Oltre il libero scambio: la Ue cambia passo su diritti e ambiente
SVOLTA NELLA POLITICA COMMERCIALE I nuovi trattati. La Corea del Sud dovrà approvare due convenzioni, braccio di ferro con il Brasile
Ametà febbraio, la Commissione europea dovrebbe presentare l’atteso aggiornamento della politica commerciale dell’Unione europea. In un contesto economico difficile e in un momento politico delicato, l’appuntamento non sarà banale. Sarà l’occasione per capire meglio i contorni di una strategia che si vuole più combattiva nel difendere gli interessi europei. Già oggi, negoziando accordi commerciali, Bruxelles sta imponendo particolari condizioni ai propri partner.
Il trattato di libero scambio con la Corea del Sud, entrato in vigore nel 2011, è stato il primo a contenere specifici requisiti normativi, tra cui l’impegno da parte del Paese asiatico a ratificare alcune convenzioni dell’Organizzazione mondiale del Lavoro. Un organismo di arbitrato, composto da esperti indipendenti, ha annunciato nei giorni scorsi che la Corea del Sud è in difetto nel fare proprie due convenzioni relative al diritto del lavoro e alla libertà di associazione.
«Ci siamo impegnati a stretto contatto con i nostri partner coreani per alcuni anni, e il lavoro del gruppo di esperti ha portato ad azioni concrete da parte della Corea del Sud. Lavoreremo a stretto contatto con il Paese asiatico per assicurarci che attui effettivamente gli impegni sui diritti dei lavoratori», ha detto il vicepresidente della Commissione europea Valdis Dombrovskis. In assenza di una soluzione amichevole. Bruxelles aveva adito l’organismo di arbitrato, che le ha dato ragione.
Seul non solo ha accettato di inserire questi impegni nel trattato firmato nel 2010, ma ha anche accettato che il comitato di esperti indipendenti prendesse posizione. Da alcuni anni ormai la Commissione introduce negli accordi commerciali clausole che i mpegnano il partner a rispettare regole sociali o ambientali. L’esempio coreano è stato replicato nelle intese con il Canada, il Giappone, Singapore e il Vietnam così come più recentemente con il Regno Unito, il Mercosur, i il l Messico e l la a Cina.
Spiega Eric Maurice, a capo dell’ufficio brussellese della Fondation Schuman: «Dietro a questi accordi di nuova generazione si nascondono almeno due motivi. Il primo è di rispondere alle pressioni interne. Molti europei credono fermamente nel rispetto del diritto del lavoro o nella lotta al cambiamento climatico. Il secondo motivo è legato a una crescente politicizzazione degli scambi mondiali. Il commercio è sempre più strumento politico. Basti pensare alla nuova Via della Seta».
Mentre nel mondo cresce la deriva autoritaria, gli scambi commerciali sono sempre più spesso segnati dalla mano pubblica - da dagli gli Stati Uniti dell’ex presidente Donald Trump al Brasile di Jair Bolsonaro, alla Turchia di Recep Tayyip Erdogan. L’Unione europea non si limita più quindi a combattere il protezionismo o a difendere la parità di accesso al mercato a fronte di investimenti pubblici di Paesi terzi. Vuole anche imporre regole sociali e ambientali che siano rispettose degli accordi internazionali.
Criticata da molti deputati europei perché troppo morbida nei confronti della Cina, l’intesa sugli investimenti appena siglata con Pechino sarà il banco di prova di questa strategia. Interessante è notare il ruolo cruciale che il grande mercato unico ha in questo frangente. Da un lato è la leva nelle mani dei Ventisette per convincere Paesi terzi ad accettare regole e ed d impegni. Dall’altro, lo stesso mercato unico è il patrimonio da difendere contro il protezionismo commerciale e la concorrenza sleale.
In attesa di toccare con mano come la Corea del Sud rispetterà la decisione dell’organismo di arbitrato, a Bruxell Bruxelles es l la a Commissione europea guarda con soddisfazione a quanto è riuscita a strappare dal Vietnam. Prima ancora dell’entrata in vigore dell’intesa commerciale nel luglio scorso, il Paese comunista ha ratificato nel 2019 e nel 2020 due convenzioni internazionali, la prima che regolamenta la contrattazione collettiva e la seconda che vieta il lavoro forzato.
Un braccio di ferro non dissimile sta avendo luogo con il Mercosur. Argentina, Brasile, Uruguay, Venezuela e Paraguay hanno firmato con l’ Unione europea nel 2019 un accordo commerciale. Da allora, il testo è oggetto di «finalizzazione giuridica». In realtà, Bruxelles vuole impegni da parte di Brasilia perché accetti di fare proprio il capitolo dedicato allo sviluppo sostenibile. Molti Paesi europei negano la ratifica in assenza di precise promesse contro la deforestazione dell’Amazonia.
Strasburgo ha appena affidato a Bruxelles nuovi poteri nelle dispute commerciali. «L’Europa crede al sistema multilaterale di regole – commenta Marie-Pierre Vedrenne, eurodeputata centrista francese –. Tenuto conto che il meccanismo di soluzione delle controversie nell’Organizzazione mondiale del Commercio è paralizzato (dagli Stati Uniti, ndr), ndr),r), l’Unione europea si è ora dotata di uno strumento credibile, efficiente e ambizioso per rafforzare le sue politiche commerciali e garantire la sua autonomia strategica».
‘‘ L’Unione non si limita a combattere il protezionismo, vuole il rispetto degli standard internazionali