« POLITICHE ATTIVE DEL LAVORO PER FAR RIPARTIRE IL TURISMO »
Su questa testata a marzo e agosto 2020, fui una Cassandra, prevedendo la devastazione del sistema turistico italiano, dei lavoratori, delle imprese. Purtroppo l o “stato di crisi” del turismo, che può essere utilizzato per un evento eccezionale ai sensi dell’art. 107, paragrafo 2, lettera b, del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea, e che consente t otale deroga sul montante di aiuti, non è stato richiesto dal governo i t al i ano, commettendo – a mio avviso – un grave errore strategico.
Oggi i margini di manovra sono ridottissimi e il cosiddetto Ristori 5, ultimo decreto di aiuto che dovrebbe essere varato nei prossimi giorni, è davvero l’ultima chance. L’enorme somma stanziata con un ulteriore sforamento di Bilancio, non va sperperata in azioni improduttive, come purtroppo talvolta è accaduto in questi mesi: senza fare qualunquismo spicciolo, il Paese non si può permettere di buttare 5 miliardi per il “piano cashless” o per riempire le città di pericolosi monopattini, mentre l’occupazione tendenziale sarà drammatica e le imprese turistiche rischiano di non rialzarsi più.
Va ricordato che il turismo, oltre essere mercato, genera domanda per molte filiere ( alimentare, trasporti, comunicazioni, ecc.) e il suo peso reale sul Pil è molto maggiore del 14% di Pil assegnatogli dalle statistiche, ma non può essere trattato più come le altre filiere produttive. I percorsi “differenziati” tra manifattura e servizi sono ormai un obbligo e meraviglia che il sindacato non assuma una posizione chiara su questo punto.
Gli operatori di tutta la filiera turistica sono stremati, con alcuni cluster che sono a zero ricavi o quasi da un anno ( eventi, terme, sci, alberghi business, ecc…) e invocano ristori , ma dato l’elevatissimo numero di aziende, i ristori si trasformano in piccole mance senza prospettiva e, purtroppo, data l’entità possibile, sono un’illusione.
Il governo quando elenca i benefici riconosciuti al turismo include nelle mirabolanti cifre le somme stanziate per la cassa integrazione e Fis nel turismo: ma questo è un dato assolutamente fuorviante, essendo un giusto sostegno generalizzato a favore dei lavoratori, ma non delle imprese turistiche.
Oggi, se si vuol fare qualcosa di serio, si deve puntare su pochi strumenti chiari che consentano di guardare avanti velocemente e le priorità oggi sono:
1 Varare immediatamente una nuova politica del lavoro per il turismo, ottimizzando il recente esperimento ( positivo) del Fondo nuove competenze che va assolutamente potenziato, semplificato e reso coerente per il mondo del turismo; continuare a investire risorse enormi in cassa integrazione nel turismo, senza formazione e senza prospettive, umilia i lavoratori e penalizza le imprese. È sbagliato: le aziende devono essere aperte, fare formazione diretta, i lavoratori devono guadagnare competenze e cultura per prepararsi alle sfide del 2023, anno in cui si ritiene che si possa ripartire; oggi siamo tutti inadeguati, imprese e lavoratori . Sostenere che solo la cassa integrazione e ( peggio) il reddito di cittadinanza siano gli unici strumenti di sostegno è or
INVESTIRE RISORSE NELLA CASSA INTEGRAZIONE SENZA PENSARE ALLA FORMAZIONE È SEGNO DI MIOPIA
mai fuori da ogni logica razionale.
2 I finanziamenti a 6 anni previsti ex art. 13 decreto Liquidità garantiti da Mcc, non potranno essere rimborsati dalle imprese del sistema turistico: vanno portati subito a 12 anni; il rischio concreto ( ormai chiaro a tutti) è di trovarsi in tre anni una montagna di sofferenze bancarie con conseguenze terribili; non si capisce perché per il turismo questa misura non venga varata subito.
3 È necessario lanciare subito una misura di medio lungo periodo: il bond turismo a 20 anni a tasso ridotto, con garanzia dello Stato, che è l’unico strumento utile nel medio periodo; la copertura può avvenire dirottando le cospicue risorse ancora disponibili per i voucher turistici; se il bond viene strutturato bene e senza intenti speculativi, la garanzia dello Stato può consentire anche leva 10; ciò significa che con 1 miliardo di garanzia potremmo avere fino a 10 miliardi di bond: un vero strumento di rilancio. Bei, Cdp, Sace, Poste sono attori che possono lavorare su tale progetto che darebbe davvero una prospettiva agli investimenti del turismo .
4 Prevedere l’esonero contributivo per tre anni per il settore turistico che deve spettare a condizione che l’ammontare del fatturato 2020 sia inferiore al 50% di quello dello stesso periodo del 2019; è una misura di medio periodo, finanziariamente spalmata negli anni, il che la rende compatibile con le esigenze di cassa dello Stato, e che necessita della deroga ex art. 107 del Trattato.
5 Nel Pnrr ( Piano nazionale di ripresa e resilienza, o Recovery fund) il turismo non conta nulla. Mentre devono essere assegnate risorse dedicate unicamente al turismo, in misura sensibilmente superiore agli attuali 8 miliardi di euro in condivisione con la cultura; peraltro entrando nel dettaglio al turismo sono assegnate una minima parte degli 8 miliardi, ma – ancora peggio – con titoli già individuati e di nessun interesse per le imprese.
Considerato che il settore turistico ( senza la cultura) produce 232 miliardi di euro e occupa 4 milioni di addetti, a fronte di un 14% di Pil, gli si dovrà riconoscere uno stanziamento proporzionato all’apporto fornito all’economia del Paese; e non vale la teoria di qualche ministro secondo cui « il Recovery Plan non può dare sussidi alle imprese » ; giustissimo: noi non chiediamo sussidi, ma supporto concreto agli investimenti, come sta facendo la Spagna che per il rilancio del turismo ha stanziato 24 miliardi. Una parte destinati a forme evolute di turismo, come quello “sanitario”, che in Spagna sta rappresentando un nuovo driver di crescita; in Italia non se ne riesce a parlare eppure saremmo la destinazione ottimale per clima, competenze, cultura, attrattività.
In sintesi, ormai il prossimo “nuovo” Governo deve prendersi la responsabilità di capire che il sistema turistico italiano, e le filiere connesse, hanno necessità di guardare avanti traguardando il 2023 come anno di restart, ma con strumenti reali per le imprese e una politica del lavoro proattiva che freni la tragedia umana, sociale, lavorativa che i nostri lavoratori stanno vivendo e da cui, con gli attuali strumenti, non si vede l’uscita.
Presidente di Federterme