Draghi: la sostenibilità del debito legata alla crescita, non ai tassi
« Con il Recovery Plan la Corte dei Conti avrà un ruolo cruciale »
« Ai livelli attuali non sono i tassi di interesse che determinano la sostenibilità del debito pubblico, ma è il tasso di crescita di un Paese » . Lo ha detto il premier Draghi durante l'inaugurazione dell'anno giudiziario della Corte dei Conti, che con il Recovery Plan sarà chiamata ad un ruolo cruciale di controllo.
Lo ripete ancora una volta. Il futuro dell’Italia, a partire dalla sostenibilità del debito pubblico, dipenderà da come verranno utilizzati i fondi del Next generation. La scelta del contesto in cui lo dice però ne amplifica la portata. « Ai livelli attuali non sono i tassi di interesse che determinano la sostenibilità del debito pubblico, ma è il tasso di crescita di un paese » , ha detto Mario Draghi nel suo primo intervento pubblico da Presidente del Consiglio all’inaugurazione dell’anno giudiziario della Corte dei conti , presente anche il Capo dello Stato che una settimana fa ne ha raccolto il giuramento, Sergio Mattarella. Nel pomeriggio il premier debutterà al G7 che ha al centro la pandemia. Ma le parole pronunciate davanti ai giudici contabili segnalano ancora una volta l’obiettivo principale di Draghi: il rilancio della crescita attraverso l’ottimizzazione nell’uso delle risorse del Recovery.
« Per la prima volta in tanti anni lo Stato si trova a poter fare investimenti significativi con il solo vincolo che siano fatti bene, cioè che aumentino la crescita del Paese e quindi contribuiscano anche a rendere il nostro debito sostenibile » . E a contribuire che siano « fatti bene » sarà anche l’azione della magistratura contabile « nel validare queste scelte » da cui dipende il futuro Pil italiano e il progetto di « un’Europa più responsabile ma anche più solidale » . L’esercizio di un controllo « efficiente e intransigente » da parte della Corte sarà dunque decisivo, ha insistito il premier. Ma con « la stessa fermezza » ha detto anche di considerare « fondamentale » che avvenga con rapidità perché « le decisioni della Corte, quando intervengono lontane dagli atti sottoposti a controllo, pur se intransigenti, inevitabilmente perdono molta della loro efficacia » . Un monito imposto dai « tempi straordinari che viviamo » .
Draghi evita come al solito toni enfatici. « È una mia profonda convinzione che le contrapposizioni tra istituzioni siano un gioco a somma negativa, mentre la collaborazione produce effetti moltiplicatori. È a questo principio di leale e costruttiva collaborazione che penso vada improntata la relazione tra chi agisce e chi controlla » , ha detto rivolgendosi ai magistrati e richiamando tutti alla responsabilità. A chi governa di fare « scelte strategiche » , a chi amministra di eseguirle « in maniera efficace e efficiente » e a chi controlla « di verificare che le risorse siano impiegate correttamente » . Per questo - ha insistito - bisogna evitare la tentazione di quella che bolla come la « fuga dalla firma » , all’origine spesso di ritardi e mancato uso delle risorse pubbliche e che se non rimossa metterebbe a repentaglio l’attuazione del Recovery. Rischio che l’Italia non può permettersi. Così come però anche i « regimi di irresponsabilità a fronte degli illeciti più gravi per l’erario » .
Il premier poi fa un’annotazione particolarmente critica sui recenti interventi legislativi che regolano l’azione dei funzionari pubblici con norme che definisce « complesse, incomplete e contraddittorie » e che hanno introdotto « ulteriori responsabilità anche penali » . Draghi ha messo l’accento sul decreto semplificazioni della scorsa estate, che ha introdotto la nuova disciplina del danno erariare, sottolineandone la natura « temporanea » . Il riferimento è all’articolo 21 sulla responsabilità erariale che al secondo comma stabilisce che fino al « 31 dicembre 2021 » questa si verifica solo in presenza di dolo mentre la colpa grave resta qualora i danni siano stati provocati da « omissione o inerzia del soggetto agente » . La scadenza di fine anno però impone un intervento per evitare di rimanere in un regime temporaneo che non offre adeguate certezze. Anche perché non si può pensare di lasciare sospesa una decisione che inevitabilmente incide profondamente proprio sui processi decisionali. Il premier non anticipa quale sia la direzione. Il cammino è appena cominciato.
Lunedì è in programma un Consiglio dei ministri per il recepimento di alcune leggi regionali. Ma non è da escludere che fuori sacco arrivino all’ultimo momento anche le nomine dei sottosegretari, senza i quali sarà difficile correre in Parlamento.