Leader Iv soddisfatto: rotto l’asse Pd- M5S
È stato il primo a evocare un governo Draghi « Lo sosterremo lealmente »
« Bonafede, Mes, scuola, vaccini, alta velocità, Anpal, reddito di cittadinanza » . A fine serata, prima ancora di archiviare ufficialmente l’ipotesi del Conte ter e rimettere così la palla al Quirinale per l’investitura di Mario Draghi, Matteo Renzi buttava giù un elenco di temi risultati divisivi al tavolo programmatico riunito per due giorni nella sala della Lupa di Montecitorio per provare a rimettere insieme i cocci della ormai ex maggioranza giallo- rossa. E i temi portano con sè i nomi: la richiesta renziana, per tutta la giornata, è stata quella di una discontinuità che passasse dal “sacrifico” dell’ex ministro della Giustizia Alfonso Bonafede, della responsabile della scuola Lucia Azzolina e del commissario all’emergenza Domenico Arcuri. « Io non volevo rompere, ma l’irrigidimento di Giuseppe Conte e di Vito Crimi sui tre nomi ha determinato la rottura » , diceva ai suoi ricordando anche il tweet di Maria Elena Boschi con il quale si sfilava dal totoministri come segno di disponibilità.
Argomenti tattici, quelli di Renzi per giustificare la rottura, utilizzati soprattutto per placare i malumori dei suoi. Alcuni dirigenti renziani e più di un parlamentare, infatti, hanno mal digerito la rottura e hanno lavorato fino all’ultimo alla possibile composizione sul programma e sulla squadra di governo. Evidente che la rappresentanza nel governo che Italia Viva avrebbe ottenuto con un
Conte ter sarebbe stata molto maggiore rispetto al governo istituzionale che si profila. Ma proprio la soluzione sul nome di Draghi, esattamente quella evocata non a caso per settimane da Renzi, racconta che la decisione era stata presa ancor prima di riunire il tavolo programmatico degli ex giallorossi. Non c’è alcun dubbio che alla fine abbia vinto Renzi. E questo semplice dato di fatto contribuisce infine a tenere uniti tutti i supi parlamentari.
La strategia di Renzi, e non da ora, ha due obiettivi politici: togliere di mezzo o almeno depontenziare fortemente la competizione al centro di un possibile partito contiano ( è evidente che lontano da Palazzo Chigi e con la figura di Draghi a sovrastare il campo il progetto è in discesa, se non già esaurito; e soprattutto sciogliere l’abbraccio del M5s e del Pd nel nome di Conte per spostare di nuovo l’asse sul terreno del riformismo. L’ex premier è convinto che ormai il segretario dem Nicola Zingaretti non resterà a lungo tale, e una nuova leadership ( magari nella figura di Stefano Bonaccini) potrà prefigurare un centrosinistra rinnovato e meno schiacciato sulle posizioni ” grilline”. Quanto al centrodestra, il più che probabile sostengo al governo Draghi di Forza Italia aprirà anche una ricomposizione dello spazio al centro. La soddisfazione di Renzi, a cose fatte, è lampante. « La vera mossa del cavallo » , dice di se stesso. Dopo quella che nell’estate del 2019 bloccò la strada delle urne al Matteo Salvini dei “pieni poteri”.
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