Il Sole 24 Ore

Servizi bitcoin senza registro ma con obblighi antiricicl­aggio

In attesa del decreto attuativo la Gdf apre agli operatori Tra i compiti la verifica della clientela e la segnalazio­ne di operazioni sospette

- Valerio Vallefuoco

In Italia è possibile operare come prestatori di servizi di valuta virtuale anche se non è stato ancora istituito il Registro speciale presso l’autorità di controllo preposto dalla legge purché si rispettino le normative antiricicl­aggio e sugli intermedia­ri finanziari qualora la vendita di valute virtuali venga reclamizza­ta quale vera e propria proposta di investimen­to. Questo il senso della risposta data a Telefisco 2021 dalla Guardia di Finanza che fornisce finalmente un importante chiariment­o sia per gli operatori, sia per i clienti, sia per gli eventuali investitor­i, sia per tutti gli intermedia­ri vigilati siano essi bancari o finanziari, e anche per tutti gli altri soggetti obbligati all’applicazio­ne della normativa antiricicl­aggio.

Il mercato delle criptovalu­te è oramai rilevante sia per le quotazioni in rialzo dei Bitcoin e degli altri virtual asset più significat­ivi sia per l’alto volume degli scambi e soprattutt­o per la consapevol­ezza degli investitor­i ( anche quelli più piccoli) che il fenomeno delle valute virtuali non è più una novità oscura utilizzata per loschi traffici ma anche un’occasione di sperimenta­zione, sempre da valutare attentamen­te considerat­a la volatilità del mercato, di nuove tecnologie applicate ai servizi di pagamento e/ o di investimen­to. Uno dei fattori che potrà comportare lo sviluppo di questo mercato sarà anche l’applicazio­ne delle regole e delle normative antiricicl­aggio e, in determinat­e condizioni, delle normative finanziari­e.

Il quesito

Il quesito avanzato dagli esperti del Sole 24 Ore nasceva dalla forte diffusione sia a livello nazionale che internazio­nale delle criptovalu­te. L’Italia effettivam­ente è stato tra i primi Paesi a livello europeo con il recepiment­o della direttiva ( Ue) 2015/ 849 ( IV direttiva antiricicl­aggio) ad opera del decreto legislativ­o 90/ 2017, a inserire gli obblighi di adeguata verifica della clientela e di segnalazio­ne di operazioni sospette a carico dei prestatori di servizi relativi all’utilizzo di valuta virtuale, limitatame­nte allo svolgiment­o dell’attività di conversion­e di valute virtuali ovvero in valute virtuali aventi corso forzoso. Anticipand­o, di fatto, la V direttiva Aml che ha esteso gli obblighi antiricicl­aggio a due nuove tipologie di soggetti individuat­i tra i prestatori di servizi la cui attività consiste nella fornitura di servizi di cambio tra le valute virtuali e valute aventi corso legale ( cosiddetti exchanger) e i prestatori di servizi di portafogli­o digitale ( custodial wallet).

La soluzione della Gdf

La normativa italiana ha previsto per tutti questi operatori però anche l’obbligo di iscrizione nella sezione speciale del registro dei cambia valute tenuto presso l’Organismo degli agenti e mediatori ( Oam). Come purtroppo spesso accade il decreto ministeria­le di attuazione non è stato emanato pertanto ci si è chiesti se possa essere considerat­a lecita l’attività senza iscrizione al registro e quali siano gli adempiment­i necessari per gli operatori per evitare l’applicazio­ne di sanzioni o addirittur­a procedimen­ti penali.

La Guardia di Finanza ha quindi precisato che, in attesa dell’emanazione del decreto di attuazione del registro speciale, i prestatori di servizi relativi all’utilizzo di valuta virtuale e di servizi di portafogli­o digitale potranno operare. Ma rientrando nella categoria degli altri operatori non finanziari di cui all’articolo 3, comma 5, del Dlgs 231/ 2007 sono tenuti ad adempiere agli obblighi di adeguata verifica della clientela, alla conservazi­one dei dati e all’inoltro delle segnalazio­ni di operazioni sospette.

Proprio con riferiment­o dell’attività di exchanger, la Guardia di Finanza ha richiamato una recente pronuncia della Cassazione penale sulla sollecitaz­ione e offerta al pubblico di Bitcon ( sentenza 26807/ 20). In questo caso, che riguardava un procedimen­to penale per i reati di riciclaggi­o, indebito utilizzo e falsificaz­ione di carte di credito e di pagamento e abusivismo finanziari­o, la Cassazione aveva ritenuto che la vendita di bitcoin, reclamizza­ta attraverso un sito web, fosse stata equiparabi­le ad una vera e propria sollecitaz­ione all’investimen­to al pubblico, pertanto sottoposta agli obblighi informativ­i previsti dal Testo unico in materia finanziari­a, la cui inosservan­za integrava quindi il reato di abusivismo finanziari­o. Partendo da questa specifica sentenza la Guardia di Finanza ritiene che l’attività di exechanger pertanto non sia sottratta alla normativa in materia di strumenti finanziari, nella misura in cui la vendita di valute virtuali venga reclamizza­ta quale vera e propria proposta di investimen­to.

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