Nella pandemia giudici dei Tar sempre più arbitri
Chiamati in causa dalla moltiplicazione delle normative anti- Covid
Non poteva non essere la pandemia il filo conduttore della relazione che ieri Filippo Patroni Griffi presidente del Consiglio di Stato, ha tenuto a Palazzo Spada davanti al Capo dello Stato, Sergio Mattarella, per l’apertura dell’anno giudiziario della giustizia amministrativa. La situazione emergenziale ha condizionato in modo significativo l’attività dei magistrati di Tar e Consiglio di Stato, costringendoli alle udienze a distanza per dirimere ( anche) le controversie nate dalle misure anti- Covid.
Il bilancio di Patroni Griffi ha preso le mosse proprio dalla « moltiplicazione di atti regolativi che, sprigionando una massa di prescrizioni dai contenuti frammentati, hanno sottoposto a inedita tensione non solo l’ordinamento giuridico, ma lo stesso tessuto politico e istituzionale del Paese » . Ne sono un esempio i frequenti conflitti tra Stato e Regioni, figli « delle criticità della riforma costituzionale del 2001 » .
In questo quadro e nonostante i tentativi di « marginalizzazione, quando non di delegittimazione strisciante della giurisdizione amministrativa » , i magistrati di Tar e Consiglio di Stato hanno ancora di più assunto il ruolo di garanti delle libertà individuali, di arbitri « nel difficile bilanciamento tra esigenze di salvaguardia della salute e le connesse limitazioni e compressioni dei diritti fondamentali » . A riprova che il giudice amministrativo « non è un’arma che talvolta - ha sottolineato Patroni Griffi - sento brandire da un’istituzione contro un’altra, né, all’opposto, qualcosa da abolire » . Semmai è « chiamato a supplire al fallimento della leale collaborazione tra istituzioni ( come è avvenuto, per esempio, per la scuola e sta succedendo per i colori delle regioni); ma si tratta di una supplenza temporanea, perché è solo con la leale collaborazione tra istituzioni che si rinsalda lo spirito di una comunità »
L’orizzonte deve essere ora quello della ricostruzione, che ha bisogno di una macchina amministrativa efficiente, che sappia dare risposte certe ai cittadini. Dunque: riduzione degli oneri amministrativi, superamento della paura della firma, uscita quanto prima « dal sistema derogatorio, se non speciale, in materia di appalti » .
Anche la giustizia amministrativa deve rimettersi in gioco: per avvicinarla di più ai territori occorreranno riforme strutturali per ripensarne l’assetto e la « collocazione in una società che si spera avrà subìto una profonda trasformazione » . Il processo telematico, inoltre, ha funzionato, ma servono maggiori risorse - da individuare nel Recovery plan - per aprire il giudizio amministrativo all’intelligenza artificiale in un’ottica di celerità e imparzialità. Infine, serve una riforma del procedimento disciplinare dei giudici amministrativi capace di rafforzare « un’etica del corpo magistrale che appartenga a ciascuno e a tutti » .
Interventi capaci di incidere anche sull’andamento del contenzioso davanti a Tar e Consiglio di Stato, che nel 2020 ha continuato a registrare un calo dell’arretrato, favorito dalla diminuzione dei ricorsi, che ha compensato la riduzione delle cause definite. Nei Tar le pendenze sono ora poco più di 135mila ( erano quasi 150mila a fine 2019), mentre al Consiglio di Stato 22.696, contro le 24mila dell’anno scorso.