IN TEMPO DI CRISI LA POLITICA METTE LA SORDINA
L’impressione che si ricava da questa crisi di governo ancora senza soluzione è che la politica abbia voglia di sottrarsi, sia pur momentaneamente, al primato della comunicazione. Non per convinzione, ma per convenienza. Chi scrive ha sostenuto in più circostanze la tesi della difficoltà di separare l’agire politico dall’agire comunicativo. Lo ha fatto fino al punto di mettere in evidenza i rischi che si corrono quando il decisore pubblico confonde l’intenzione con la deliberazione. C’è, tuttavia, un elemento di parziale novità che arriva dalle doppie consultazioni al Quirinale e alla Camera.
Si sono registrati punti di contatto tra la comunicazione politica e quella istituzionale, anzitutto come conseguenza dello spostamento dell’attenzione dai contesti di esternalizzazione delle leadership, sempre più polarizzanti e polarizzati, alle procedure formali e ai tavoli di discussione. Il riferimento non è certo alla decisione del presidente della Repubblica Sergio Mattarella di conferire alla terza carica dello Stato un mandato esplorativo per verificare la tenuta della maggioranza uscente, con o senza il premier dimissionario, quanto allo strumento del “preliminare” del contratto di governo. Strumento utilizzato mentre tra i partiti si consumano veti e contro- veti su quasi tutto, contenuti e incarichi. È come se gran parte della politica abbia voluto mettersi per qualche giorno al riparo dei rischi legati alle difficoltà della rappresentazione, oltre che di quelli dovuti alla crisi della rappresentanza.
Gli studiosi di comunicazione politica hanno sempre evidenziato il sistema di relazioni esistente tra istituzioni politiche, istituzioni mediali e cittadini. Con la crisi dei partiti e il consolidarsi delle leadership carismatico- comunicative è aumentato il flusso informativo dai media e dai cittadini in direzione della politica. A osservare le strategie messe in campo nelle ultime ore dai vari leader, pur evi
LA PROIEZIONE DELLE LEADERSHIP HA CEDUTO IL PASSO AI TAVOLI DI DISCUSSIONE E ALLE PROCEDURE
denziando le differenze di stile e intonazione, emerge invece la tentazione della politica a parlare a se stessa. Quasi una forma di comunicazione interna che, assumendo le forme del “tiro alla fune”, sfiora l’autoreferenzialità e si distanzia non poco dalle dirette streaming del recente passato che fecero discutere anche per il ricorso al politainment.
Mass media e personal media in queste ore sembrano essere funzionali al compimento di disegni tattici. I quali contemplano anche silenzi e manifestazioni di sobrietà. Un po’ per scelta e un po’ per mancanza di argomenti. Un approccio che stride con l’effervescenza comunicativa alla quale siamo stati abituati dalla turbopolitica. In questo senso possono essere interpretate le scelte fatte dal presidente del Consiglio ( in silenzio stampa dal giorno delle dimissioni), l’atteggiamento assunto dai vertici del Movimento Cinque Stelle e del Partito democratico, ma anche le iniziative dei partiti di centrodestra finalizzate ad accrescere la percezione dell’unitarietà della coalizione.
Il convincimento che sarebbe lontana la prospettiva delle elezioni anticipate e la complessità e l’instabilità del quadro politico per ragioni di sistema e contingenti hanno indotto molti leader a muoversi in tale direzione. C’è chi ha parlato, persino, di riedizione della Prima repubblica, pensando alla differente gestione della logica dei media. In questo contesto non può essere trascurata l’attenzione riservata ai temi. Piaccia o non piaccia il metodo seguito. Lo stesso presidente della Repubblica a conclusione delle consultazioni al Quirinale ha ricordato che ciò che conta è la capacità del prossimo governo di affrontare in modo efficace e tempestivo le tre emergenze causate dal Covid: sanitaria, sociale ed economica. Anche questo richiamo fa comprendere la differenza che passa tra la comunicazione politica come “forma” e la comunicazione politica come “sostanza”.