Australia e Gran Bretagna candidate per i mondiali
Èl’unica manifestazione “ovale” con risultati economici superiori a quelli del Sei Nazioni. La decima Coppa del Mondo di rugby, nella sua versione maschile, si svolgerà nel 2023 in Francia e appare destinata a infrangere più di un record. Non che l’edizione 2019 in Giappone sia andata male. In particolare per il Paese ospitante, che dalla manifestazione - secondo un bilancio definitivo - ha ricavato un impatto economico equivalente a 4,9 miliardi di euro, con un incremento del Pil pari a 2,6 miliardi. Quasi 300mila spettatori arrivati dall’estero, stadi pieni al 99%, ottima partecipazione di sponsor nazionali e internazionali hanno contribuito a segnare il successo dei primi Mondiali di rugby in terra asiatica.
Gli organizzatori transalpini puntano però ad avere un primato di presenze sugli spalti ( si potrebbe arrivare a 2,6 milioni di spettatori, con i biglietti in vendita già dal mese prossimo) e a mandare in scena la manifestazione più redditizia di sempre per la federazione internazionale World Rugby, che deve a questo torneo il 90% delle proprie risorse: l’obiettivo è un surplus di 230 milioni di euro, superando di slancio i 170 milioni ottenuti da Inghilterra 2015. E intanto, a due anni e oltre dal calcio di avvio, solo da sponsor “interni” France 2023 ha già ottenuto contratti per 60 milioni di euro.
Nel frattempo, con una prima dialogue phase si è appena avviato il processo che a maggio 2022 porterà alla scelta dei Paesi ( o dell’insieme di Paesi) organizzatori dei Mondiali maschili 2027 e 2031 ma anche dei Mondiali donne 2025 e 2029. Una novità assoluta, la designazione congiunta, e un riconoscimento di valore per la competizione femminile ( che quest’anno si svolgerà in Nuova Zelanda con la possibile presenza delle Azzurre, a breve impegnate nelle ultime fasi di qualificazione). Tra le candidature di cui si parla a proposito della Rugby World Cup maschile sembra molto autorevole quella che verrebbe avanzata congiuntamente dalle quattro Home Unions ( Galles, Inghilterra, Irlanda, Scozia) per l’edizione 2031. Mentre sul 2027 - nonostante il possibile interessamento della Russia e degli Usa - dovrebbe essere favorita l’Australia. Per fare una sorta di prova generale già quest’anno, la nazione oceanica si era proposta di ospitare il tour dei British Irish Lions ( superselezione delle Isole britanniche) che in teoria si dovrebbe svolgere in Sudafrica.
Quest’ultimo Paese è fortemente colpito dal Covid, ed ecco che i match tra i Lions e i campioni del mondo sudafricani si sarebbero invece potuti disputare in Australia alla presenza del pubblico locale. La proposta alla fine è stata declinata e la soluzione ora più probabile è quella di “invertire i campi” e giocare nel Regno Unito e in Irlanda. Sarebbe comunque una delusione per il Sudafrica, anche sul piano finanziario. L’ultimo tour dei Lions, quello del 2017 in Nuova Zelanda, aveva portato 25mila appassionati dall’estero, totalizzando cifre pari a 120 milioni di euro di Pil e a 25 milioni di profitti supplementari per la federazione locale. Che adesso - forte del brand degli All Blacks - ha intavolato una trattativa con il fondo californiano Silver Lake, cui potrebbe cedere il 15% dei propri ricavi in termini di operazioni commerciali ( diritti tv, sponsorizzazioni, vendita di biglietti) per l’equivalente di 280 milioni di euro.