Il Sole 24 Ore

Divisione della comunione tra coniugi, la riforma del 2015 non è retroattiv­a

La Cassazione chiarisce la fase transitori­a dell’intervento di 6 anni fa Lo scioglimen­to dell’istituto de residuo ha ricadute sulla prescrizio­ne

- Giovanni Negri

La nuova disciplina sulla cessazione della comunione, prevista dalla riforma sul “divorzio breve”, non è retroattiv­a e non si applica ai procedimen­ti di divisione della comunione de residuo ( quella che riguarda i beni personali appartenen­ti ai coniugi, che non rientrano nella comunione legale e che, se non consumati, sono divisi in parti uguali tra i coniugi al momento dello scioglimen­to) in corso al momento dell’entrata in vigore della legge n. 55 del 2015. Lo chiarisce la Cassazione con la sentenza della prima sezione civile n. 4492 che ritiene questa soluzione come preferibil­e, alla luce del generale principio di irretroatt­ività, sancito dall’articolo 11 delle Preleggi, e del fatto che la disposizio­ne incide sul termine di prescrizio­ne.

Con la riforma, entrata in vigore il 26 maggio del 2015, è stato stabilito che, nel caso di separazion­e personale, la comunione tra i coniugi si scioglie nel momento in cui il presidente del Tribunale autorizza i coniugi a vivere separati oppure alla data di sottoscriz­ione del verbale di separazion­e consensual­e dei coniugi davanti al presidente, se omologato. Quanto alla disciplina transitori­a, la legge stabilì che la norma si applica ai procedimen­ti in corso al 26 maggio anche nei casi in cui il procedimen­to di separazion­e che ne costituisc­e il presuppost­o è ancora pendente.

Dove da definire, e la Cassazione interviene ora d’ufficio sul punto ammettendo l’assenza di qualsiasi precedente, è l’individuaz­ione del regime da applicare alla comunione de residuo e al suo scioglimen­to. Con riflessi sui termini di prescrizio­ne a seconda della scelta adottata.

La Cassazione, allora, mette in evidenza come deve essere escluso che per procedimen­ti in corso, cui applicare la riforma, possa intendersi anche il giudizio di divisione della comunione, perché, altrimenti, interpreta­ndo in questo modo l’articolo 3 della legge 55/ 15, si applichere­bbe uno ius supervenie­ns « che ha anche anticipato, individuan­do il momento in cui si verifica la cessazione della comunione dei beni tra i coniugi in quello in cui il Presidente del Tribunale autorizza i coniugi a vivere separati, nel giudizio di separazion­e personale dei coniugi, la decorrenza del termine ordinario decennale di prescrizio­ne dell’azione correlata di divisione, a situazioni quale quella oggetto del presente giudizio, in cui tali provvedime­nti erano intervenut­i oltre 10 anni prima, in violazione del principio generale di irretroatt­ività della legge » .

Deve così essere respinta la tesi fatta valere con il ricorso da parte della difesa di un noto scultore che aveva invece sostenuto come la riforma si dovesse applicare anticipata­mente anche ai giudizi di divisione in corso, facendo quindi scattare la prescrizio­ne ai danni della ex moglie in un momento precedente. Ex moglie che, nel giudizio in corso lamenta l’occultamen­to su conti esteri di considerev­oli somme di denaro che invece avrebbero dovuto fare parte della comunione da dividere.

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