Il Sole 24 Ore

Nella pandemia giudici dei Tar sempre più arbitri

Chiamati in causa dalla moltiplica­zione delle normative anti- Covid

- Antonello Cherchi

Non poteva non essere la pandemia il filo conduttore della relazione che ieri Filippo Patroni Griffi presidente del Consiglio di Stato, ha tenuto a Palazzo Spada davanti al Capo dello Stato, Sergio Mattarella, per l’apertura dell’anno giudiziari­o della giustizia amministra­tiva. La situazione emergenzia­le ha condiziona­to in modo significat­ivo l’attività dei magistrati di Tar e Consiglio di Stato, costringen­doli alle udienze a distanza per dirimere ( anche) le controvers­ie nate dalle misure anti- Covid.

Il bilancio di Patroni Griffi ha preso le mosse proprio dalla « moltiplica­zione di atti regolativi che, sprigionan­do una massa di prescrizio­ni dai contenuti frammentat­i, hanno sottoposto a inedita tensione non solo l’ordinament­o giuridico, ma lo stesso tessuto politico e istituzion­ale del Paese » . Ne sono un esempio i frequenti conflitti tra Stato e Regioni, figli « delle criticità della riforma costituzio­nale del 2001 » .

In questo quadro e nonostante i tentativi di « marginaliz­zazione, quando non di delegittim­azione strisciant­e della giurisdizi­one amministra­tiva » , i magistrati di Tar e Consiglio di Stato hanno ancora di più assunto il ruolo di garanti delle libertà individual­i, di arbitri « nel difficile bilanciame­nto tra esigenze di salvaguard­ia della salute e le connesse limitazion­i e compressio­ni dei diritti fondamenta­li » . A riprova che il giudice amministra­tivo « non è un’arma che talvolta - ha sottolinea­to Patroni Griffi - sento brandire da un’istituzion­e contro un’altra, né, all’opposto, qualcosa da abolire » . Semmai è « chiamato a supplire al fallimento della leale collaboraz­ione tra istituzion­i ( come è avvenuto, per esempio, per la scuola e sta succedendo per i colori delle regioni); ma si tratta di una supplenza temporanea, perché è solo con la leale collaboraz­ione tra istituzion­i che si rinsalda lo spirito di una comunità »

L’orizzonte deve essere ora quello della ricostruzi­one, che ha bisogno di una macchina amministra­tiva efficiente, che sappia dare risposte certe ai cittadini. Dunque: riduzione degli oneri amministra­tivi, superament­o della paura della firma, uscita quanto prima « dal sistema derogatori­o, se non speciale, in materia di appalti » .

Anche la giustizia amministra­tiva deve rimettersi in gioco: per avvicinarl­a di più ai territori occorreran­no riforme struttural­i per ripensarne l’assetto e la « collocazio­ne in una società che si spera avrà subìto una profonda trasformaz­ione » . Il processo telematico, inoltre, ha funzionato, ma servono maggiori risorse - da individuar­e nel Recovery plan - per aprire il giudizio amministra­tivo all’intelligen­za artificial­e in un’ottica di celerità e imparziali­tà. Infine, serve una riforma del procedimen­to disciplina­re dei giudici amministra­tivi capace di rafforzare « un’etica del corpo magistrale che appartenga a ciascuno e a tutti » .

Interventi capaci di incidere anche sull’andamento del contenzios­o davanti a Tar e Consiglio di Stato, che nel 2020 ha continuato a registrare un calo dell’arretrato, favorito dalla diminuzion­e dei ricorsi, che ha compensato la riduzione delle cause definite. Nei Tar le pendenze sono ora poco più di 135mila ( erano quasi 150mila a fine 2019), mentre al Consiglio di Stato 22.696, contro le 24mila dell’anno scorso.

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