Alimentare, l’export tiene La fiera Cibus apre il 31 agosto
Parma sceglie la partenza a fine estate e aumenta il budget per attirare i buyer Tutti concentrati in autunno gli altri grandi saloni come Anuga e Tuttofood
Dopo lunghe riflessioni e molte consultazioni tra le aziende e i buyer, Fiere di Parma e Federalimentare hanno deciso: l’edizione 2021, la ventesima, di Cibus sarà dopo l’estate. Precisamente, da martedì 31 agosto al 3 di settembre. Dopo aver cancellato l’edizione 2020 per pandemia, anche l’ipotesi di aprire il nuovo salone già a giugno 2021 è sembrata troppo poco prudente. Non importa se Vinitaly, che storicamente si tiene pochi giorni prima di Cibus, per ora è stato programmato per il 20 di giugno: gli organizzatori della fiera alimentare considerano l’inizio dell’estate ancora prematura, per una vera ripresa. Vorrà dire che quest’anno i buyer stranieri non potranno fare un unico viaggio in Italia, prima in Veneto e poi in Emilia. Quest’anno dovranno tornare più volte.
È stata la scelta giusta? Tutto dipenderà dal fattore vaccini: « Sono preoccupato, perchè la campagna vaccinale sta andando a rilento - sostiene il presidente di Federalimentare, Ivano Vacondio - ma voglio anche essere ottimista. Abbiamo bisogno che Cibus si faccia perché c’è una forte esigenza di riprendere il cammino verso l’export, e le fiere sono un veicolo importante per chi guarda ai mercati internazionali » .
Per l’alimentare made in Italy nel mondo, va detto, il 2020 non è stato nemmeno un anno completamente da buttare: secondo i dati appena elaborati da Federalimentare, nei primi dieci mesi dell’anno scorso l’export di food& wine ha sostanzialmente tenuto (+ 0,1%) a fronte del - 12% incassato dalle esportazioni complessive del Paese. « Dipende come lo si vede, il bicchiere - dice Vacondio - per il 2020 il nostro centro studi, prima che scoppiasse la pandemia, aveva previsto il raggiungimento del traguardo dei 50 miliardi di ricavi da export: è chiaro che rispetto alle possibilità che avevamo, questo stallo nella crescita non va bene » . Nel 2020, a garantire la tenuta delle esportazioni alimentari italiane sono state soprattutto le punte espansive della pasta (+ 15,6%), del riso (+ 12,0%) e degli ortaggi trasformati (+ 9,6%). Sul fronte opposto, le acque minerali (- 8,5%) e i liquori (- 8,4%) sono state le categorie che hanno mostrato i cali più marcati.
Alla fiera che vuole segnare la ripartenza dell’agroalimentare italiano sono attesi tremila espositori, più o meno lo steso numero annunciato per l’edizione di Cibus 2018, quando il comparto agrifood era in decisa crescita e la pandemia ben di là dal bloccare la libertà di spostamento delle persone. Per favorire l’arrivo dei buyer internazionali, è stato allocato un budget record: « Faccio personalmente parte del board dell’Ice - ricorda Vacondio - e posso assicurare che le risorse ci sono tutte. Da quanto abbiamo sentito in queste ultime settimane, confrontandoci con loro, mi aspetto i soliti buyer di sempre, compresi quelli americani e quelli europei. Ci sono ancora sette mesi di tempo, e sono mesi in cui la situazione dovrebbe migliorare sensibilmente. Le imprese del settore sono pronte a scommettere che la rincorsa dell’export comincerà già a partire da giugno » .
In questi mesi di loockdown fieristico, le relazioni con i distributori stranieri sono rimaste in piedi grazie soprattutto alle piattaforme digitali: come B2B My Business Cibus e Cibus Lab, lanciate da Fiere di Parma. L’unico Paese ad aver permesso l’apertura dei saloni al pubblico, nei mesi scorsi, è stata la Cina, che tra le altre fiere a novembre ha ospitato a Shanghai la Food Hotel China. Prossimo appuntamento internazionale in presenza, per le aziende del settore agrifood, è per il 21 febbraio a Dubai, con Gulf Food. Mentre per le altre grandi fiere bisognerà aspettare l’autunno, che vedrà i saloni succedersi uno dopo l’altro: la tedesca Anuga è stata fissata per il 9 di ottobre e la milanese Tuttofood per il 22.