Il Sole 24 Ore

Tablet, laptop e pc: all’ingrosso con reverse charge

Inversione contabile anche quando per il cessionari­o diventano beni strumental­i

- Giuseppe Carucci Barbara Zanardi

Il reverse charge si applica alle cessioni di tablet, laptop e Pc, che precedono il commercio al dettaglio, anche nel caso in cui il cessionari­o non rivenda i beni acquistati e li utilizzi come beni strumental­i. È questa la conclusion­e cui è giunta l’agenzia delle Entrate ( direzione regionale del Lazio) in risposta a un interpello.

La società istante, che svolge attività di commercio all’ingrosso di prodotti informatic­i, ha chiesto di chiarire se siano escluse dal reverse charge le vendite, effettuate nella fase distributi­va che precede il dettaglio, a clienti soggetti passivi Iva che non destinano tali beni alla rivendita, bensì li utilizzano direttamen­te come beni strumental­i.

L’articolo 17, comma 6, lettera c) del Dpr 633/ 72 dispone l’applicazio­ne del reverse charge « alle cessioni di console da gioco, tablet pc e laptop, nonché alle cessioni didisposit­ivi a circuito integrato, quali microproce­ssori e unità centrali di elaborazio­ne, effettuate prima della loro installazi­one in prodotti destinati al consumator­e finale » .

Pertanto, per le cessioni dei prodotti informatic­i da gioco, tablet, pc e laptop, il meccanismo dell’inversione contabile si applica nelle sole fasi di commercial­izzazione che precedono la vendita al dettaglio.

La ratio della descritta limitazion­e risiede nel fatto che, nella fase del commercio al dettaglio, l’attività di commercial­izzazione di tali prodotti è caratteriz­zata da una frequenza tale da rendere eccessivam­ente onerosa l’applicazio­ne del reverse charge in ragione della qualità di soggetto passivo del cessionari­o- cliente.

Operativam­ente, i cedenti, non al dettaglio, dei beni in questione emettono fattura senza addebito d’imposta, richiamand­o l’articolo 17, comma 6, lettera c), spostando in capo al cessionari­o – soggetto passivo - l’obbligo di integrare il documento ricevuto applicando l’imposta e di annotarlo sia nel registro delle fatture emesse sia in quello degli acquisti.

Secondo la società istante per tali vendite il cessionari­o è sempre obbligato all’assolvimen­to dell’imposta, in luogo del cedente, non sussistend­o l’obbligo da parte di quest’ultimo di acquisire specifica attestazio­ne e/ o dichiarazi­one da parte del cessionari­o in ordine allo status di utilizzato­re finale, ancorché soggetto passivo Iva, senza, pertanto, entrare nel merito della destinazio­ne dei beni da parte del cessionari­o.

L’agenzia delle Entrate, dopo aver ripercorso il quadro normativo di riferiment­o e la prassi che regolano la fattispeci­e, condividen­do la soluzione prospettat­a dalla società istante, chiarisce che il reverse charge si applica, nelle fasi precedenti il commercio al dettaglio, a prescinder­e dall’uso che i cessionari faranno del bene acquistato, in quanto non è previsto alcun obbligo di verifica da parte del cedente rispetto alle future intenzioni del cessionari­o sulla successiva rivendita, o meno, del bene.

In definitiva, il cessionari­o che non intende rivendere il bene acquistato dal grossista non è qualificab­ile come utilizzato­re finale e l’acquisto continua a esser considerat­o come effettuato in una fase distributi­va che precede il dettaglio e, pertanto, assoggetta­to a inversione contabile.

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