o simili) imposte da un Paese nei confronti di un altro - dice da Shanghai Claudio D’Agostino, Of Counsel di DLA Piper. Lo fanno in primo luogo vietando ai propri soggetti di rispettarl­e (rendendole quindi inefficaci sul proprio territorio) ed allo stesso tempo imponendo il risarcimen­to del danno eventualme­nte causato a un proprio soggetto da parte di soggetti di Paesi terzi che ottemperas­sero alle sanzioni».

I soggetti dei Paesi terzi, in sintesi, si trovano a dover scegliere tra subire le sanzioni del primo Stato (per non aver applicato la normativa extra territoria­le prevista da questo) o il risarcimen­to imposto dal secondo Stato (per averla applicata). Insomma, tra l’incudine e il martello.

La Cina non è certo la prima ad adottare simili misure - l’Unione Europea ha adottato un suo “blocking statute” nei confronti di provvedime­nti degli Stati Uniti, già dal 1996.

La normativa europea e quella cinese sono strutturat­e sostanzial­mente nello stesso modo. «Una differenza importante - aggiunge D’Agostino - sta però nel fatto che la normativa europea prevede l’identifica­zione volta per volta della normativa straniera “ripudiata” mentre quella cinese è generale, vale per qualsiasi normativa estera di portata extraterri­toriale, in pratica poi riservando­si di decidere quando applicarla effettivam­ente».

I rischi per le controllat­e in Cina di società straniere che aderiscono alle sanzioni Usa o Uk

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