I 170 ANNI DELLA CDP NEL CUORE DEL PAESE
Chi ha finanziato le scuole elementari, quando nell’Ottocento quattro italiani su cinque erano analfabeti? Chi ha sostenuto la modernizzazioneindustrialedelsecondodopoguerra, garantendo all’Iri i denari con cui creare la siderurgia pubblica? Chi è intervenuto nelle grandi emergenze nazionali, dal maremoto di Reggio Calabria e di Messina del 1908 al terremoto in Irpinia del 1980, per il quale da un giorno all’altro sono stati assunti trenta funzionari, dieci ingegneri e quindici geometri da mandare sul campo, in mezzo alle macerie? Chi ha operato come fattore costante nella gestione del debito pubblico? La Cassa Depositi e Prestiti è un elemento essenziale di quell’organismocomplessoearticolato,contraddittorio e vitale che è l’Italia. Lo è stata findallasuafondazioneche,170annifa nel 1850, ha accompagnato il Paese nel suo processo di unificazione politica, avvenuta nel 1861, e nel suo tentativo di costruire ogni giorno un’identità, insieme, di tradizione e di innovazione.
Ogni piccolo centro ha un ufficio postale. Dove viene raccolto il risparmio degli italiani. Che, da subito, ha una doppia utilità. È il polmone il cui respiro finanziario permette – giorno dopo giorno, mese dopo mese, anno dopo anno – all’organismo che si sviluppa di progettare strade ed erigere ponti, realizzare scuole e scavare canali, fare ferrovie e, perfino, costruire cimiteri. Per i suoi uomini e le sue donne, per i suoi bambini e i suoi anziani. Per la sua economia agricola e il suo tessuto artigianale. E per uno sviluppo che, gradualmente, prova a misurarsi con l’industrializzazione. Ma è anche una massa finanziaria che permette di sostenere i titoli di Stato, diventando uno dei sottostanti – tutt’altro che irrilevante – della politica fiscale e monetaria. Ed è pure uno strumento di gestione degli eventi straordinari.
Nel cupo versante delle calamità, la presenza di Cassa Depositi e Prestiti si tocca con mano la prima volta quando bisogna organizzare le tecnicalità giuridiche e convogliare le risorse finanziare per rimediare a uno dei maggiori disastri naturali del Novecento europeo: il terremoto che distrugge Messina e Reggio Calabria il 28 dicembre 1908. E, dopo il terremoto, il maremoto. A Messina, perdono la vita 80.000 dei 140.000 abitanti. A Reggio Calabria, muoiono 15.000 su 45.000 persone. Testimonierà Riccardo Vadalà, direttore del quotidiano «La Gazzetta di Messina e delle Calabrie»: «Nelle acque del porto galleggiava di tutto: cadaveri, carretti, mobili, carcasse d’animali, travi, botti, bastimenti affondati. Non solo le pareti si piegavano come fogli di carta, ma io stesso, che quel mattino mi trovavo in redazione, mi sentii sbalzare due o tre volte all’altezza di un metro dal pavimento. Il rumore delle case crollanti mi assordava. Non vi era che un lungo, lugubre, immenso strillo da tutti i punti della città: aiuto, aiuto!».
In soccorso alla catastrofe, arrivano aiuti internazionali: russi, tedeschi, inglesi, francesi, spagnoli e greci mandano unità navali. I loro marinai liberano le vittime dalle macerie e portano vettovaglie e medicinali. È una vera tragedia. Il governo Giolitti, che riceverà critiche per la lentezza dei soccorsi, impegna le risorse finanziarie per il primo intervento. Si legge infatti nei verbali della seduta del 9 gennaio 1909 della Camera dei deputati: «È assegnata la somma di lire trenta milioni, da prelevarsi dalle eccedenze di Cassa provenienti dagli avanzi dell’esercizio 19071908, allo scopo di provvedere a bisogni ed opere urgenti e riparare o ricostruire edifici pubblici danneggiati dal terremoto del 28 dicembre 1908, nei comuni che saranno indicati in un elenco da approvarsi con decreto reale, sentito il Consiglio dei ministri. Il Governo del Re è autorizzato a ripartir le dette somme fra i bilanci dello Stato, secondo le rispettive competenze. Per tutti i lavori, il Governo è autorizzato a derogare alle norme stabilite dalla legge di contabilità generale dello Stato e relativo regolamento, provvedendo mediante licitazione o a trattativa privata, od anche in economia».
