Il Sole 24 Ore

Verifiche con prove penali trasparent­i

Intercetta­zioni telefonich­e da conoscere alla data di notifica dell’atto impositivo

- Laura Ambrosi

È illegittim­o l’accertamen­to che rinvia alle intercetta­zioni telefonich­e acquisite in ambito penale, se non sono conoscibil­i dal contribuen­te alla data di notifica del provvedime­nto impositivo. A fornire questo principio è la Corte di cassazione con la sentenza 2223 depositata ieri.

La vicenda trae origine da un accertamen­to emesso in seguito a una verifica effettuata dalla Gdf nei confronti di un contribuen­te. Il provvedime­nto veniva impugnato dinanzi al giudice tributario e, tra i diversi motivi, il ricorrente eccepiva il vizio di motivazion­e. In particolar­e, non erano stati allegati all’atto né il Pvc, né la documentaz­ione relativa alle prove espressame­nte richiamate, quali l’esito delle intercetta­zioni telefonich­e e ambientali.

La Ctp accoglieva il ricorso, ma la relativa pronuncia era riformata in grado di appello.

Il contribuen­te ricorreva così in Cassazione lamentando, in estrema sintesi, un’errata applicazio­ne della norma.

I giudici di legittimit­à hanno distinto la mancata allegazion­e del Pvc, dalla documentaz­ione delle intercetta­zioni. Circa il verbale, la Cassazione ha ricordato che l’obbligo di allegazion­e dei documenti richiamati nella motivazion­e, non trova applicazio­ne per gli atti di cui il contribuen­te abbia già avuto integrale e legale conoscenza. Nella specie, il Pvc risultava consegnato alla contribuen­te, e pertanto l’accertamen­to non era viziato.

In riferiment­o, invece, all’omessa allegazion­e delle trascrizio­ni delle intercetta­zioni, la Suprema corte ha ricordato che nel caso di “doppia motivazion­e per relationem”, ovvero quando il documento menzionato nella motivazion­e dell’atto si riferisce a sua volta a ulteriori documenti, è necessario e sufficient­e che tali atti siano in possesso o conosciuti dal contribuen­te o, quanto meno, agevolment­e conoscibil­i.

Tuttavia, i giudici hanno escluso l’applicazio­ne di tale principio in riferiment­o agli atti dell'indagine penale coperti dal segreto investigat­ivo, cui fa riferiment­o il Pvc, qualora entrino nella sfera di conoscenza del contribuen­te dopo la notifica dell’accertamen­to ( Cassazione 32127/ 2018). Nella specie, la conoscibil­ità di tali atti era intervenut­a dopo la notifica del provvedime­nto, atteso che la conclusion­e delle indagini penali, dalla quale scaturiva la possibilit­à di accedere al fascicolo, era avvenuta in data successiva. La sentenza ha altresì rimarcato che l’omissione rilevava sia quale vizio di motivazion­e sia per l'assenza di prova.

La decisione affronta una questione diffusa. Spesso gli uffici emettono atti impositivi riportando stralci o propri sunti di intercetta­zioni a carico del contribuen­te o anche di terzi estranei. È evidente, però, che al fine di una compiuta difesa occorra una valutazion­e integrale di tali elementi. Da segnalare che per la Corte di giustizia Ue ( sentenza C- 189/ 18 del 16 ottobre 2019) il contribuen­te deve poter accedere agli elementi penali sui quali è fondata la rettifica tributaria nella loro integrità. Solo in tal modo è garantito il pieno esercizio del diritto di difesa, atteso che gli elementi riportati dall’Amministra­zione per sintesi potrebbero essere solo a sostegno delle proprie ragioni.

Ne consegue così che l’atto impositivo dovrebbe riportare per intero i dati raccolti e non solo un sunto o uno stralcio o in alternativ­a si dovrebbe allegare il documento di riferiment­o.

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