« L’AGRICOLTURA HA BISOGNO DI UNA STRATEGIA CONDIVISA DI RILANCIO »
Il Fondo monetario internazionale ha segnalato che, a causa della pandemia, il Pil dell’Italia ha subìto una contrazione vicina al 10 per cento. Si allontana il ritorno ai livelli antecedenti l’emergenza. Il recupero previsto per l’anno in corso è ora stimato in poco più di tre punti. È evidente lo sforzo straordinario che il Paese ha di fronte per una crescita economica significativa, duratura e sostenibile. In quest’ottica, le risorse del Next Generation Eu sono un’occasione senza precedenti, più del Piano Marshall che consentì all’Italia e all’Europa di risollevarsi dalla tragedia del secondo conflitto mondiale. Per rispondere alle sfide, il Piano nazionale di ripresa e resilienza ( Pnrr), presentato nei giorni scorsi alle imprese e alle parti sociali, andrà modificato. Non è ancora un progetto in grado di superare limiti che hanno inibito la crescita, oltre a ridurre la competitività.
Ci riferiamo alla carenza di infrastrutture, al crollo degli investimenti pubblici, alla scarsa digitalizzazione, alla ridotta apertura allein novazioni, alla mancanza di investimenti perla formazione e all’aggiornamento del capitale umano. Occorre, poi, dar eseguito alle ripetute richieste della Commissione europea in materia di riforme: dall’efficienza della Pubblica amministrazione alla giustizia. Le assegnazioni alle imprese ritardano per la complessità delle procedure e i tempi della giustizia civile costituiscono l’ostacolo maggiore per gli investimenti esteri in Italia.
L’ agricoltura italiana ha il più alto valore aggiunto in Europa e la manifattura è seconda solo a quella tedesca. È chiaro che i limiti allo sviluppo sono prevalentemente attribuibili a fattori esterni al sistema delle imprese.
Il Pnrr riserva poco spazio al settore agroalimentare. Le risorse finanziarie assegnate, pari all’ 1%, sono inferiori all’incidenza dell’intera filiera sulla formazione del Pil. Ma non è solo una questione finanziaria. Mancano la visione e l’ambizione progettuale per il Paese, concertate con tutti i protagonisti dell’agricoltura, valide per tutto il territorio nazionale, incluse le aree interne da rilanciare.
Una visione progettuale che generi valore aggiunto e delinei una concreta prospettiva di crescita. L’ultimo piano per l’agricoltura italiana risale al Piano Marcora, quasi mezzo secolo fa. Un piano che consentì a tutte le imprese agricole di misurarsi in un contesto storico in cui si rischiava di rimanere fuori dallo sviluppo e si andava incontro a una crescente competizione in ambito europeo.
Dobbiamo valorizzare il potenziale produttivo dell’agricoltura, grazie anche al contributo della ricerca scientifica e dell’innovazione, riconquistando spazi sul mercato interno e nuove posizioni all’estero. È fondamentale il contributo dell’agricoltura per gli obiettivi di crescita sostenibile, energie rinnovabili, mobilità green, nutraceutica, recupero e riduzione degli scarti.
Dobbiamo puntare su una solida integrazione di sistema, con l’industria di trasformazione e la distribuzione, oltre a promuovere e diffondere nel mondo il Made in Italy agroalimentare. Per questo Confagricoltura sostiene i progetti di filiera in grado di rafforzare le nostre eccellenze, nell’ottica di creare maggior valore aggiunto per essere redistribuito secondo modelli di equità.
Chiediamo che nel Pnrr siano contemplati: misurazione dei risultati da conseguire, valutazione di impatto ex ante e indicazione delle strutture deputate a controllare l’ esecuzione dei progetti, intervenendo– se necessario–per scongiurare ritardi e carenze operative. Le risorse finanziarie non sono ancora garantite. Saranno erogate solo se saremo in grado di rispettare i programmi e gli obiettivi strategici, oltre i tempi di esecuzione. È una sfida che, nel rispetto dei ruoli, le istituzioni, il sistema delle imprese e le parti sociali devono affrontare in maniera condivisa. Le fughe in avanti o le iniziative parziali non servono, soprattutto se prescindono dall’economia reale e dalle aspettative delle imprese, andando anche a incidere su strutture vitali e profondamente radicate sul territorio.
Ecco perché ci preoccupano tutti i progetti che generano divisione.
I grandi programmi di rilancio strutturale dell’economia richiedono una visione quanto più condivisa. L’agricoltura vuole contribuire alla ripresa della crescita e alla stabilità, ha il potenziale per garantire la sovranità alimentare, producendo beni con i più alti standard qualitativi e preservando le risorse naturali. Un nuovo modello plurale che Confagricoltura propone per il futuro Paese.