Il design fa spazio alla possibilità di una casa personalizzata
I sistemi modulari consentono di trasformare più volte la casa nel tempo e di personalizzarla in base ai propri gusti
Standardizzazione e libertà creativa. Il successo della modularità nel design è racchiuso tutto in questo apparente paradosso. Nata ( o quantomeno diffusasi) negli anni ’ 60 come risposta progettuale per ottimizzare la produzione nelle aziende di arredamento che stavano passando da un modello artigianale a una scala industriale, ma anche per soddisfare le mutate esigenze della società, la modularità si fonda su un concetto di ripetizione seriale e per questo viene spesso associata a oggetti di scarso valore oppure di opaca identità. L’esatto opposto dei pezzi unici o dei progetti sartoriali. Apparentemente.
Flessibiltà e personalizzazione
Apparentemente perché, sin dall’inizio, questo approccio progettuale è stato adottato anche da brand di prestigio, che lo hanno applicato a mobili o sistemi di arredamento ricercati e di alta qualità: si pensi, tanto per fare un esempio, ai primi sistemi di contenitori ideati da Driade, proprio alla fine degli anni ’ 60, oppure alla cucina Xila di Boffi, progettata nel 1972 da Luigi Massoni e ancora oggi in produzione, con continui aggiornamenti e novità per renderla attuale; o ancora alle collezioni di mobili componibili proposte da Kartell negli anni ’ 70.
Apparentemente perché, dietro l’idea di ripetizione e quindi standardizzazione del singolo modulo, si nascondono in realtà grande libertà compositiva, flessibilità e dunque possibilità di personalizzazione che fanno la gioia dei designer e degli utenti. Ed è questo che, negli ultimi anni, ha decretato il successo crescente dei sistemi modulari e componibili.
« Il concetto di modularità, come espressione di flessibilità, è insito in me da sempre, ma per molto tempo non è stato apprezzato dai clienti – spiega Francesco Rota, architetto e designer, autore per Lema della libreria Plain appena lanciata sul mercato –. Oggi le cose sono cambiate, soprattutto tra le nuove generazioni: si cambia spesso casa per necessità professionali o personali e questo rende necessario immaginare un futuro che possa essere continuamente riconfigurato » .
Lo smartworking, sempre più diffuso, ha accelerato questo processo: « Le persone sono sempre più spesso in transito, solo di passaggio nei luoghi, siano essi la casa o l’ufficio, e quindi come progettista per me è una sfida poter dare ai miei clienti la possibilità di adattare i mobili a ogni nuova situazione » , aggiunge Rota. Mobili che non solo cambiano configurazione ma che, spostandosi da una stanza all’altra, possono anche cambiare funzione, aggiungendo elementi diversi. Una libreria può funzionare anche come armadio, una cucina trasformarsi in una scrivania, un divano in una postazione di lavoro. « La modularità per me è sinonimo di un atteggiamento leggero e meno pretenzioso verso le cose, anche un po’ ludico – dice Rota –. Mi piace l’idea di fare un progetto, che poi sarà il cliente a concludere , aggiungendoci qualcosa di suo » .
Una tavolozza per i clienti
Lo stesso approccio è alla base della collezione di sedute e divani Undecided di Raffaella Mangiarotti per Manerba, presentata nel 2017 e successivamente ampliata: « La modularità in questo progetto è una sorta di tavolozza che volevo mettere a disposizione di chi lo acquista – spiega la designer –. Alla base c’è un pouf a cui sono attaccate delle barre di ferro sui cui si possono infilare o sfilare dei cuscini. Questo permette di fare un divano monocromatico, oppure con diversi colori, ma anche di alzare testiera e braccioli, oppure di sfilare un cuscino e mettere un tavolino... Insomma, ci fai quello che vuoi, a livello compositivo o cromatico. Giocare con tante possibilità è un modo per non far invecchiare un prodotto » . L’esatto opposto della standardizzazione: « È la modularità al servizio della fantasia e della creatività » , osserva Mangiarotti.
Evoluzione nel tempo
Se il modulo- base di Undecided è un cuscino, è invece un quadrato la matrice di Modern, il sistema di contenitori ideato da Piero Lissoni per Porro nel 1996, che esprime al meglio l’idea di evoluzione nel tempo, oltre che nello spazio, associata alla modularità: questo prodotto è stato aggiornato e arricchito ogni anno, sperimentando e abbinando materiali differenti, o contaminando i diversi sistemi Porro, fino all’ultimo modello ( Tutto Pieno, di ispirazione giapponese), presentato l’anno scorso. « La matrice comune è il pensiero sottostante, che è legato all’architettura – spiega Lissoni –: quando pensiamo a un oggetto, lo immaginiamo sempre dentro uno spazio » .
La modularità come strumento per rivisitare e quasi riprogettare un prodotto ha un esempio lampante nella collezione di divani componibili Chester Line di Poltrona Frau, che l’anno scorso si è arricchito di due nuovi modelli curvi. Ideato nel 1912 da Renzo Frau, Chester si ispira addirittura a un divano di fine Settecento che, proprio grazie all’approccio modulare, oggi torna d’attualità come sistema che si scompone e si moltiplica. « L’idea di rendere modulabile un’icona come Chester è nata in maniera casuale, quasi per gioco, ragionando assieme a Roberto Lazzeroni su come rendere più moderno e adatto alle esigenze dell’abitare contemporaneo un pezzo storico » , racconta Nicola Coropulis, amministratore delegato dell’azienda marchigiana. « Oggi la versione componibile dei divani è quella più richiesta dal mercato: la modularità è indice di flessibilità e personalizzazione – aggiunge Coropulis –. Non va assimilata a un concetto seriale di tipo industriale o di basso valore, perché proponiamo una gamma molto ampia di moduli, ma anche perché lasciamo sempre aperto lo spazio alla personalizzazione delle composizioni, in modo da poter soddisfare qualunque esigenza » .
La modularità, dunque, come l’ago e il filo per cucire un design su misura, che consente alle persone di trasformare l’ambiente domestico in base ai propri bisogni, osserva Vincent Van Duysen, direttore creativo di Molteni & C, azienda per la quale ha realizzato diversi progetti componibili: tra i più recenti, la libreria Hector, il divano Octave, gli armadi Gliss e il sistema a muro Grid. « È un approccio progettuale che si adatta a qualunque tipo di mobile: armadi, contenitori, librerie, divani – spiega il designer –. È anche un’ottima soluzione per arredare spazi ridotti, ottimizzando in modo intelligente le piccole superfici. Inoltre nella situazione attuale, in cui l’ufficio sta diventando sempre di più una questione domestica e viceversa, i sistemi modulari si adattano perfettamente agli ambienti multifunzionali, ad esempio creando dei divisori per dare vita a piccole nicchie in cui lavorare all’interno della casa » .