Oil& Gas, costa 42,5 miliardi il blocco delle trivelle
Analisi dell’Università Bicocca sul valore di gas e petrolio fino al 2050 Attività di ricerca congelate in attesa di un piano regolatore mai varato
La transizione energetica e ambientale esige un repentino calo dei consumi di combustibili fossili. Nel frattempo serve definire se è ancora conveniente estrarli dal sottosuolo italiano. Ora come ora il costo dei giacimenti italiani fermi è di 42,5 miliardi.
La transizione energetica e ambientale esige che i consumi di combustibili fossili si riducano il più presto possibile ma, finché ( purtroppo) gli italiani bruceranno gas e petrolio, bisogna definire se è meglio importarli da Paesi remoti o estrarli quanto più possibile dal sottosuolo italiano. Secondo uno studio dell’Università Milano Bicocca il valore dei giacimenti italiani è pari a 42,5 miliardi, di cui una dozzina destinati allo Stato sotto forma di royalty e varie voci fiscali.
L’argomento è oggetto di dibattito anche in Parlamento durante l’esame del decreto Milleproroghe, dove potrebbe essere confermata la moratoria attuale. Da un anno e mezzo le attività sui giacimenti sono congelate; lavorano solamente i pozzi di metano e di greggio che erano già attivi mentre tutti i nuovi possibili giacimenti, a partire da quelli di dimensioni impegnative individuati in Adriatico, sono in attesa.
Attivismo sull’Adriatico
È sufficiente spostarsi oltre il confine immaginario che divide il fondale dell’Adriatico per vedere l’attivismo della Croazia da Pola in Istria fino all’isola di Pelagosa in faccia all’arcipelago italiano delle Tremiti.
Ma ora è attiva la Grecia: tra Corfù e Santa Maria di Leuca ( Lecce) è stato individuato un grande giacimento che, senza rispetto per i confini umani, si distende su entrambi i lati dello Ionio. L’Energean sta già avviando le ipotesi di perforare dalla parte greca del giacimento. E le risorse che stanno sotto la parte italiana verrebbero risucchiate dai greci.
La moratoria e il piano
La moratoria sui giacimenti nazionali intendeva preludere a un blocco definitivo e lo strumento individuato era il piano delle aree idonee ( Pitesai, sigla dell’eufemistica definizione Piano per la transizione energetica sostenibile delle aree idonee). La legge diceva che ogni attività nuova era sospesa fino all’agosto 2021 in attesa che entro il febbraio 2021, cioè entro questi giorni, arrivasse il piano regolatore delle aree in cui sarà possibile cercare e usare i giacimenti perché non danneggiano il paesaggio, il mare, i delfini, le zone dedicate al turismo culturale, le aree tipiche dell’agricoltura di qualità e così via. Ma dopo due anni il Pitesai non esiste ancora.
Il valore del sottosuolo
Quanto “capitale” teorico è sotto i piedi degli italiani? Hanno provato a stimarlo Angelo Di Gregorio dell’Università Milano Bicocca insieme con esperti del settore e ricercatori del Criet, il centro ricerche di economia del territorio, come Jessica Bosisio, Walter Da Riz, Renato Campana.
Lo studio « Produzione e valore del comparto oil & gas » cerca di misurare gli effetti economici diretti della produzione di petrolio e gas in Italia fino al 2050 nell’ipotesi in cui non ci siano cambiamenti rispetto alla situazione attuale né dal punto di vista regolatorio, né dal punto di vista delle decisioni delle imprese del settore. Ma bisogna ipotizzare anche che la materia prima estratta dal sottosuolo conservi il valore calcolato dai ricercatori milanesi. Ed è proprio ciò che è accaduto.
Come un anno fa
Osserva Massimo Nicolazzi in un’analisi pubblicata in questi giorni dall’Ispi ( « Transizione green: 10 anni di volatilità per il petrolio » ) che i valori del greggio sembrano avere chiuso la parentesi virale e paiono tornati sopra i 60 dollari al barile di un anno fa. Gli effetti si vedono al momento dei rifornimento: « Prosegue la corsa dei prezzi dei carburanti, iniziata a metà novembre » , protesta Massimiliano Dona, presidente dell’Unione Nazionale Consumatori.
In altre parole è ancora aderente la fotografia economica scattata dagli esperti del Criet della Bicocca.
« L’impatto economico delle attività estrattive è stato stimato in questo studio in ricavi complessivi e non attualizzati per il settore in circa 42,5 miliardi di euro. I benefici per lo Stato sono stati stimati in termini di Iva pari a circa 3,1 miliardi di euro, di royalty gas pari a 324 milioni di euro, di royalty petrolio pari a circa 2,65 miliardi di euro, di Ires pari a circa 5,8 miliardi di euro e di Irap in 25 milioni di euro » .
La ricerca ipotizza che il congelamento delle attività continui identica a ora. Zero nuovi giacimenti, e quelli che ci sono piano piano saranno vuotati.
« Tale riduzione si rifletterà in modo negativo sul prodotto nazionale lordo da un lato e, dall’altro, in un aggravio per il bilancio dello Stato; si dovrà infatti trovare copertura per tutti quei capitoli di spesa che oggi sono assicurati dai benefici derivanti dal comparto oil & gas » .
Un altro tema dello studio è « la necessità di coprire il fabbisogno energetico nazionale a garanzia della sicurezza di approvvigionamento » . Di fronte allo svuotarsi dei giacimenti, « la sicurezza degli approvvigionamenti potrà essere garantita o da ulteriori investimenti nelle fonti rinnovabili o da maggiori importazioni » .
Obiettivo zero fossili
L’obiettivo del Governo è riuscire a ridurre quanto più velocemente possibile le emissioni di CO2 e degli altri gas scaldaclima. Molti politici e diverse associazioni intendono farlo non solamente attraverso un taglio dei consumi e un ricorso alle fonti rinnovabili di energia ma anche allontanando dall’Italia le fonti di approvvigionamento dei combustibili fossili.
Ecco per esempio Giuseppe Onufrio, direttore di Greenpeace Italia: « Una immediata azione concreta per dimostrare la volontà dell'esecutivo di andare nella direzione giusta sarebbe una nuova, definitiva moratoria trivelle. Cioè un divieto permanente a ogni nuova attività di prospezione, ricerca e sfruttamento di gas e petrolio sul territorio nazionale, a terra e in mare » .