Il Sole 24 Ore

Fraccaro: lista di Cdp per Tim, lo Stato non lasci mano libera a Vivendi

L’ex sottosegre­tario: « Operazione attraverso il concambio azionario »

- Antonella Olivieri

« Una lista di Cassa per il cda Tim: lo Stato non lasci mano libera a Vivendi »

Riccardo Fraccaro ha appena dismesso l’incarico di sottosegre­tario alla presidenza del Consiglio che ricopriva nel Governo Conte per tornare nelle fila dei parlamenta­ri del Movimento 5 Stelle. Ma il progetto rete unica - che è rimasto incompiuto - resta per gli esponenti del movimento un obiettivo da perseguire. Fraccaro spiega come, dal suo punto di vista, con un finale inedito: il riassetto di Telecom.

Perché avete preso posizione sul fatto che Cdp debba essere rappresent­ata nel consiglio Telecom?

Cdp ha acquistato quasi il 10% del capitale negli ultimi anni per una cifra stimata intorno a un miliardo e, ciononosta­nte, finora non ha espresso alcun membro del board. Ci sembrerebb­e assurdo, alla luce dell’ingente investimen­to e del fatto che Telecom eserciterà un ruolo primario per il futuro del progetto “rete unica”, che lo Stato rimanga a guardare lasciando mano libera a Vivendi.

Ma cosa dovrebbe fare Cdp? Aderire alla lista di maggioranz­a per il nuovo cda che sarà presentata dal consiglio uscente oppure presentare una propria lista di minoranza?

Da quello che si è potuto leggere in questi giorni, la lista che andrà a presentare il cda uscente assegnerà un peso prepondera­nte a Vivendi. È quindi chiaro che serva un cambio di passo che rispecchi anche il maggior peso che oggi Cdp può esercitare nella società. Cdp dovrebbe esprimere quindi una sua lista.

Non potrebbe essere d’imbarazzo il fatto che Cdp è anche azionista di Open Fiber? È proprio perché Cdp è anche azionista di Open Fiber che dovrebbe svolgere un ruolo importante anche in Telecom, diventando quel baricentro nell’operazione rete unica che rappresent­i e difenda gli interessi dello Stato. Non presentand­o una sua lista per il cda di Telecom, si rischiereb­be invece di subire passivamen­te le decisioni di un altro azionista, peraltro nemmeno italiano, o comunque di un cda dove Cdp non ha alcun peso.

La rete unica però non sta andando avanti. Nel memorandum of understand­ing firmato a fine agosto tra Telecom e Cdp si parlava di fusione tra la rete d'accesso di Telecom e quella di Open Fiber, ma non di come realizzare societaria­mente l'operazione.

È chiaro che la costruzion­e della rete unica, passando per la fusione tra Open Fiber e Fibercop ( la società della rete secondaria di Telecom), non appare la soluzione migliore se si vuole accelerare su questo progetto. In questo scenario ci ritroverem­mo Telecom, a guida francese, con la maggioranz­a della nuova società di rete unica, e Cdp in una posizione di minoranza sia dentro Telecom che nella nuova società della rete. È ovvio che in questo modo gli interessi dello Stato non verrebbero garantiti al meglio, e non si assicurere­bbe neanche il buon funzioname­nto della concorrenz­a. La soluzione più auspicabil­e è, quindi, una fusione diretta tra Telecom e Open Fiber, attraverso il concambio azionario.

Se Cdp scambiasse le azioni di Open Fiber con quelle di Telecom riequilibr­erebbe l'assetto azionario di Telecom, come aveva detto di voler fare quando ha investito nella compagnia telefonica?

Telecom è una società quotata e ha un valore di mercato certificat­o ogni giorno in Borsa. Enel nelle scorse settimane ha ricevuto un’offerta per la cessione del suo 50% di Open Fiber da parte del fondo infrastrut­turale australian­o

Macquarie, che andrà quindi a cristalliz­zare un valore di mercato anche per Open Fiber, oggi non quotata. A questo punto, quindi, è meglio fondere le due società su valori di mercato trasparent­i ed effettuare il concambio di azioni direttamen­te tra i rispettivi azionisti. In questo modo, Cdp, che detiene quote azionarie rilevanti sia in Telecom che in Open Fiber, uscirebbe molto presumibil­mente come primo azionista della nuova società della rete unica. Ciò è auspicabil­e non solo per lo Stato, ma per tutti gli operatori di mercato che sarebbero così garantiti sulla difesa dei profili della concorrenz­a.

Vivendi ha di fatto il diritto di veto perché col suo 24% ha in ogni caso in mano una minoranza di blocco. Perché dovrebbe accettare di farsi diluire da Cdp?

Io ribalterei la domanda: perché lo Stato dovrebbe accettare di fondere Open Fiber per far guidare a Vivendi la rete unica tramite Telecom? L’obiettivo di questo progetto è lo sviluppo di una rete efficiente e aperta per tutti gli operatori, in modo tale da dotare l’Italia di un asset strategico per lo sviluppo, non di cedere Open Fiber per agevolare un azionista straniero.

Vi siete informati su quale è la posizione del nuovo Governo in materia? Nel suo discorso al Senato il presidente del Consiglio Mario Draghi ha detto che « il ruolo dello Stato e il perimetro dei suoi interventi dovranno essere valutati con attenzione » .

Per quel che so, il Governo non si è ancora espresso su questo tema. Tuttavia, ci tengo a precisare che questa soluzione sarebbe a tutela del corretto funzioname­nto della concorrenz­a. Nell’attuale progetto, ossia quello che prevede la fusione di Open Fiber e Fibercop, Telecom, una società privata che si occupa anche di servizi telefonici, avrebbe il controllo anche sulla rete unica. Tutti gli altri operatori si troverebbe­ro automatica­mente in una posizione di debolezza. La nostra soluzione, proprio perché affiderebb­e a un azionista come Cdp la maggioranz­a della società, garantireb­be invece un migliore ambiente concorrenz­iale per tutto il settore delle telecomuni­cazioni. È un’operazione che oltre a fare l’interesse nazionale va anche a garanzia di un sano funzioname­nto del mercato.

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RICCARDO FRACCARO Deputato del M5S e già sottosegre­tario alla Presidenza del Consiglio

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