Sottosegretari e commissioni, l’impatto del caos M5S
Salvini punta a un vice per il Viminale, il Pd mira ai ministeri del Recovery
« Spiace per le decine di voti contrari a Draghi e le conseguenti espulsioni di parlamentari grillini. Ancora più responsabilità, impegno e passione sono richiesti alla Lega e al centrodestra di governo. Noi ci siamo » . È questo commento della Lega di Matteo Salvini a dare anche plasticamente l’immagine della situazione parlamentare dopo il voto di fiducia al governo Draghi: i penstastellati espulsi ieri per aver votato no alla fiducia o essersi assentati al momento del voto per decisione di Vito Crimi, capo politico del movimento sia pure pro tempore ( si voterà a breve il nuovo organismo collegiale di 5 membri), sono i tutto 36: 21 alla Camera e 15 al Senato. E proprio a Palazzo Madama i numeri sembrano dare ragione all’analisi salviniana: i voti a favore del neonato intergruppo giallorosso ( M5s- Pd- Leu, senza Italia Viva anche se in maggioranza) sono stati 112, quelli del centrodestra di governo 115 ( ossia Lega e Forza Italia, senza Fratelli d’Italia all’opposizione). Una scissione, quella del M5s, che ha dunque finito per spostare a destra l’asse dell’ampia maggioranza draghiana: proprio l’effetto contrario a quello che voleva produrre il gruppo democratico promuovendo il discusso intergruppo parlamentare giallorosso.
Intanto - mentre i probiviri decideranno nei prossimi giorni sull’espulsione dei 36 anche dal movimento, e mentre i dissidenti guardano ad Alessandro Di Battista e già pensano a un gruppo autonomo di opposizione usando il simbolo di Italia dei valori tramite il senatore Elio Lannutti - sul fronte del governo un primo contraccolpo della scissione pentastellata potrà esserci già lunedì mattina. Quando il Consiglio dei ministri dovrebbe completare la squadra nominando i sottosegretari: la pattuglia del M5s potrebbe essere ridotta rispetto alle aspettative nel numero e nel peso. Sul piede di guerra il Pd, che ha all’interno la questione delle donne in rivolta per essere state escluse dalla squadra dei ministri e ha, soprattutto, la necessità di puntellare i ministeri che gestiranno il Recovery plan a cominciare dall’Economia, dove potrebbe essere confermato viceministro Antonio Misiani. Si fa inoltre l’ipotesi di un rientro dell’ex ministro degli Affari europei Enzo Amendola in segno di continuità con il lavoro svolto sul Piano di rilancio nel Conte 2, ipotesi che sembra non sgradita al Quirinale. Sull’altro lato della barricata le difficoltà dei pentastellati rinvigoriscono il protagonismo di Salvini. Che ieri da Catania - dove è tornato per l’udienza preliminare del processo Gregoretti in merito al presunto sequestro dei migranti - ha fatto capire che intende puntellare con uno dei suoi proprio il Viminale. Altro tavolo su cui Salvini gioca è quello della vicepresidenza della Camera, poltrona rimasta vuota dopo il trasloco di Mara Carfagna al ministero per il Sud.
Sicuramente un contraccolpo della scissione del M5s ci sarà nelle Commissioni. I 5 stelle perdono due presidenze, l’Antimafia presieduta da Nicola Morra e l’Agricoltura al Senato presieduta da Vilma Moronese, e anche i numeri dei componenti dovranno essere rivisti alla luce della riduzione delle pattuglie nelle due Camere. C’è infine la partita delle commissioni di garanzia, assegnate sempre all’opposizione ora presidiata solo da Fratelli d’Italia ( Sinistra italiana, che non ha seguito i compagni di Leu nel governo Draghi, ha un solo rappresentante in Parlamento: il deputato Nicola Fratoianni). Al Copasir il nodo dovrebbe sciogliersi facilmente con l’uscita del leghista Raffaele Volpi, che lascerebbe la presidenza ad Adolfo Urso di FdI, ora suo vice. Più difficoltosa la questione sulla Vigilanza della Rai: Forza Italia vorrebbe mantenere la presidenza per il suo Alberto Barachini in virtù del fatto che solo la prassi assegna la presidenza alle minoranze, e non una legge come è nel caso del Copasir.