In questo frangente così drammatico per la vita nazionale, la Cassa Depositi e Prestiti ha un compito coerente con le sue funzioni e con la sua centralità. Si legge, ancora, nei verbali della seduta della Camera del 9 gennaio 1909: «La Cassa dei depositi e prestiti è autorizzata a concedere alle provincie di Messina e Reggio Calabria e ai comuni indicati nell’art. 1, prestiti ammortizzabili nel periodo di 50 anni, sia per trasformare debiti già contratti colla stessa Cassa, sia per riscattare debiti assunti con altri enti o privati fino a tutto l’anno 1908. Le quote di sovraimposte sospese e non sgravate, che siano vincolate a favore della Cassa dei depositi e prestiti o della Sezione autonoma di credito comunale e provinciale, saranno ripartite col carico dei relativi interessi in quarantotto rate bimestrali e pagate con quelle che andranno a scadere dal 1910 al 1917».
La stessa morte e la stessa distruzione si ripeteranno 72 anni dopo. Il 23 novembre del 1980, alle 7 e 34 della sera, arriva il terremoto. L’epicentro è tra le province di Avellino, Salerno e Potenza. L’area più colpita racchiude le valli dell’Ofanto e del Sele e le valli del Sabato e del Calore. Si tocca il decimo grado della scala Mercalli in alcuni piccoli centri: Sant’Angelo dei Lombardi, Lioni e Conza della Campania in provincia di Avellino; Castelnuovo di Conza, Laviano e Santomenna in provincia di Salerno. Oltre cinquecento comuni vengono colpiti. È una tragedia nazionale.
Secondo la contabilità funebre redattadall’Istitutoitalianodivulcanolo gia, i morti sono 2.735 e i feriti oltre 9.000. Poco meno di 400.000 italiani perdono l’ abitazione e non sanno dove vivere e dormire. Le case distrutte sono, per la precisione, 77.342.
La storia si ripete. Accade esattamente quello che è accaduto nel 1908 con il terremoto di Messina e di Reggio Calabria. La Cassa Depositi e Prestiti si muove in sincrono con l’urgenza dello Stato. Nella legge 22 dicembre 1980 n. 874, all’art. 15 si legge: «La Cassa Depositi e Prestiti è autorizzata ad istituire una speciale delegazione decentrata per le zone colpite dal terremoto del 23 novembre 1980, per il finanziamento dei pia nidi ricostruzione o riparazione delle opere pubbliche di pertinenza degli enti locali e perla relativa assistenza tecnica. Nell’ ambito dei mezzi finanziari messia disposizione degli enti locali per il triennio 1981-1983, la Cassa Depositi e Prestiti riserverà una quota di mille miliardi di lire a favore dei comuni colpiti dal terremoto del novembre 1980, perla ricostruzione delle opere pubbliche distrutte o rese inagibili dal sisma. L’onere di ammortamento dei mutui viene assunto a carico dello Stato».
Con questa misura, la Cassa è autorizzata ad assumere trenta funzionari, dieci ingegneri e quindici geometri.
Sul verbale del Consiglio di amministrazione del 16 settembre 1981, la direzione generale comunica al consiglio di aver concesso, con proprio provvedimento, un’anticipazione «al Tesoro di 450 miliardi destinati all’acquisto di prefabbricati per la città di Napoli».
I funzionari della Cassa vanno sul campo. In mezzo alle macerie.
Tanto che, nella riunione del consiglio del 30 novembre 1981, vengono inseriti nelle spese di previsione “capitoli di spesa – si legge ancora nel verbale – relativi al personale e alla gestione di una speciale delegazione della Cassa Depositi e Prestiti nei territori colpiti dal sisma».