Tablet, laptop e pc: all’ingrosso con reverse charge
Inversione contabile anche quando per il cessionario diventano beni strumentali
Il reverse charge si applica alle cessioni di tablet, laptop e Pc, che precedono il commercio al dettaglio, anche nel caso in cui il cessionario non rivenda i beni acquistati e li utilizzi come beni strumentali. È questa la conclusione cui è giunta l’agenzia delle Entrate ( direzione regionale del Lazio) in risposta a un interpello.
La società istante, che svolge attività di commercio all’ingrosso di prodotti informatici, ha chiesto di chiarire se siano escluse dal reverse charge le vendite, effettuate nella fase distributiva che precede il dettaglio, a clienti soggetti passivi Iva che non destinano tali beni alla rivendita, bensì li utilizzano direttamente come beni strumentali.
L’articolo 17, comma 6, lettera c) del Dpr 633/ 72 dispone l’applicazione del reverse charge « alle cessioni di console da gioco, tablet pc e laptop, nonché alle cessioni didispositivi a circuito integrato, quali microprocessori e unità centrali di elaborazione, effettuate prima della loro installazione in prodotti destinati al consumatore finale » .
Pertanto, per le cessioni dei prodotti informatici da gioco, tablet, pc e laptop, il meccanismo dell’inversione contabile si applica nelle sole fasi di commercializzazione che precedono la vendita al dettaglio.
La ratio della descritta limitazione risiede nel fatto che, nella fase del commercio al dettaglio, l’attività di commercializzazione di tali prodotti è caratterizzata da una frequenza tale da rendere eccessivamente onerosa l’applicazione del reverse charge in ragione della qualità di soggetto passivo del cessionario- cliente.
Operativamente, i cedenti, non al dettaglio, dei beni in questione emettono fattura senza addebito d’imposta, richiamando l’articolo 17, comma 6, lettera c), spostando in capo al cessionario – soggetto passivo - l’obbligo di integrare il documento ricevuto applicando l’imposta e di annotarlo sia nel registro delle fatture emesse sia in quello degli acquisti.
Secondo la società istante per tali vendite il cessionario è sempre obbligato all’assolvimento dell’imposta, in luogo del cedente, non sussistendo l’obbligo da parte di quest’ultimo di acquisire specifica attestazione e/ o dichiarazione da parte del cessionario in ordine allo status di utilizzatore finale, ancorché soggetto passivo Iva, senza, pertanto, entrare nel merito della destinazione dei beni da parte del cessionario.
L’agenzia delle Entrate, dopo aver ripercorso il quadro normativo di riferimento e la prassi che regolano la fattispecie, condividendo la soluzione prospettata dalla società istante, chiarisce che il reverse charge si applica, nelle fasi precedenti il commercio al dettaglio, a prescindere dall’uso che i cessionari faranno del bene acquistato, in quanto non è previsto alcun obbligo di verifica da parte del cedente rispetto alle future intenzioni del cessionario sulla successiva rivendita, o meno, del bene.
In definitiva, il cessionario che non intende rivendere il bene acquistato dal grossista non è qualificabile come utilizzatore finale e l’acquisto continua a esser considerato come effettuato in una fase distributiva che precede il dettaglio e, pertanto, assoggettato a inversione contabile.