Marketing in chiave «phygital»
Business in Vr. Con l’emergenza si evolvono i modelli di incrocio tra fisico e digitale per presentare i prodotti: le sfilate di moda adesso si possono fare in realtà virtuale, così come l’assistenza post-vendita da remoto
Il lessico cambia e si arricchisce ogni giorno di nuovi vocaboli che descrivono l’evoluzione del mondo. In alcuni ambiti, come il marketing, la nascita di neologismi è vorticosa e nasce all’interno di grandi agenzie pubblicitarie che danno vita a una sorta di slang di matrice anglosassone. Termini bizzarri, come “thumb-stopping”, usato per descrivere un richiamo pubblicitario così efficace da indurre chi sta facendo scrolling su uno smartphone a fermare il proprio pollice (“thumb” in inglese). O come “hypertelling”, nuova versione dello storytelling in cui è il destinatario del messaggio a creare la storia, passando di link in link dall’immagine di un prodotto fino all’eshop dove può acquistarlo. Ma la parola che meglio sintetizza la rivoluzione in atto è “phygital”, crasi tra fisico e digitale, che trasforma le esperienze di acquisto e di vendita a distanza, inserendole in uno scenario virtuale e al tempo stesso estremamente realistico.
Il processo è in atto da tempo. Nel 2017, per esempio, Ikea ha lanciato la sua app Vr Experience con cui è possibile scegliere gli arredi di un ambiente semplicemente facendone una foto e poi inserendo all’interno i mobili del gruppo svedese. La pandemia sta accelerando il cambiamento. L’impossibilità di viaggiare e partecipare a fiere o eventi ha spinto molte aziende a trovare strade digitali per mantenere il contatto i clienti. Il settore più veloce ad adattarsi è stato forse quello della moda, «anche perché», spiega Stefano Righetti, fondatore e Ceo di Hyphen-Italia, «molti brand avevano già avviato la reacontri lizzazione di showroom virtuali in cui mostrare le loro collezioni a compratori di mercati lontani ed emergenti, che rischiavano di restare esclusi dai canali commerciali tradizionali».
Hyphen-Italia è un’azienda di consulenza e sviluppo software che affianca molti marchi, in particolare della moda, nel creare questo tipo di strumenti. Si tratta di piattaforme online facili da usare, integrate ai siti aziendali e dotate di vari contenuti per presentare in ogni dettaglio i capi di una collezione: dai video in cui i sales manager descrivono le nuove linee alle foto dei modelli che indossano i capi per dare l’idea degli abbinamenti, fino alle immagini dei singoli pezzi, di cui vengono mostrati, in ogni dettaglio e in alta risoluzione, i tessuti, i materiali e i motivi.
«Sono strumenti - spiega Righetti - che consentono a un buyer esperto di farsi un’idea molto precisa del singolo capo o accessorio, anche senza toccarlo con mano, e di procedere direttamente all’ordine». Realizzarli non è banale e non si fa in pochi giorni. «Si integrano intimamente con il processo di sviluppo del prodotto, al punto che molte case di moda, spinte proprio dalla necessità di creare showroom b2b veramente efficaci, hanno cominciato a creare i loro capi partendo dal modello digitale». Una trasformazione alla radice dell’attività di design, che consente al brand anche di aprirsi all’uso di tecnologie di progetto e di produzione digitali per antonomasia, come la stampa 3D oppure il taglio o la cucitura laser.
Le applicazioni travalicano, naturalmente, i confini del settore moda. Anche in ambiti tecnologici, come quello della robotica o delle macchine utensili si sono visti nei mesi scorsi esperimenti per realizzare fiere o “open day” virtuali con tanto di stand e strumenti di matching per facilitare gli intra aziende. Non tutti, per la verità sono stati un successo, a testimonianza che lo sviluppo di soluzioni virtuali efficaci va ancora affinato in certi settori.
Un apporto può provenire dal gemello digitale, copia virtuale e totalmente fedele di un prodotto reale e funzionante, che fornisce strumenti nuovi al marketing consentendogli, per esempio di mostrare al cliente lo sviluppo del prodotto prima ancora che sia fisicamente realizzato. Oppure di migliorare i servizi postvendita. Sono sempre di più i produttori di macchinari che, basandosi sui gemelli digitali, sviluppano soluzioni di realtà aumentata per l’assistenza in remoto o per l’acquisto online di parti di ricambio. Basta per esempio inquadrare la parte di una macchina con un tablet per accedere alle istruzioni di montaggio e rimontaggio o ai codici d’ordine di un componente.
Di recente stanno comparendo aziende in grado di creare soluzioni di questo tipo anche per clienti privi dei mezzi o delle competenze per svilupparle internamente. Un esempio è Vr Media, spinoff della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa, che con il marchio Kiber propone un pacchetto di realtà aumentata, completo di hardware e software, con cui realizzare una connessione diretta a distanza tra tecnici in sede e operatori sul posto. Lo scopo è consentire a piccole aziende altamente tecnologiche di fornire assistenza in tutto il mondo sui loro prodotti anche quando è impossibile inviare direttamente il proprio personale. In un periodo in cui si vendono più i servizi che i prodotti le potenzialità per il marketing di soluzioni del genere sono più che evidenti.
Il gemello digitale mostra il prototipo prima che sia realizzato e abilita la manutenzione