Così nacque l’idea del « km 0 » che diventerà brand di successo
Per i diversamente giovani l’espressione “km 0” ( zero) fa venire in mente il mondo delle concessionarie auto, con vetture immatricolate nell'ultimo scorcio dell'anno spesso dallo stesso rivenditore per rispettare gli obiettivi di vendita e poi rivendute l’anno immediatamente successivo con congruo sconto anche se nuove e, appunto, con zero chilometri percorsi.
Ma ormai pochi ne conservano la memoria e per molti “km 0” è invece il fortunatissimo slogan che ha accompagnato il boom dei mercati dei contadini dove vengono venduti prodotti raccolti nelle immediate vicinanze.
Ma soprattutto si tratta dello slogan che ha identificato quella che è di gran lunga la più grande operazione di marketing agricolo che si ricordi, con annessa creazione di valore per prodotti fino a non molti anni fa ancorati alla turbolenta e poco remunerativa dimensione della commodity. « A un convegno a Bologna – racconta Sandra Chiarato responsabile comunicazione della Coldiretti Veneto da tanti indicata come l'ideatrice dell'espressione “km 0” - sentii un relatore parlare di un viaggio in Cornovaglia e della scoperta che da quelle parti si stava diffondendo la moda dei ristoranti a km 100, ovvero nei quali venivano serviti prodotti realizzati in un raggio di soli 100 chilometri. Contattai i due giornalisti britannici che ne stavano curando una guida che subito mi dissero: “ma voi in Italia non avete bisogno del km 100, voi potete fare il km 0”. Fu un'illuminazione. Così coniammo lo slogan che ha, prima accompagnato in Veneto il varo della legge regionale voluta dal Governatore Zaia che richiedeva alle mense collettive e scolastiche di rifornirsi da produttori locali, e da lì in seguito e sotto le insegne della Coldiretti la grande diffusione su tutto il territorio nazionale con i mercati di Campagna Amica » .
« Si è trattato di una grande operazione di “branding” – spiega l'ordinario di Economia e Gestione delle imprese all'Università La Sapienza di Roma, Alberto Mattiacci – che di certo non ha eguali nel settore agroalimentare. Si tratta di operazioni nelle quali si afferma forte un significato, un contenuto, che poi finisce per travalicare lo stesso marchio. Pensiamo ad Apple. Ha come marchio una mela eppure neanche il consumatore più sprovveduto cercherebbe in un Apple store dell'ortofrutta. Così è per il km 0 che certifica prodotti tipici locali, stagionali e legati a un territorio e nessuno pensa più ad automobili seminuove. Sono operazioni nelle quali serve intuito e anche un po' di fortuna. Ma che hanno un preciso minimo comune denominatore: chi le ha guidate ha saputo capire che stava montando l'onda, si è dotato della giusta tavola da surf e l'ha cavalcata fino in fondo » .