Bici, la produzione torna in Europa
Produttori di due ruote a caccia di componenti: 300 giorni di attesa per ricevere dall’Asia freni, ruote e cambi Piano per raddoppiare da 3 a 6 miliardi di euro il valore dei materiali prodotti nel Vecchio Continente
Più di 300 giorni di attesa per ricevere parti di freni, ruote e cambi, 300 per una sella, 270 per pedali e copertoni, 240 per manubri e forcelle, 210 per un telaio: sotto il peso della pandemia, già debole per la forte dipendenza dall’Asia e sollecitata da un aumento record della domanda, la catena della filiera globale della componentistica per bici si è spezzata.
Oggi, assemblare una bicicletta in Europa è tanto difficile quanto è diventato facile venderla. E lo sarà sempre di più: secondo i dati della Confederazione dell’industria europea della bicicletta (Conebi), i 20 milioni di unità vendute nel 2020, tra bici ed ebike, saliranno a 25 milioni nel 2025.
Una buona notizia per i produttori europei solo se riusciranno a soddisfare la crescente domanda. Per questo l’industria del vecchio continente ha deciso di invertire la rotta seguita negli ultimi 20 anni e punta ora a raddoppiare la capacità produttiva interna di componentistica. «Attualmente – spiega Manuel Marsilio, direttore generale Conebi – il valore della produzione di componenti, in Europa, si attesta a 3 miliardi di euro. Prevediamo di raggiungere entro i prossimi cinque anni quota 6 miliardi di euro».
La volata parte dalla Turingia
La sfida inizia dalla Turingia, in Germania. A tirare la volata sarà una storica azienda di componenti per bici, il gruppo Büchel, fondato un secolo fa nel piccolo borgo di Zella-Mehlis. Oggi l’azienda oltre alla sede storica ha quattro stabilimenti in Germania, due in Cina e uno in India. Nata come fabbrica di mozzi e pedali, nel tempo si è specializzata nella produzione di luci a led per biciclette, raggi, parafanghi e portapacchi. Oltre al marchio Büchel, l’azienda controlla altri quattro brand: Vuelta e Exal (cerchi e ruote), Wittkop (selle) e Sekura (lucchetti per biciclette). Nei giorni scorsi Büchel ha annunciato un piano di investimenti da 20 milioni di euro per i prossimi 5 anni, finalizzato a espandere la capacità produttiva europea del gruppo. «La produzione di componenti dovrebbe essere più concentrata dove è necessaria, ovvero in Europa», ha dichiarato alla stampa tedesca Erhard Büchel, annunciando il piano, già operativo. «Ricordo bene - ha aggiunto - la situazione di circa 25 anni fa, quando i tempi di consegna erano solo di due settimane». Oltre a dirigere l’omonima azienda, Erhard Büchel è anche il presidente della World bicycle industry association (Wbia), circostanza che accresce il valore strategico, per il settore, del cambio di rotta appena annunciato dal suo gruppo.
Tutti i vantaggi del reshoring
Mentre nel 2020 la sua industria produceva 3 miliardi di euro di componenti per bici ed e-bike, l’Europa ha importato dal resto del mondo componenti da assemblare per un controvalore pari a 4,5 miliardi di euro, di cui 1,9 dalla Cina (per i dettagli, si veda l’infografica, ndr). Queste stime, elaborate per Il Sole 24 Ore da Conebi e che anticipano la fotografia del 2020, «l’anno della bicicletta», raccontano che la quota di componentistica importata ha raggiunto la soglia del 60%. Solo un aumento della capacità produttiva, se attuato, permetterà di soddisfare la crescita attesa del mercato di riferimento. «Oltre al valore aggiunto economico – spiega Marsilio – la produzione in Europa genera un’enorme riduzione delle emissioni di CO2: uno studio del Politecnico di Milano evidenzia come ogni bicicletta importata dalla Cina costa da 61 a 123 kg di emissioni extra rispetto alla produzione in Europa. Lo scenario distopico di importazione dall’Asia di tutte le biciclette vendute in Europa causerebbe emissioni extra per oltre 2 milioni di tonnellate di CO2».
La svolta passa dai telai
In Italia si concentra il 25% della capacitàproduttiva dell’ industria europea dei componenti per bici ed e-bike.N el 2019, l’export di parti ha generato un giro d’affari pari a 358 milioni di euro. Gran parte dei volumi sono legati al comparto delle bici da corsa di alta gamma .« È una bella scommessa quella di riportare la produzione in Italia o quantomeno in Europa–commenta Pier oN igr el li, responsabile settore ciclo dell’ Associazionenazionale ciclo motociclo e accessori( Anc ma )–. Ci siamo riusciti abbastanza conl’ assemblaggio delle biciclette, grazie aida ziantidum ping. Per i componenti è più complesso. Lo scoglio più grosso resta quello dei telai».
Nel 2020 l’Europa ha importato 13,4 milioni di telai - 12 dalla Cina, il resto da Taiwan e Vietnam - a fronte di una produzione annuale pari a 14 milioni di biciclette. «A causa della saldatura fatta ancora a mano – spiega Nigrelli – il telaio resta un prodotto costruito nel Far East: prezzi e regole per la manodopera imbattibili non lasciano spazio a produzioni europee. Qualcosa si sta realizzando in Portogallo, Italia e Romania, ma parliamo di telai particolari per bici da ragazzo o per e-bike in alluminio. Certo – aggiunge il responsabile settore ciclo dell’Ancma – se riuscissimo a trasferire in Europa la produzione di telai, il reshoring della produzione aumenterebbe di velocità rispetto a oggi». Il telaio è strategico perché senza di esso l’assemblaggio non può iniziare, i componenti restano in magazzino e le linee di produzione si fermano, come racconta la cronaca di questi mesi. Anche in situazioni normali, i tempi di consegna richiedono da 4 a 6 mesi.
«Resta – conclude Nigrelli – il tema dei costi. Ma gli accadimenti che rendono la questione del reshoring sempre più attuale sono molteplici e l’idea che una sola parte del mondo intenda, molte volte in contrasto con le regole del Wto o dell’economia di mercato, produrre tutto per tutti, sta diventando sempre meno percorribile e logica».