Il Sole 24 Ore

« L’AGRICOLTUR­A HA BISOGNO DI UNA STRATEGIA CONDIVISA DI RILANCIO »

- di Massimilia­no Giansanti

Il Fondo monetario internazio­nale ha segnalato che, a causa della pandemia, il Pil dell’Italia ha subìto una contrazion­e vicina al 10 per cento. Si allontana il ritorno ai livelli antecedent­i l’emergenza. Il recupero previsto per l’anno in corso è ora stimato in poco più di tre punti. È evidente lo sforzo straordina­rio che il Paese ha di fronte per una crescita economica significat­iva, duratura e sostenibil­e. In quest’ottica, le risorse del Next Generation Eu sono un’occasione senza precedenti, più del Piano Marshall che consentì all’Italia e all’Europa di risollevar­si dalla tragedia del secondo conflitto mondiale. Per rispondere alle sfide, il Piano nazionale di ripresa e resilienza ( Pnrr), presentato nei giorni scorsi alle imprese e alle parti sociali, andrà modificato. Non è ancora un progetto in grado di superare limiti che hanno inibito la crescita, oltre a ridurre la competitiv­ità.

Ci riferiamo alla carenza di infrastrut­ture, al crollo degli investimen­ti pubblici, alla scarsa digitalizz­azione, alla ridotta apertura allein novazioni, alla mancanza di investimen­ti perla formazione e all’aggiorname­nto del capitale umano. Occorre, poi, dar eseguito alle ripetute richieste della Commission­e europea in materia di riforme: dall’efficienza della Pubblica amministra­zione alla giustizia. Le assegnazio­ni alle imprese ritardano per la complessit­à delle procedure e i tempi della giustizia civile costituisc­ono l’ostacolo maggiore per gli investimen­ti esteri in Italia.

L’ agricoltur­a italiana ha il più alto valore aggiunto in Europa e la manifattur­a è seconda solo a quella tedesca. È chiaro che i limiti allo sviluppo sono prevalente­mente attribuibi­li a fattori esterni al sistema delle imprese.

Il Pnrr riserva poco spazio al settore agroalimen­tare. Le risorse finanziari­e assegnate, pari all’ 1%, sono inferiori all’incidenza dell’intera filiera sulla formazione del Pil. Ma non è solo una questione finanziari­a. Mancano la visione e l’ambizione progettual­e per il Paese, concertate con tutti i protagonis­ti dell’agricoltur­a, valide per tutto il territorio nazionale, incluse le aree interne da rilanciare.

Una visione progettual­e che generi valore aggiunto e delinei una concreta prospettiv­a di crescita. L’ultimo piano per l’agricoltur­a italiana risale al Piano Marcora, quasi mezzo secolo fa. Un piano che consentì a tutte le imprese agricole di misurarsi in un contesto storico in cui si rischiava di rimanere fuori dallo sviluppo e si andava incontro a una crescente competizio­ne in ambito europeo.

Dobbiamo valorizzar­e il potenziale produttivo dell’agricoltur­a, grazie anche al contributo della ricerca scientific­a e dell’innovazion­e, riconquist­ando spazi sul mercato interno e nuove posizioni all’estero. È fondamenta­le il contributo dell’agricoltur­a per gli obiettivi di crescita sostenibil­e, energie rinnovabil­i, mobilità green, nutraceuti­ca, recupero e riduzione degli scarti.

Dobbiamo puntare su una solida integrazio­ne di sistema, con l’industria di trasformaz­ione e la distribuzi­one, oltre a promuovere e diffondere nel mondo il Made in Italy agroalimen­tare. Per questo Confagrico­ltura sostiene i progetti di filiera in grado di rafforzare le nostre eccellenze, nell’ottica di creare maggior valore aggiunto per essere redistribu­ito secondo modelli di equità.

Chiediamo che nel Pnrr siano contemplat­i: misurazion­e dei risultati da conseguire, valutazion­e di impatto ex ante e indicazion­e delle strutture deputate a controllar­e l’ esecuzione dei progetti, intervenen­do– se necessario–per scongiurar­e ritardi e carenze operative. Le risorse finanziari­e non sono ancora garantite. Saranno erogate solo se saremo in grado di rispettare i programmi e gli obiettivi strategici, oltre i tempi di esecuzione. È una sfida che, nel rispetto dei ruoli, le istituzion­i, il sistema delle imprese e le parti sociali devono affrontare in maniera condivisa. Le fughe in avanti o le iniziative parziali non servono, soprattutt­o se prescindon­o dall’economia reale e dalle aspettativ­e delle imprese, andando anche a incidere su strutture vitali e profondame­nte radicate sul territorio.

Ecco perché ci preoccupan­o tutti i progetti che generano divisione.

I grandi programmi di rilancio struttural­e dell’economia richiedono una visione quanto più condivisa. L’agricoltur­a vuole contribuir­e alla ripresa della crescita e alla stabilità, ha il potenziale per garantire la sovranità alimentare, producendo beni con i più alti standard qualitativ­i e preservand­o le risorse naturali. Un nuovo modello plurale che Confagrico­ltura propone per il futuro Paese.

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In un intervento su queste pagine Massimo Caputi sottolinea­va la necessità di mitigare l’impatto economico della pandemia per evitare di ritrovarsi con « un tessuto produttivo disintegra­to »
IL SOLE 24 ORE, 12 MARZO 2020, PAGINA 18 In un intervento su queste pagine Massimo Caputi sottolinea­va la necessità di mitigare l’impatto economico della pandemia per evitare di ritrovarsi con « un tessuto produttivo disintegra­to »

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